Chiara Luca Badano: un vita luminosa

 Papa Benedetto XVI nel dialogo a Palermo del 3 ottobre 2010 con i giovani e le loro famiglie ebbe a dire: «Sabato 25 settembre scorso, (era appunto il 2010) a Roma, è stata proclamata beata una ragazza italiana di nome Chiara, Chiara Badano. Vi invito a conoscerla: la sua vita è stata breve, ma è un messaggio stupendo. Chiara è nata nel 1971 ed è morta nel 1990, a causa di una malattia inguaribile. Diciannove anni pieni di vita, di amore, di fede. Due anni, gli ultimi, pieni anche di dolore, ma sempre nell’amore e nella luce, una luce che irradiava intorno a sé e che veniva da dentro: dal suo cuore pieno di Dio! Com’è possibile questo? Come può una ragazza di 17, 18 anni vivere una sofferenza così, umanamente senza speranza, diffondendo amore, serenità, pace, fede? Evidentemente si tratta di una grazia di Dio, ma questa grazia è stata anche preparata e accompagnata dalla collaborazione umana: la collaborazione di Chiara stessa, certamente, ma anche dei suoi genitori e dei suoi amici».
Noi accogliamo questo invito e cerchiamo di conoscere questa giovane ragazza, già matura per il cielo a soli 19 anni: lo Spirito Santo, che forma gli amici di Dio, ne ha plasmato il cuore e ne ha fatto un capolavoro.
Chiara è una giovane del nostro tempo, di questo tempo tanto difficile, che offre, è vero, tanti lati oscuri di cui giustamente ci lamentiamo, dando sfogo a tutte le nostre preoccupazioni, ma è per tutti noi, LUCE – è questo l’appellativo che si è meritata –, luce che ha diffuso e diffonde quale testimone gioiosa di Colui che si è dichiarato «la Luce del mondo» (Gv 8,12).

Fin dalla sua nascita è luce
I suoi genitori erano sposati da 11 anni e non avevano figli. Li desideravano tanto e, il 29 ottobre 1971, nacque Chiara, frutto di preghiera e di grazia implorata dal padre alla Vergine delle Rocche in Molare, paese della provincia di Alessandria, appartenente alla diocesi di Acqui (Piemonte), diocesi a cui appartiene anche Sassello, il paese in cui abitano i coniugi Badano, Maria Teresa Caviglia e Ruggero.
Maria Teresa, la mamma di Chiara, in una intervista afferma che Ruggero, il marito, pregava tantissimo perché fosse esaudito il suo desiderio di avere un figlio e si recava spesso, per questa intenzione a questo Santuario. La Madonna l’ha esaudito e Chiara è stata per i suoi genitori e per tutti un luminoso dono di Dio.
La piccola aveva un temperamento generoso, gioioso e vivace, ma anche un carattere franco e determinato.
La mamma, attraverso le parabole del Vangelo che le raccontava spesso, l’ha educata ad amare Gesù, ad ascoltare la Sua voce e a compiere tanti atti di amore e lei ascoltava, pregava sempre molto volentieri e, fin dalla sua infanzia, sviluppò una vera attenzione ai poveri e agli ultimi. Il suo sogno era diventare medico e andare in Africa a curare i bambini, malati, poveri e affamati. Ancora molto piccola, colpita dalla loro indigenza, aveva affermato: «A loro dobbiamo pensarci noi!».
Non potrà realizzare il suo sogno, perché Dio, aveva altri progetti su di lei.

