Il “santuario” che in questo numero andremo a visitare è molto più vasto di quello che in apparenza si apre alla vista dei numerosi pellegrini che lo visitano.
Nel senso canonico del termine non è nemmeno un santuario, ma una Cappella, un luogo destinato al culto della comunità religiosa che vi risiede.
L’eccezionalità degli eventi che hanno attraversato la sua storia fa di questa Cappella un luogo di pellegrinaggi tra i più visitati d’Europa. Mi riferisco infatti alla Cappella della Medaglia Miracolosa, a Parigi, universalmente conosciuta come la Cappella de Rue du Bac, dal nome della via ove essa è localizzata.
La vastità a cui accennavo all’inizio sta nel fatto che i doni spirituali scaturiti dagli avvenimenti che si succedettero in quella Cappella, in un lontano giorno del 1830, si sono irradiati in ogni angolo della terra, per mezzo di uno “strumento” così piccolo da far stupire anche i più scettici: una piccola medaglia di latta, stretta al polso da una cordicella di cotone celeste o appesa al collo, oppure conservata tra le pieghe di un portafoglio. Chi non la conosce? È la medaglia che ogni malato riceveva un tempo entrando in ospedale, quella regalatagli da una suora o dalla catechista, “la Medaglia” per eccellenza.
Ma è la semplicità di quest’oggetto di culto che attira l’attenzione, e che ci rimanda ancora una volta alla dinamica evangelica della povertà, che si affida sempre alle cose piccole ed umili, per preparare il cuore degli uomini ad accogliere l’amore di Dio.
Sono proprio questi valori, di povertà e umiltà, a diventare una costante nella vita di colei che quegli avvenimenti li visse in prima persona, Santa Caterina Labouré. Lungo tutto il periodo successivo alle apparizioni visse in una dimensione spirituale che i grandi santi hanno chiamato da sempre di “nascondimento”, per indicare in termini dinamici la totale prevalenza della volontà del Signore su ogni tentazione di protagonismo.
Con questo numero di Myriam, andremo a visitare il santuario della sua anima, per poter accogliere nel nostro cuore le parole di Maria Santissima, così come Caterina le accolse nei momenti delle apparizioni.
Sono parole che rimasero impresse per più di quarant’anni nella mente di questa suora, impegnata prima al servizio dei poveri anziani e poi alla portineria del suo convento, senza che nessuno sapesse niente, conosciute solo dal suo confessore e sigillate dal segreto del sacramento. Infatti, sebbene ai quei tempi tutti sapessero che la Madonna apparve ad una suora consegnandole l’immagine di quella Medaglia che già chiamavano “miracolosa”, nessuno sospettò che quella suora fosse lei.
Proprio riferendosi a questo desiderio di non voler apparire, Pio XI il giorno della sua beatificazione ebbe a dire: «Noi non conosciamo (forse ce n’è, ma noi confessiamo la nostra ignoranza) un esempio più meraviglioso di vita nascosta di quella di quest’anima di cui tutti parlavano durante la sua vita e per tanti anni, e che restava nell’ombra, nascosta con Maria e Gesù». (29 maggio del 1933)
Sebbene tutti conoscano la Medaglia Miracolosa, per i più Caterina Labouré rimane ancora nell’ombra.
Eppure, nonostante la sua naturale semplicità, che in un primo tempo fu addirittura di ostacolo all’introduzione della causa di beatificazione, essa fa parte di quei testimoni che la Chiesa addita a modello di santità proprio perché seppero veicolare la propria fede nelle vicende semplici di una vita totalmente normale, tra le pareti di una casa o quelle di un convento.
La ragione per cui la redazione ha scelto di dedicare questo numero di Myriam alle apparizioni della Medaglia Miracolosa è anche quella di far conoscere la figura di Santa Caterina Labourè, e segnalare ancora una volta la preferenza di Maria Santissima per le persone che, come Lei, si sanno distinguere per l’umiltà di cuore e il servizio della carità.