Il segno del santuario ci testimonia che non siamo fatti per vivere e morire, ma per vivere e vincere la morte nella vittoria di Cristo. Di conseguenza, la comunità che celebra il suo Dio nel santuario ricorda di essere Chiesa pellegrina verso la Patria promessa, in stato di continua conversione e di rinnovamento. Il santuario presente non è punto ultimo di approdo. Gustando in esso l'amore di Dio, i credenti riconoscono di non essere degli arrivati, avvertono anzi più forte la nostalgia della Gerusalemme celeste, il desiderio del cielo. Così i santuari ci fanno riconoscere, da una parte, la santità di coloro ai quali sono dedicati e, dall’altra, la nostra condizione di peccatori che devono cominciare ogni giorno di nuovo il pellegrinaggio verso la grazia. In tal modo, aiutano a scoprire che la Chiesa “è santa e insieme sempre ha bisogno di purificazione”(51) perché i suoi membri sono peccatori.
Il santuario non è soltanto un’opera umana, ma anche un segno visibile della presenza dell’invisibile Dio. Per questo, si esige un’opportuna convergenza di sforzi umani e un’adeguata consapevolezza dei ruoli e delle responsabilità da parte dei protagonisti della pastorale dei santuari, proprio per favorire il pieno riconoscimento e l’accoglienza feconda del dono che il Signore fa al Suo popolo attraverso ogni santuario.
Il santuario offre un prezioso servizio alle singole Chiese particolari, curando soprattutto la proclamazione della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia(53). Questo servizio esprime e vivifica i vincoli storici e spirituali che i santuari hanno con le Chiese in mezzo alle quali sono sorti, e richiede il pieno inserimento dell’azione pastorale svolta dal santuario in quella dei Vescovi, con la particolare attenzione a ciò che maggiormente attiene al «carisma» del luogo e al bene spirituale dei fedeli che vi si recano in pellegrinaggio.
Sotto la guida dei singoli Vescovi o dell’intera Conferenza Episcopale, a seconda dei casi, i santuari definiscono la loro specifica identità pastorale e la loro struttura organizzativa, che deve essere espressa nei propri statuti(54). Questa partecipazione dei santuari alla pastorale diocesana richiede, peraltro, che si provveda alla preparazione specifica delle persone e delle comunità che dovranno farsene carico.
Maria, santuario vivente
La Vergine Maria è il santuario vivente del Verbo di Dio, l’Arca dell’alleanza nuova ed eterna. Infatti, il racconto dell’annunzio dell’angelo a Maria è modellato da Luca su un fine contrappunto con le immagini della tenda dell’incontro con Dio al Sinai e del tempio di Sion. Come la nube copriva il popolo di Dio in marcia nel deserto (cf Nm 10,34; Dt 33,12; Sal91,4) e come la stessa nube, segno del mistero divino presente in mezzo a Israele, incombeva sull’Arca dell’alleanza (cf Es 40,35), così ora l’ombra dell’Altissimo avvolge e penetra il tabernacolo della nuova alleanza che è il grembo di Maria (cf Lc 1,35).
Anzi, l’evangelista Luca sottilmente raccorda le parole dell’angelo al canto che il profeta Sofonia eleva alla presenza di Dio in Sion. A Maria si dice: «Gioisci, o piena di grazia, il Signore è con te… Non temere, Maria, … tu concepirai nel tuo grembo e darai alla luce un figlio…» (Lc 1, 28-31). A Sion il profeta dice: «Gioisci, figlia di Sion, il re d’Israele, il Signore è nel tuo grembo. Non temere, Sion… Il Signore tuo Dio è nel tuo grembo, il Potente ti salverà» (Sof 3,14-17). Nel “grembo” (be qereb) della figlia di Sion, simbolo di Gerusalemme, sede del tempio, si manifesta la presenza di Dio col suo popolo; nel grembo della nuova figlia di Sion il Signore stabilisce il suo tempio perfetto per una comunione piena con l’umanità attraverso il Figlio suo, Gesù Cristo.
Nei molteplici santuari mariani, afferma il Santo Padre, «non solo individui o gruppi locali, ma a volte intere nazioni e continenti cercano l’incontro con la Madre del Signore, con colei che è beata perché ha creduto, è la prima tra i credenti e perciò è diventata Madre dell’Emanuele. Questo è il richiamo della Terra di Palestina, patria spirituale di tutti i cristiani, perché patria del Salvatore del mondo e della sua Madre. Questo è il richiamo dei tanti templi che a Roma e nel mondo la fede cristiana ha innalzato lungo i secoli. Questo è il richiamo di centri come Guadalupe, Lourdes, Fatima e degli altri sparsi nei diversi paesi, tra i quali come potrei non ricordare quello della mia terra natale, Jasna Góra? Si potrebbe forse parlare di una specifica “geografia” della fede e della pietà mariana, che comprende tutti questi luoghi di particolare pellegrinaggio del popolo di Dio, il quale cerca l’incontro con la Madre di Dio per trovare, nel raggio della materna presenza di “colei che ha creduto” il consolidamento della propria fede»(60).
A questo fine, i responsabili della pastorale dei santuari prestino una costante attenzione affinché le diverse espressioni della pietà mariana si integrino nella vita liturgica che è il centro e la definizione del santuario.
Avvicinandosi a Maria, il pellegrino deve sentirsi chiamato a vivere quella “dimensione pasquale”(61) che gradualmente trasforma la sua vita attraverso l’accoglienza della Parola, la celebrazione dei sacramenti e l’impegno a favore dei fratelli. Dall’incontro comunitario e personale con Maria, «stella dell’evangelizzazione»(62), i pellegrini saranno spinti, come gli Apostoli, ad annunziare con la parola e la testimonianza di vita «le grandi opere di Dio» (At 2,11). PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI