Il sangue della Nuova ed eterna Alleanza

Meravigliose sono le parabole con le quali il Signore Gesù ci rivela l'Amore del Padre, la Sua infinita Misericordia. Ma, la vera parabola del Padre è Gesù stesso: è con la Sua vita che ci ha manifestato il vero volto del nostro Dio. E dobbiamo aggiungere che, se è la vita di Gesù che ci svela questo mistero, la Sua Passione-Crocifissione-Morte e Risurrezione sono il momento della sua massima manifestazione.

All'inizio dell'ultima cena pasquale, l'evangelista Giovanni offre una precisa chiave di lettura di tutti questi avvenimenti. Egli scrive che Gesù «Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (13,1), cioè sino alla pienezza totale. E, in quella stessa notte, la notte in cui veniva tradito, rinnegato, abbandonato da tutti, Gesù fa ai suoi discepoli – ai discepoli di tutti i tempi e quindi anche a noi – il dono più grande, il dono dell'Eucaristia, che anticipa profeticamente la consegna di sé all'uomo e manifesta fino in fondo il Suo cuore pieno di amore per il Padre e per i fratelli.

Ma c'è un aspetto dell'istituzione eucaristica che, forse, è poco considerato e su cui vogliamo soffermarci a riflettere: l'Eucaristia segna l'instaurazione della Nuova Alleanza. «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue» dice Gesù. Egli ha trasformato il proprio sangue in sangue di alleanza, alleanza del tutto nuova.
Per entrare meglio in questa prospettiva, facciamo riferimento ad un testo molto bello del profeta Geremia, dove si parla appunto della promessa della nuova alleanza.
«Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore -, nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. Non sarà come l'alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni - oracolo del Signore -: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31, 31-34).

Ciò che colpisce in questo oracolo è il fatto che la promessa fu fatta in un tempo di infedeltà tremenda e di castigo. Geremia stesso (cap. 7) presenta delle descrizioni molto impressionanti sulla disobbedienza e l'infedeltà del popolo. D’altra parte, nella stessa promessa della nuova alleanza vediamo che fin da subito gli Israeliti avevano violato l’alleanza del Sinai. Infatti, la prima azione del popolo, dopo la conclusione del patto, è proprio la rottura. Nel cap. 24 del libro dell’Esodo viene riferita la conclusione dell’alleanza attraverso il sangue dei sacrifici di animali; c’è poi una serie di prescrizioni sul modo di attuare il servizio di Dio. Quando il racconto riprende, però, è proprio per riferire la storia del vitello d’oro, cioè la rottura dell’alleanza. Sceso dal Sinai con in mano le due tavole di pietra, Mosè, sdegnato le spezza ai piedi della montagna. Così viene manifestata la rottura dell’alleanza e anche, in qualche modo, la sua insufficienza. Fin da allora era chiaro che ci voleva un’altra disposizione. Ma l’Alleanza fu soltanto restaurata tale e quale: Dio disse a Mosè di prendere due tavole di pietra come le prime per scrivere su di esse le parole della Legge. La situazione rimase difettosa e nella storia successiva del popolo tale condizione di fragilità si andò confermando sempre di più, malgrado Dio mandasse i suoi profeti per richiamare a sé il suo popolo.

Il secondo libro delle Cronache finisce con una descrizione tristissima: «Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri per ammonirli, perché amava il suo popolo e la sua dimora. Ma essi si beffarono dei suoi messaggeri, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti, al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio» (2 Cr 36, 15-16).
Ci fu pertanto la sconfitta completa, l’invasione, la distruzione del tempio e la partenza per l’esilio. Ma, proprio in questo contesto generale di infedeltà, di distruzione e di morte, Geremia esprime una promessa di rinnovamento e, in un certo senso, di risurrezione: egli parla di un’ Alleanza nuova.

