Morale e politica

Per una politica laica ma etica

La coscienza civile è parte integrante della maturità del vero laico.

Come ha scritto qualche anno fa Ombretta Fumagalli Carulli, ordinario
di Diritto Canonico e Diritto Ecclesiastico all’Università Cattolica di Milano,
«la -celebre frase “date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”
significa la separazione dei due ordini, quello civile e quello religioso, ma
significa anche mutuo riconoscimento da parte dei due enti della sovranità
dell’altro nell’ordine che a ciascuno è proprio».

Tale separazione, che definisce la laicità dello Stato moderno e che risale niente
meno alle parle del Cristo, non implica, per tanto, che lo Stato occidentale e
i suoi membri, dal semplice cittadino al parlamentare, debbano fare a meno
nelle loro scelte della sfera morale, poiché al di là di ogni credo religioso,
nel momento in cui una società vive una morale incerta e decadente, non riesce
più a comprendere il ruolo e la specificità di una realtà complessa quale la
nostra, che vive ogni giorno gli esiti del pluralismo, della società del
benessere, dei processi di secolarizzazione.

Questo tipo di società, al contrario, come già era stato affermato nel lontano 1986 in
documento della CEI, dopo il convegno ecclesiale di Loreto dell’aprile
dell’anno precedente, necessita di discernimento e di appropriati strumenti
culturali, che dovrebbero portare nell’ambito politico, non tanto alla gestione
del potere (magari personale), ma a un desiderio di sviluppo della solidarietà e
alla consapevolezza di non doversi sottrarre agli interrogativi della storia.

Proprio in qualità di laico, occorre quindi farsi carico maggiormente dei problemi del
paese in campo sociale, civile e politico.

D’altro canto sono ormai passati quasi cinquant’anni da quel 7 dicembre 1965, quando la
Chiesa cattolica, riunita nel Concilio Vaticano II, rendeva noti i suoi
insegnamenti e le sue considerazioni in ordine al mondo e all’uomo
contemporaneo e si potrebbe con sicurezza affermare che la Costituzione pastorale
Gaudium et Spes, Cap. IV (si badi: non dogmatica, bensì pastorale, rivolta a tutti, non credenti compresi) non sia per nulla invecchiata dato che in essa è rintracciabile quel cammino di
emancipazione della politica dagli interessi solo contingenti del gruppo
dominante, che è direttiva essenziale da perseguire perché la società sia più
giusta e più equa e perché in essa bene comune e rispetto della dignità della
persona siano davvero facce della stessa medaglia.

D’altro canto è sotto gli occhi di tutti come la politica oggi non basti, così come
l’economia. Esse, infatti, pongono solo le basi materiali e istituzionali per
il perseguimento dei valori, ma non generano di per sé dei valori. Sono
piuttosto le persone, i gruppi, le formazioni sociali intermedie, quelle che
generano ed esprimono valori. La politica e l’economia pongono solo le
condizioni perché essi possano liberamente farlo.

Quale etica allora per la politica? Uno Stato non può limitarsi all’evangelica denuncia
della violenza, ma deve opporvi un efficace rimedio, non lesivo, comunque,
della dignità dell’uomo e limitato a garantire l’ordinato sviluppo della
comunità civile. È giunto il tempo di rielaborare un’etica delle responsabilità
solidali, come amava dire anche il filosofo Norberto Bobbio, e prendere le
distanze da un diffuso rivendicazionismo, a volte degradato in qualunquismo,
che si allontana da tutto ciò che è pubblico, per giungere a costruire il senso
della reciprocità dei diritti e dei doveri nei confronti della comunità, come
raccomanda anche la nostra Carta Costituzionale.

È necessario per governare, oggi, anche la globalizzazione, ristabilire il primato di una
politica, che sia responsabile del bene comune, su economia e finanza, come già
aveva suggerito nel 2009 anche Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, per evitare l’idolatria del mercato che porta
al devastante liberalismo economico senza regole, all’utilitarismo e alla
tecnocrazia.

D’altro canto anche un governo mondiale senza etica ben poco potrebbe fare.

Sia ben chiaro, occorre comunque rifuggire la tentazione, oggi, di ri-fondare un partito dei
cristiani o dei cattolici, che potrebbe generare malefiche conseguenze, così
come sarebbe deleterio oggi un partito della Chiesa.

Infatti, «la laicità va assolutamente salvaguardata e i cattolici dovranno inevitabilmente
operare con responsabilità una scelta di campo, che li renda parte di
schieramenti e spazi politici in cui si collocano», auspica Enzo Bianchi della
Comunità di Bose, dalle pagine di “la Repubblica” del 22 ottobre scorso.
Occorre quindi «recuperare le ragioni profonde dell’azione nella polis –
prosegue Bianchi - il tessere un dialogo nella comunità cristiana per essere
muniti d’ispirazione, il sapersi collocare nella compagnia degli uomini senza
esenzioni ma assumendosi responsabilità, affinché altri comprendano e possano
confrontarsi liberamente con i cristiani, lasciando poi alle regole della
democrazia e ai suoi criteri di determinare le scelte necessarie ai diversi
livelli e le esigenze del legiferare per il bene della convivenza». E in questa
direzione è andato anche il recente meeting di Todi che attraverso in Cardinal
Bagnasco ha sottolineato come una democrazia liberale non possa assumere nella
legislazione positiva principi dottrinali assoluti in cui si riconosce solo una
parte della comunità nazionale.

«La profondità di significato della questione morale, che pure in Italia abbiamo
quotidianamente sotto gli occhi, ci sfugge ancora», sintetizza in apertura di
libro Roberta De Monticelli in La questione morale (2010, Cortina ed.), la quale certamente non indulge verso
quella libertà da servi, che caratterizza i costumi diffusi nell’Italia di oggi
e che ha portato all’odierna mancanza di prospettive a causa di una ristretta
visuale inchiodata al solo presente, e che non riesce a fare i conti con una
società pluralistica, la quale non implica necessariamente un relativismo
etico.

In ultima analisi e concludo con il pensiero di De Monticelli, per ethos s’intende l’ordinamento dei valori costitutivo di un’identità personale e morale (individuale o condivisa, culturale o anche religiosa) e per
etica si intende la disciplina del dovuto da ciascuno a tutti. Questa distinzione ci fa evitare da una parte i
vari fondamentalismi, dall’altra i troppi scetticismi.

Ovvio quindi, che l’etica debba giocare il ruolo di limite e di rispetto ai vari ethos. In questo modo si evita che dal pluralismo si passi al relativismo del tutto è permesso. Quindi non ogni ethos è compatibile con l’etica. «È dunque evidente che in questa sfera - scrive De Montcelli - fare leggi non per tutelare la libera scelta del cittadino, ma per imporgli la scelta confacente all’ethos della parte politica che si trovi a essere maggioranza e a governare, è quanto di più anti-etico ci sia. […] Questa è la ragione per la quale oggi la politica riguarda chiunque abbia a cuore l’etica».

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