Chiariamo innanzi tutto il concetto di vita spirituale. Cos’è la vita spirituale? Di quale vita parliamo?
Non parliamo della nostra vita fisica, né di quella affettiva, né psichica, né razionale. Molte volte si scambia la vita spirituale con la dimensione affettiva, psicologica o razionale e si finisce per ritenere di avere una vita spirituale buona misurandola con la bontà dei nostri sentimenti, con la capacità di relazioni non spigolose e il possesso di un certo benessere psicologico oppure con la bontà e ricchezza delle nostre riflessioni. La vita spirituale ingloba la dimensione fisica, affettiva, psicologica e razionale, tutte le dimensioni della persona, ma non si lascia circoscrivere da nessuna di esse. La vita spirituale si irradia in tutte le dimensioni e le trasfigura, in un irradiamento graduale a misura del nostro passo personale con cui camminiamo nella strada dell’amore di Dio.
La vita spirituale è la vita nello Spirito Santo, immersa nello Spirito Santo che è l’Amore del Padre e del Figlio e significa lasciarsi possedere sempre più dallo Spirito fino a che Egli non diventi il principio agente di tutte le dimensioni e facoltà della mia persona per cui quel «non sono più io che vivo, ma è Gesù che vive in me» (Gal 2,20) che possiamo dire già dal momento del battesimo e poi, al termine del cammino della maturazione dell’amore, sarà detto da ciascuno di noi con pienezza di verità.
Lo Spirito Santo, dono del Padre e del Figlio, mi viene dato come Dono di cui appropriarmi. Cosa c’è di più mio di ciò che mi è stato dato in dono? Sappiamo ormai da molto cosa significhi che Gesù ci ha donato la sua figliolanza e il Padre suo, inseriti in Lui nel s. Battesimo, il Padre suo è diventato anche Padre nostro; abbiamo anche capito cosa significhi che la Madre di Gesù è diventata anche la nostra Madre, ma forse non abbiamo ancora capito cosa significhi che il suo Spirito è diventato nostro, è diventato il mio Spirito. Lo Spirito Santo esprime la più profonda identità della persona di cui è possesso. È nello Spirito che abbiamo ricevuto l’identità nuova nell’immersione battesimale nella Persona Divina del Figlio. Ora lo Spirito mi viene donato come mio, ma essendo Amore, io lo possederò nella misura in cui lo accolgo come mio e gli apro le porte della mia persona perché Lui possa agire come mio Spirito: «Egli non vuol forzare la nostra volontà, prende ciò che gli diamo, ma non si dà interamente a noi finché noi non ci diamo interamente a lui» (Teresa d’Avila, Cammino di Perfezione, 29,12). «La mia vita è cambiata, dirà s. Caterina da Genova, da quando ho consegnato le chiavi di casa mia all’Amore»:
– […] l’Amore sempre più mi liberava da tutte le imperfezioni interiori ed esteriori, e, a poco a poco, le consumava, e quando ne aveva consumata qualcuna, allora la mostrava all’anima, che, al vederla, più si accendeva d’amore. Ed era tenuta in così tal grado, che in sé non poteva vedere alcuna cosa che ostacolasse questo Amore, perché si sarebbe disperata, avendo sempre necessità di vivere con quella purezza che Lui ricercava. Se c’era da togliere un’imperfezione, all’anima non le era mostrato né lasciato vedere, né le era dato pensiero di provvedervi o di prendersene altra cura, così come se non le appartenesse. Avevo dato così le chiavi di me stessa all’Amore con l’ampia potestà di fate tutto quello che era necessario, senza alcun rispetto, per gli amici o per il mondo, affinché in tutto quello che la legge del puro Amore ricercasse, niente le mancasse. E quando vidi che accettò la cura e andava conseguendo lo scopo, quieta mi voltai verso questo amore guardando le sue necessarie e graziose operazioni che faceva con tanto amore, e con tanta sollecitudine e con tanta giustizia, che né più né meno operava con soddisfazione della natura interiore ed esteriore, se non per quello che era necessario (e stavo così occupata nel vedere questa sua opera, che, se mi avesse gettata con l’anima e con il corpo nell’Inferno, non mi sarebbe sembrato se non tutto amore e consolazione). Vedevo questo Amore avere l’occhio tanto aperto e puro e la vista sottile da vedere tanto lontano, che restavo stupefatta per le tante imperfezioni che trovava, e me le mostrava talmente chiare, che le dovevo confessare. Mi faceva vedere molte cose, che a me e agli altri sarebbero sembrate giuste perfette, mentre l’Amore le considerava all’opposto, di modo che in ogni cosa trovava difetto». (Caterina da Genova, Vita mirabile, Dialogo, Trattato del Purgatorio, Città Nuova, 128)
Quando parliamo della nostra vita spirituale, parliamo della vita nello Spirito di Cristo che vive in noi, non è una vita che ha inizio in noi, come se sgorgasse da noi da un determinato momento, ma è la stessa vita di Gesù Cristo, il Figlio Prediletto incarnatosi nel seno purissimo della Vergine Purissima per la nostra salvezza. Parliamo della vita di Lui, Lui ha detto di Sé: «Io sono la Vita» (Gv 11,25; 14,6), questa “Vita” viene tutta dal Padre che la comunica dall’eternità e nell’eternità al Figlio: «Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso» (Gv 5,26) e «il Figlio dà la vita a chi vuole» (Gv 5,21). Questa sua vita l’abbiamo ricevuta nel santo battesimo, o meglio noi nel santo battesimo siamo stati introdotti nella sua Vita, Vita che scorre dall’eternità, perché Lui è la Vita e ce la comunica incorporandoci a Lui inserendoci come membra viva “del suo Corpo che è la Chiesa” (Col 1,24): «Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a Lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4). Non si tratta della nostra vita che viene abilitata a delle qualità particolari, ma della sua che vive in noi: «Voi in me e io in voi» (Gv 14,20).
«Infatti il Cristo non getta in noi un debole principio di corpo, o poche gocce di sangue, ma ci comunica perfettamente il suo Corpo e il suo Sangue. Egli non è semplicemente causa della vita come i genitori, è la vita; non si chiama vita perché sia causa di vita, come per esempio chiamava luce gli apostoli perché furono per noi guide di luce (cf M t 5,14). Si chiama "vita", perché egli è colui per cui realmente si vive: è lui la vita» […] Cristo è più nostro di quel che è da noi. È propriamente nostro perché siamo stati costituiti membra e figli ed abbiamo in comune con lui la carne, il sangue e lo Spirito, e ci è più prossimo non solo di quel che è frutto in noi dell'ascesi, ma anche di quel che procede dalla natura, poiché egli si è rivelato più strettamente congiunto a noi dei nostri genitori. Perciò, non tutti siamo chiamati a portare frutti di sapienza umana o a resistere fino alle lotte supreme del martirio, ma tutti siamo tenuti a vivere la vita nuova in Cristo e a dar prova della giustizia ad essa conforme. […] Non solo il Cristo è più unito a noi dei nostri congiunti per sangue ed anche dei genitori, ma perfino di noi stessi» (Nicolas Cabasilas, La vita in Cristo, 612d. 613c. 660b).
Questa Vita che è Lui stesso il Risorto la comunica attraverso il dono del suo Spirito, infatti è lo Spirito Santo, l’Amore del Padre e del Figlio, che ci comunica questa “Vita”: «È lo Spirito che dà la vita» (Gv 6,63). «Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11). È lo Spirito che dà la vita, è lo Spirito che ci fa vivere e agire.
Articolo tratto da: Myriam "Chiamati alla santità" (n. 1 del 2019)