Il Rettore scrive. Lettera ai fedeli per l’Avvento!
Carissimi fratelli e sorelle nel Signore!
In questo periodo di Avvento ci prepariamo ancora una volta ad accogliere il Signore Gesù che viene nel mistero del Natale. Vogliamo prepararci ad accoglierlo con il giusto atteggiamento del cuore, con quello dei pastori che vanno alla grotta, che è l’atteggiamento dei poveri.Chi sa riconoscere la propria povertà, a differenza del superbo e dell’arrogante che vanta la propria presunta ricchezza, sa accogliere Gesù come la vera ricchezza con gioia e gratitudine.
Accogliamolo con un cuore umile. Umiltà e povertà vanno sempre insieme. L’umile è colui che è consapevole delle proprie povertà e debolezze. A volte ci lamentiamo di esse. Ma, paradossalmente esse non sono un ostacolo, ma una opportunità per il nostro cammino spirituale. L’esperienza della nostra radicale debolezza, infatti, ci costringe a riconoscere i nostri limiti, la nostra incapacità di controllare la nostra vita, a non contare su noi stessi ma solo su Dio, a rimetterci ciecamente alla sua misericordia, lui che si è fatto Bambino, piccolo, perché lo possiamo accogliere nel suo mistero di amore e lasciarci da Lui salvare. Sì, perché la vita spirituale non è segnata da una progressione di conquiste, quando dal lasciare che Lui conquisti il nostro cuore; non è vantare dei meriti, ma accogliere la sua grazia che ci corrobora e ci salva. La salvezza è dono.
Accostandoci al presepe, che mi auguro tutti voi avrete preparato in casa, possiamo contemplare questo grande mistero. Gesù nasce e viene posto in una mangiatoia perché “non c’era posto per loro nella casa”. C’è posto per lui nel mio cuore?
Viene posto in una mangiatoia. Ciò che viene posto in essa è per essere mangiato. Gesù si darà come pane di vita per la salvezza degli uomini. Il peccato era cominciato con il mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male con la brama di diventare come Dio; la cura di questo mangiare sarà proprio l'eucarestia. La croce – l'albero della vita – permette di mangiare il frutto della vita. L'eucaristia è l'antidoto, il farmaco dell'immortalità. Noi possiamo mangiare, senza bramosia, ricevendo tutto come dono il frutto dell'albero della vita, con rendimento di grazie.
Non per nulla Gesù nasce a Betlemme, che significa “casa del pane”. Nasce là dove c'è la casa del pane. È lui il Pane da mangiare che si dona.
Contempliamo Gesù bambino, “avvolto” di fasce, che è stato posto nella mangiatoia. È una prefigurazione del mistero pasquale. Infatti dopo averci amato fino alla morte e alla morte in croce verrà avvolto con le bende per la sepoltura e deposto nel sepolcro. «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi»(Lettera ai Romani 5,8). Se, dunque, Gesù ha dato la vita per amore nostro, per amore nostro il Verbo di Dio si è incarnato.
Ed infine contempliamo la fragilità e la debolezza di quel bambino che ha bisogno delle cure materne che Maria, assieme a Giuseppe suo sposo, prestò a Gesù. Gesù con l’incarnazione ci ha raggiunti nella nostra debolezza di creature. Alle volte ci lamentiamo delle nostre povertà, dei nostri limiti, dei nostri fallimenti. Ci sembrano degli ostacoli al nostro desiderio di vita in pienezza. Ma, paradossalmente, possono diventare un’occasione di grazia. Anzitutto perché, consapevoli delle nostre debolezze ci conducono a non giudicare più nessuno, a trattare il prossimo con dolcezza, umiltà, comprensione. Ed inoltre intensificano la nostra relazione con Dio: vedendoci così poveri, siamo obbligati a invocarlo con fiducia. Ci spingono a volgerci interamente verso di Lui, che con un cuore paterno e materno insieme, con infinita tenerezza, ci avvolge con la sua grazia, ci dona ogni bene spirituale di cui abbiamo bisogno. Allora faremo esperienza di quello che ci dice Santa Teresa di Lisieux: «si prova una grande pace a essere assolutamente povera, a non contare che sul buon Dio».
È la sapienza dei poveri impersonata da quei pastori che sanno lasciare tutto, che sanno lasciare lì il proprio gregge – che rappresentava la loro ricchezza – e si sono incamminati senza indugio per accogliere la vera ricchezza: “un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”, come annunciato dagli angeli. Sono i primi testimoni del mistero dell’amore divino, del grande evento del natale.
Accogliamo Gesù con l’atteggiamento interiore di Maria. Più siamo vicini a Maria, più impariamo ad amare la nostra piccolezza, a non portarla come un peso, ma ad accoglierla come una grazia. La tenerezza materna di Maria, la sua mitezza, la sua pace, la sua umiltà, il suo sorriso ci incoraggiano in un modo meraviglioso in questo cammino di umiltà e di amore da lei stessa percorso. Ci guida ad accogliere con questa disposizione profonda il Signore nel nostro cuore.
Con l’augurio che anche noi possiamo fare esperienza di quanto il Signore ci ama personalmente e chiede solo di essere accolto con cuore umile e povero per riempirci di ogni grazia, auguro a tutti voi un Avvento fruttuoso e un Santo Natale.
Padre Michele Babuin omv rettore del Santuario