La malattia
Il 2 febbraio 1989, quando Chiara ha solo diciassette anni, la Tac, a cui era stata sottoposta a causa di un dolore lancinante alla spalla destra, evidenziò un osteosarcoma con metastasi: la situazione si presentò subito in tutta la sua gravità, la malattia era inguaribile.
La mamma racconta che quando Chiara comprese la gravità del caso e le poche speranze, rientrata a casa dall’ospedale le chiese di non porle domande. Non pianse, non si ribellò né si disperò. Si chiuse in un assorto silenzio di 25 interminabili minuti. Si può pensare che quel tempo fosse il suo “orto del Getsemani”: mezz’ora di lotta interiore, di buio, di passione…, poi il suo sì a Dio, per mai più tirarsi indietro. Aveva vinto la grazia. Le disse: «Ora puoi parlare, mamma», e sul volto tornò il sorriso luminoso di sempre. Aveva detto “Sì” a Gesù, quel «sempre sì», che aveva scritto da bambina su una piccola rubrica alla lettera esse, e che ripeterà sino alla fine, due anni dopo, a solo 19 anni, senza che si potesse mai spegnere quel suo sorriso… quella la luce che brillava nei suoi grandi occhi, lasciando trasparire la “Presenza” di Colui, che la abitava.
Il papà Ruggero, durante il tempo della malattia, cercava di tornare il più presto possibile dal lavoro per poter stare vicino a questa figliola che gli dava tanta serenità… Chiara soffriva terribilmente, ma vicino a lei si respirava gioia e pace. Lui non si capacitava di questo e, quando usciva dalla stanza, la spiava dal buco della serratura, per vedere se quei sorrisi che gli aveva regalato, erano solo frutto di un grande sforzo, fatto per non preoccuparlo. Invece doveva constatare che da quel volto traspariva gioia sempre, tanto che, continuando a “spiarla” dal buco della serratura, chiamava la moglie per dirle: «Ma guardala, guardala… pensavo che sorridesse così solo quando siamo presenti, per non preoccupare, invece…».
La mamma la conosceva bene e non si meravigliava di questa figlia, così innamorata di Dio, così abbandonata alla sua volontà, da sopportare con gioia tanto dolore. Lei dirà in un’intervista: «Ci comprendevamo così tanto, che tra noi, non c’era bisogno di tante parole… ci capivamo in silenzio».
La gioia di Chiara si può definire il suo DNA. Si sentiva profondamente amata da Dio e questa era la ragione della sua profonda, intima, immensa gioia e della sua capacità di amare tutti. La gioia di vivere, l’entusiasmo per le piccole cose, la contemplazione del creato, la felicità di godere dell’amicizia erano il nutrimento delle sue giornate.
Da sempre “Gesù” era per lei l’amico importante, quello vero… diventerà lo sposo a cui andare incontro nel giorno della sua morte, tanto che volle essere vestita con l’abito nuziale, lungo, bianco, semplice. Predisporrà tutto per il suo funerale: la sua messa, le sue nozze con Gesù. Dovrà essere lavata con l’acqua, segno di purificazione e pettinata in modo molto giovanile e chiederà alla mamma di non piangere perché «quando in cielo arriva una ragazza di diciotto anni, si fa festa!».
Il Vangelo, ricevuto nel giorno della Prima Comunione, era il suo libro preferito; lo leggeva molto volentieri e un giorno scriverà: «Non voglio e non posso rimanere analfabeta di un così straordinario messaggio». E di Gesù dirà sempre: «Io non devo dire di Gesù, ma devo dare Gesù con il mio comportamento».
A nove anni era entrata a far parte del movimento dei Focolari e aveva abbracciato gli ideali propri di quel movimento: l’amore concreto verso tutti e lo spendersi perché «tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Animata da profondo rispetto per ognuno riusciva a trovare Gesù nei lontani, negli atei. Capace di ascolto, manifestava con schiettezza il proprio pensiero di credente, ma evitava di prevaricare sulla libertà e coscienza dell’interlocutore: ben più efficace dei ragionamenti era la sua testimonianza di serenità e di generosa disponibilità.
La sua cameretta, in ospedale prima, e a casa poi, era una piccola chiesa, luogo di incontro e di apostolato: «L’importante è fare la volontà di Dio... è stare al suo gioco... Un altro mondo mi attende... Mi sento avvolta in uno splendido disegno che, a poco a poco, mi si svela... Mi piaceva tanto andare in bicicletta e Dio mi ha tolto le gambe, ma mi ha dato le ali...». Chiara Lubich, che la seguirà da vicino durante tutta la malattia, in un’affettuosa lettera le diede il soprannome di “Luce”. Mons. Livio Maritano, vescovo diocesano, così la ricorda: «Si sentiva in lei la presenza dello Spirito Santo che la rendeva capace di imprimere nelle persone che l’avvicinavano il suo modo di amare Dio e gli uomini. Ha regalato a tutti noi un’esperienza religiosa molto rara ed eccezionale».

Gli ultimi tempi
Il 5 ottobre, anche se stremata, fa in tempo di salutare un’ultima volta i tanti che sono passati per avere notizie, in particolare i giovani. Di lì a poco fa cenno alla mamma di avvicinarsi: «Mamma ciao! Sii felice perché io ci sono!». Saranno le sue ultime parole.
Chiara Luce muore alle 4 e 10 del 7 ottobre 1990, festa della beata Vergine Maria del Rosario. Ma la luce del suo incantevole sguardo non si spegnerà, perché i suoi occhi saranno donati a due ragazzi. Dichiarata venerabile il 3 luglio 2008, è stata proclamata beata il 25 settembre 2010. Ora è già conosciuta in tutto il mondo.

Articolo tratto da: Myriam  "Nuova ed eterna Alleanza" (n. 1 del 2021)

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