La frase "Voi digiunate tra litigi e alterchi" risuona come un richiamo potente e profondo, proveniente da una tradizione spirituale che invita alla riflessione e all'autenticità. Questa espressione richiama un messaggio presente nei testi sacri, come nel Libro di Isaia, e denuncia il contrasto tra l'apparente osservanza religiosa e la mancanza di coerenza morale e spirituale.
Il contesto e il significato
Questa affermazione si riferisce al comportamento di coloro che praticano il digiuno, o qualsiasi altro rito religioso, senza però abbracciare i veri valori di pace, amore e giustizia. I "litigi e alterchi" rappresentano le contraddizioni di chi, pur cercando di avvicinarsi al divino attraverso il digiuno, si lascia coinvolgere in conflitti interpersonali e atteggiamenti che contraddicono lo spirito cristiano di riconciliazione.
Gesù, come sottolinea papa Francesco, «ha condannato questa proposta della pietà nei farisei, nei dottori della legge: fare tante osservanze esteriori, ma senza la verità del cuore». Il Signore dice infatti:
«Non digiunate più come fate oggi, cambiate il cuore. E qual è il digiuno che io voglio? Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo, dividere il pane con l'affamato, introdurre in casa i miseri, i senzatetto, vestire uno che vedi nudo senza trascurare i tuoi parenti, facendo giustizia».
Questo, ha precisato il Papa, «è il digiuno vero, che non è soltanto esterno, un'osservanza superficiale, ma un digiuno che viene dal cuore».
Un insegnamento sempre attuale
L'insegnamento del Signore non è confinato a un'epoca specifica, ma risulta straordinariamente attuale anche nella nostra società moderna. Spesso, infatti, si cade nella trappola del formalismo, rispettando regole o tradizioni esteriori senza esaminare il proprio cuore o le proprie intenzioni. Questo monito invita a vivere i valori spirituali in profondità, rendendo il proprio comportamento coerente con la propria fede e le proprie convinzioni.
Il Pontefice ha inoltre sottolineato come, nelle tavole della legge, siano presenti sia i comandamenti relativi al rapporto con Dio sia quelli relativi al rapporto con il prossimo. Entrambi, hanno spiegato, vanno insieme:
«Io non posso dire: compio i primi tre comandamenti… e gli altri più o meno. No, sono uniti: l'amore a Dio e l'amore al prossimo sono un'unità, e se vuoi fare penitenza, reale e non formale, devi farla davanti a Dio e anche con il fratello, con il prossimo».
Basti pensare a ciò che scrive l'apostolo Giacomo: «Tu potrai avere tanta fede, ma la fede, se non fai opere, è morta; a che serve?»
Riflessione personale
Come possiamo applicare questo insegnamento oggi?
Possiamo iniziare con una domanda sincera: quanto le nostre azioni esterne riflettono le nostre convinzioni interiori?
È un invito a lavorare sulla coerenza tra fede, comportamento e relazioni umane, affinché la spiritualità non resti solo un insieme di pratiche esteriori, ma si traduca in gesti concreti di amore e giustizia.
Da qui la preghiera conclusiva rivolta da Francesco al Signore affinché accompagni «il nostro cammino quaresimale» facendo sì che «l’osservanza esteriore corrisponda a un profondo rinnovamento dello Spirito».