Spesso nell’AT si parla di rinnovamento dell’alleanza; ma Geremia è il solo che parli di un’alleanza nuova. Ed è veramente tale, perché il Profeta precisa che non sarà come l’alleanza del Sinai – alleanza che è stata più volte violata – ma veramente nuova. Questa alleanza nuova, infatti, si presenta con caratteri diversi dalla precedente e che sono bellissimi. L’oracolo di Geremia, infatti, esprime una fede straordinaria in Dio e un’aspirazione religiosa pura e profonda. Mentre in altri testi si parla di restaurazione materiale, di prosperità terrestre, qui invece viene proposto un ideale di comunione con Dio e in modo molto intimo e profondo.
I punti fondamentali di questa Nuova Alleanza sono la legge scritta nel cuore, l’appartenenza reciproca fra Dio e il suo popolo, la conoscenza profonda di Lui. E tutto questo diventa possibile grazie al Perdono dei peccati, che viene menzionato alla fine, ma rivela la condizione che renderà possibile tutto il resto. La generosità e la misericordia di Dio renderanno possibile un’alleanza completamente nuova. Per questo il primo aspetto di questa Nuova Alleanza è la trasformazione del cuore; un’azione di Dio all’interno dell’uomo, che avrà per effetto una comprensione vera della volontà di Dio e un’adesione sincera a Lui.

La necessità di questa trasformazione era diventata sempre più manifesta nella storia di Israele e i profeti avevano insistito incessantemente su questo punto. Nel libro del profeta Isaia (cap. 29) Dio si lamenta: «Questo popolo mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me». E Gioele dice: «Laceratevi il cuore, non le vesti; ritornate al Signore nostro Dio».

Per una vera alleanza occorre che il cuore sia trasformato; infatti, se non cambia il cuore, a che cosa servono le leggi?! È chiaro che sono inutili, perché non saranno rispettate o saranno rispettate soltanto in modo esteriore, formale. In molti passi dell’AT, perciò, viene rivolta l’esortazione a cambiare il cuore, ma l’uomo ne è incapace.

Soltanto Dio può operare questo cambiamento ed Egli fa questa promessa: “Darò loro un cuore capace di conoscermi”. Su questo punto Ezechiele porterà avanti il messaggio di Geremia; egli parla appunto del dono di un cuore nuovo: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi» (36,25-27).

Nell'oracolo di Geremia il Signore dice: «Tutti mi conosceranno…». Bisogna notare che in ebraico – lo sappiamo - «conoscere» non ha semplicemente un senso intellettuale, specialmente quando si tratta come qui di una persona. Conoscere vuol dire avere un rapporto con qualcuno, avere una relazione vitale ed intima. Quando i profeti si lamentano che il popolo non conosce il Signore, non vogliono dire che il popolo non ha la conoscenza teorica della Sua esistenza, ma che esso non ha la relazione giusta con il Signore. Invece nella nuova alleanza, preconizzata da Geremia, tutti avranno una relazione personale, intima e immediata con il Signore.

Questi, dunque, gli aspetti meravigliosi di questa promessa. Tuttavia, il Profeta non dice in che modo possa essere attuata questa Nuova Alleanza; la descrive come un’opera di Dio meravigliosa, non ne indica però il fondamento. Prima della venuta di Gesù, quando si leggeva questo oracolo, si poteva soltanto sperare in una restaurazione dell’antica alleanza, con una più grande fedeltà alla legge mosaica.

È Gesù, infatti, che ha fondato la Nuova Alleanza con il suo sacrificio. Quella antica era stata fondata sul sacrificio descritto in Es 24, che era consistito in immolazione di animali, il cui sangue era stato usato nel rito. A questa alleanza esterna, fondata sul sacrificio di animali, Egli sostituisce la Nuova Alleanza con il suo sacrificio: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue» (1Cor 11,23).
Grazie a Cristo, noi entriamo veramente in una relazione intima e personale con Dio e abbiamo veramente la sua legge scritta nel cuore, se accogliamo in noi il cuore di Cristo, il suo Spirito.
C’è, dunque, per noi la possibilità di una relazione intima, personale con il Signore, della quale dobbiamo prendere coscienza e saperne gioire! Questa è la “conoscenza” di Dio nel senso biblico, cioè la relazione personale con Lui e siamo invitati da Cristo stesso a svilupparla.

«Ecco – dice il Signore nell’Apocalisse – io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre, io verrò da lui e cenerò con lui ed egli con me».
Ecco un’espressione bellissima di intimità personale. Il Signore rispetta l’autonomia della persona; se non si vuole accettare questa relazione, Egli non si impone: “Ecco, sto alla porta e busso”. Però, se qualcuno ascolta la Sua voce e gli apre la porta, allora c’è questa possibilità meravigliosa di intimità personale: Io cenerò con lui e lui con me.
La nostra vita cristiana consiste proprio nello sviluppare sempre più questa relazione con Dio - in Gesù Cristo -, che ci fa crescere nella consapevolezza della nostra identità e anche nella Comunione con tutto il popolo dei credenti.

Per noi cristiani è fondamentale capire che il “sì” totale e fedele di Gesù al Padre e agli uomini, che celebriamo nell'Eucaristia, significa il nostro “sì” al Padre e il nostro “sì” a tutti i fratelli e le sorelle, compresi coloro che ci criticano, non ci accettano, ci disprezzano e si oppongono a noi. L'Eucaristia sarebbe un segno vuoto, se in noi non si trasformasse in forza d'amore per gli altri.

Certo, questa non è forza nostra. Ma non dobbiamo dimenticare che, fondando la Nuova Alleanza, è Cristo stesso che ci avvolge con il Suo amore e ci rende capaci di avere rapporti nuovi con le persone che camminano insieme con noi. Nell'Eucaristia Gesù ci raggiunge con la Sua Pasqua e, se ne prendiamo seriamente coscienza, pone in noi ogni volta il dinamismo dell'amore, la forza di quella carità che è riverbero dell'essere stesso di Dio. Possiamo dire, infatti, che l'Eucaristia ci accoglie dalle oscure regioni della nostra lontananza spirituale e ci unisce a Gesù e agli uomini e ci sospinge insieme con Gesù e con gli uomini verso il Padre.

Ecco, dunque, ciò che Gesù ha reso possibile specialmente con l’Eucaristia, che prende tutto il suo valore dal Suo sacrificio sulla croce, dove Egli porta fino all’estremo l’amore per il Padre e l’amore per i fratelli.

La nostra vita cristiana, quindi, dovrebbe essere tutta illuminata dalla splendida luce di questa Alleanza Nuova ed Eterna.

 

Meravigliose sono le parabole con le quali il Signore Gesù ci rivela l'Amore del Padre, la Sua infinita Misericordia. Ma, la vera parabola del Padre è Gesù stesso: è con la Sua vita che ci ha manifestato il vero volto del nostro Dio. E dobbiamo aggiungere che, se è la vita di Gesù che ci svela questo mistero, la Sua Passione-Crocifissione-Morte e Risurrezione sono il momento della sua massima manifestazione.

All'inizio dell'ultima cena pasquale, l'evangelista Giovanni offre una precisa chiave di lettura di tutti questi avvenimenti. Egli scrive che Gesù «Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (13,1), cioè sino alla pienezza totale. E, in quella stessa notte, la notte in cui veniva tradito, rinnegato, abbandonato da tutti, Gesù fa ai suoi discepoli – ai discepoli di tutti i tempi e quindi anche a noi – il dono più grande, il dono dell'Eucaristia, che anticipa profeticamente la consegna di sé all'uomo e manifesta fino in fondo il Suo cuore pieno di amore per il Padre e per i fratelli.

Ma c'è un aspetto dell'istituzione eucaristica che, forse, è poco considerato e su cui vogliamo soffermarci a riflettere: l'Eucaristia segna l'instaurazione della Nuova Alleanza. «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue» dice Gesù. Egli ha trasformato il proprio sangue in sangue di alleanza, alleanza del tutto nuova.
Per entrare meglio in questa prospettiva, facciamo riferimento ad un testo molto bello del profeta Geremia, dove si parla appunto della promessa della nuova alleanza.
«Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore -, nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. Non sarà come l'alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni - oracolo del Signore -: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31, 31-34).

