Davanti al sacerdote ripetiamo il gesto di parecchi anni fa. Un piccolo anello bianco e rosso scivola sul dito vicino alla fede nunziale: due lettere F, G saldano i due colori dove si incontrano. Celebriamo 45 anni di matrimonio.
Qualcuno mi ha detto che è un bel traguardo. Ma io mi chiedo: “è stata una gara?”, ” è stata una corsa?”. Rispondere si o no, non avrebbe molto senso, sarebbe difficile spiegare come. Sarebbero entrambe risposte sbagliate, oppure anche giuste. Forse “una staffetta”? Quale “testimone” ci siamo passati, con quale alternanza, rapidità e prontezza di presa, in questo percorso di vita insieme?
Chi, che cosa, ci ha permesso di festeggiare, (sì abbiamo festeggiato), questo momento che ha richiamato una chiesa diversa, un paese diverso, un’età diversa?
In un ambiente religioso mi direbbero: “la Grazia del Signore!”. Ma, pur senza mettere in dubbio né la Grazia, né tantomeno il Signore, mi chiedo: “il Signore non è forse altrettanto generoso con gli altri? La Grazia del sacramento non è un dono per tutti coloro che lo celebrano?” Forse dobbiamo custodirla questa Grazia.Che altro ci ha tenuto insieme? Quell’amore che non ci declamiamo più, ma che traspare in piccole cose e che sentiamo mentre parliamo di figli, nipoti, amici, fatti? Quell’amore profondo divenuto pian piano parte del nostro essere e che non ha più bisogno di parole, ma vive nei gesti?
E così ricordiamo i momenti più belli e meno belli, le decisioni, la famiglia che cresce: non più solo noi due ma tre, quattro…un altro piccolino mai nato, senza nome, ma che per un po’ di tempo è stato presente con noi. E poi, conquiste, timori, gioie, preoccupazioni, dissapori allungati, come ombre pesanti, in giorni di silenzio per poi toccarsi e fare pace tra le lacrime perché è sempre meglio fermarsi, anche se è l’altro che non si è fermato allo stop e tu ha ragione; meglio evitare un doloroso incidente.
E poi ancora le esperienze, l’entusiasmo, il godere insieme di un’apertura verso gli altri, il liberare i figli nella loro corsa verso il mondo, il dare senza né contare né pesare quel e quanto si dà. Un continuo adeguarsi al cambiamento che ci cambia insieme a quanti sono entrati in contatto con noi; quel gioco di equilibrio tra tolleranza ma anche principi, ricerca ma anche gioia di quel che si ha, accoglienza di tutti ma anche quel po’ di solitudine che ti ricarica.
E’ stato un po’ di ogni cosa, ma soprattutto forse il cercare di vedere con occhi sempre nuovi e spirito aperto ogni ricchezza d’amore che in tanti ci hanno donato.
Qualcuno ci ammira, ma penso a quelli che non hanno potuto finire questo viaggio insieme per i motivi più diversi e che forse sono da ammirare più di noi.
Stiamo solo riflettendo luci non nostre, ma che abbiamo accolte e come un caleidoscopio restituiamo.
Tutto ci ha arricchito, tutto abbiamo sofferto o goduto con un po’ di realismo e qualche scoraggiamento, ma riconosco che siamo stati fortunati, che abbiamo avuto un dono dall’alto poiché è vero che “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori”… (Sal. 127-126)
Siamo ancora due mani intrecciate che a volte insieme hanno la forza di una sola, ma che saranno sempre due anche se fosse una.
… Sarete insieme quando le bianche ali della morte
disperderanno i vostri giorni.
… Ma lasciate che vi sia spazio nel vostro essere insieme
e lasciate che i venti del paradiso danzino tra voi.
Amatevi l’un l’altro, ma non fate dell’amore una catena:
lasciate piuttosto che vi sia un mare in movimento
tra i lidi delle vostre anime. (Khalil Gibran)