Ciò che colpisce in questo oracolo è il fatto che la promessa fu fatta in un tempo di infedeltà tremenda e di castigo. Geremia stesso (cap. 7) presenta delle descrizioni molto impressionanti sulla disobbedienza e l'infedeltà del popolo. D’altra parte, nella stessa promessa della nuova alleanza vediamo che fin da subito gli Israeliti avevano violato l’alleanza del Sinai. Infatti, la prima azione del popolo, dopo la conclusione del patto, è proprio la rottura. Nel cap. 24 del libro dell’Esodo viene riferita la conclusione dell’alleanza attraverso il sangue dei sacrifici di animali; c’è poi una serie di prescrizioni sul modo di attuare il servizio di Dio. Quando il racconto riprende, però, è proprio per riferire la storia del vitello d’oro, cioè la rottura dell’alleanza. Sceso dal Sinai con in mano le due tavole di pietra, Mosè, sdegnato le spezza ai piedi della montagna. Così viene manifestata la rottura dell’alleanza e anche, in qualche modo, la sua insufficienza. Fin da allora era chiaro che ci voleva un’altra disposizione. Ma l’Alleanza fu soltanto restaurata tale e quale: Dio disse a Mosè di prendere due tavole di pietra come le prime per scrivere su di esse le parole della Legge. La situazione rimase difettosa e nella storia successiva del popolo tale condizione di fragilità si andò confermando sempre di più, malgrado Dio mandasse i suoi profeti per richiamare a sé il suo popolo.

Il secondo libro delle Cronache finisce con una descrizione tristissima: «Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri per ammonirli, perché amava il suo popolo e la sua dimora. Ma essi si beffarono dei suoi messaggeri, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti, al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio» (2 Cr 36, 15-16).
Ci fu pertanto la sconfitta completa, l’invasione, la distruzione del tempio e la partenza per l’esilio. Ma, proprio in questo contesto generale di infedeltà, di distruzione e di morte, Geremia esprime una promessa di rinnovamento e, in un certo senso, di risurrezione: egli parla di un’ Alleanza nuova.

Spesso nell’AT si parla di rinnovamento dell’alleanza; ma Geremia è il solo che parli di un’alleanza nuova. Ed è veramente tale, perché il Profeta precisa che non sarà come l’alleanza del Sinai – alleanza che è stata più volte violata – ma veramente nuova. Questa alleanza nuova, infatti, si presenta con caratteri diversi dalla precedente e che sono bellissimi. L’oracolo di Geremia, infatti, esprime una fede straordinaria in Dio e un’aspirazione religiosa pura e profonda. Mentre in altri testi si parla di restaurazione materiale, di prosperità terrestre, qui invece viene proposto un ideale di comunione con Dio e in modo molto intimo e profondo.
I punti fondamentali di questa Nuova Alleanza sono la legge scritta nel cuore, l’appartenenza reciproca fra Dio e il suo popolo, la conoscenza profonda di Lui. E tutto questo diventa possibile grazie al Perdono dei peccati, che viene menzionato alla fine, ma rivela la condizione che renderà possibile tutto il resto. La generosità e la misericordia di Dio renderanno possibile un’alleanza completamente nuova. Per questo il primo aspetto di questa Nuova Alleanza è la trasformazione del cuore; un’azione di Dio all’interno dell’uomo, che avrà per effetto una comprensione vera della volontà di Dio e un’adesione sincera a Lui.

La necessità di questa trasformazione era diventata sempre più manifesta nella storia di Israele e i profeti avevano insistito incessantemente su questo punto. Nel libro del profeta Isaia (cap. 29) Dio si lamenta: «Questo popolo mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me». E Gioele dice: «Laceratevi il cuore, non le vesti; ritornate al Signore nostro Dio».

Per una vera alleanza occorre che il cuore sia trasformato; infatti, se non cambia il cuore, a che cosa servono le leggi?! È chiaro che sono inutili, perché non saranno rispettate o saranno rispettate soltanto in modo esteriore, formale. In molti passi dell’AT, perciò, viene rivolta l’esortazione a cambiare il cuore, ma l’uomo ne è incapace.

Soltanto Dio può operare questo cambiamento ed Egli fa questa promessa: “Darò loro un cuore capace di conoscermi”. Su questo punto Ezechiele porterà avanti il messaggio di Geremia; egli parla appunto del dono di un cuore nuovo: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi» (36,25-27).

Nell'oracolo di Geremia il Signore dice: «Tutti mi conosceranno…». Bisogna notare che in ebraico – lo sappiamo - «conoscere» non ha semplicemente un senso intellettuale, specialmente quando si tratta come qui di una persona. Conoscere vuol dire avere un rapporto con qualcuno, avere una relazione vitale ed intima. Quando i profeti si lamentano che il popolo non conosce il Signore, non vogliono dire che il popolo non ha la conoscenza teorica della Sua esistenza, ma che esso non ha la relazione giusta con il Signore. Invece nella nuova alleanza, preconizzata da Geremia, tutti avranno una relazione personale, intima e immediata con il Signore.

Questi, dunque, gli aspetti meravigliosi di questa promessa. Tuttavia, il Profeta non dice in che modo possa essere attuata questa Nuova Alleanza; la descrive come un’opera di Dio meravigliosa, non ne indica però il fondamento. Prima della venuta di Gesù, quando si leggeva questo oracolo, si poteva soltanto sperare in una restaurazione dell’antica alleanza, con una più grande fedeltà alla legge mosaica.

È Gesù, infatti, che ha fondato la Nuova Alleanza con il suo sacrificio. Quella antica era stata fondata sul sacrificio descritto in Es 24, che era consistito in immolazione di animali, il cui sangue era stato usato nel rito. A questa alleanza esterna, fondata sul sacrificio di animali, Egli sostituisce la Nuova Alleanza con il suo sacrificio: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue» (1Cor 11,23).
Grazie a Cristo, noi entriamo veramente in una relazione intima e personale con Dio e abbiamo veramente la sua legge scritta nel cuore, se accogliamo in noi il cuore di Cristo, il suo Spirito.
C’è, dunque, per noi la possibilità di una relazione intima, personale con il Signore, della quale dobbiamo prendere coscienza e saperne gioire! Questa è la “conoscenza” di Dio nel senso biblico, cioè la relazione personale con Lui e siamo invitati da Cristo stesso a svilupparla.

«Ecco – dice il Signore nell’Apocalisse – io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre, io verrò da lui e cenerò con lui ed egli con me».
Ecco un’espressione bellissima di intimità personale. Il Signore rispetta l’autonomia della persona; se non si vuole accettare questa relazione, Egli non si impone: “Ecco, sto alla porta e busso”. Però, se qualcuno ascolta la Sua voce e gli apre la porta, allora c’è questa possibilità meravigliosa di intimità personale: Io cenerò con lui e lui con me.
La nostra vita cristiana consiste proprio nello sviluppare sempre più questa relazione con Dio - in Gesù Cristo -, che ci fa crescere nella consapevolezza della nostra identità e anche nella Comunione con tutto il popolo dei credenti.

Per noi cristiani è fondamentale capire che il “sì” totale e fedele di Gesù al Padre e agli uomini, che celebriamo nell'Eucaristia, significa il nostro “sì” al Padre e il nostro “sì” a tutti i fratelli e le sorelle, compresi coloro che ci criticano, non ci accettano, ci disprezzano e si oppongono a noi. L'Eucaristia sarebbe un segno vuoto, se in noi non si trasformasse in forza d'amore per gli altri.

Certo, questa non è forza nostra. Ma non dobbiamo dimenticare che, fondando la Nuova Alleanza, è Cristo stesso che ci avvolge con il Suo amore e ci rende capaci di avere rapporti nuovi con le persone che camminano insieme con noi. Nell'Eucaristia Gesù ci raggiunge con la Sua Pasqua e, se ne prendiamo seriamente coscienza, pone in noi ogni volta il dinamismo dell'amore, la forza di quella carità che è riverbero dell'essere stesso di Dio. Possiamo dire, infatti, che l'Eucaristia ci accoglie dalle oscure regioni della nostra lontananza spirituale e ci unisce a Gesù e agli uomini e ci sospinge insieme con Gesù e con gli uomini verso il Padre.

Ecco, dunque, ciò che Gesù ha reso possibile specialmente con l’Eucaristia, che prende tutto il suo valore dal Suo sacrificio sulla croce, dove Egli porta fino all’estremo l’amore per il Padre e l’amore per i fratelli.

 

Articolo tratto da: Myriam  "Nuova ed eterna Alleanza" (n. 1 del 2021)

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