Articoli filtrati per data: Mercoledì, 04 Settembre 2024

maria

 

1. Alle radici dell’affidamento del Lanteri a Maria

Forse sembrerà strano, ma alla radice dell’affidamento del Lanteri a Maria – ed è questa la radice che c’è anche in ogni credente – non c’è l’iniziativa personale del singolo, ma il dono pasquale del Maestro che dall’alto della croce ci ha affidati a lei, la Madre, e a lei affida ciascuno di noi. Il Lanteri ha capito questo e ha accolto questo immenso dono. L’affidamento del Lanteri a Maria è dunque la risposta al duplice amore di Cristo che ci affida a Lei e di Lei che ci accoglie come figli nel Figlio.

La radice della spiritualità mariana è proprio in questa risposta-accoglienza di questo dono, che coinvolge tutta la personalità umana e spirituale del discepolo.

Fin da piccolo il Lanteri ha intuito l’importanza di questa risposta al dono che il Cristo ci fa di Maria, e che fa anche personalmente a lui dall’alto della croce, approfondandolo e consolidandolo per tutta la sua vita. Un episodio significativo è certamente quello che segue alla morte della mamma, quando il Lanteri aveva solo quattro anni. Il padre, Pietro, lo guidò molto da vicino, educandolo nella fede.

Dal padre Bruno apprese una tenera devozione alla Madonna. Fu infatti il papà stesso a proporgli Maria come Madre quando, probabilmente nella chiesa di Santa Maria della Pieve presso la tomba dove venne sepolta la moglie Margherita, lo affidò a Maria, affinché gli fungesse da madre. Così un profondo legame di cuore con Maria venne a stabilirsi fin dai primi anni della sua vita in famiglia.

 

2. L’affidamento a Maria

Già dai primissimi anni della sua vita, il Lanteri imparò a vedere nella Vergine Maria sua madre. A lei fu affidato dal padre dopo la morte della propria mamma: «D’ora in poi lei sarà la tua mamma».  Aveva solo quattro anni. Più tardi il Lanteri, quando avrà toccato la sessantina, sovente diceva agli amici: «Per me non c’è stata altra mamma che la Santissima Vergine Maria e io non ho ricevuto altro che carezze e favori da una Madre così buona».

 All’età di ventidue anni il giovane Lanteri, nell’imminenza dell’ordinazione al primo degli ordini maggiori, il suddiaconato, si affidò a Maria.

«Cuneo, il 15 agosto 1781.                                .       
Sappiano tutti coloro nelle mani delle quali capiterà questa mia Scrittura, che io sottoscritto B. [Bruno] mi vendo per schiavo perpetuo della Beata Vergine Maria Nostra Signora con donazione pura, libera, perfetta della mia persona, e di tutti i miei beni acciò ne disponga ella a suo beneplacito come vera, ed assoluta Signora mia. E siccome mi riconosco indegno di una tal grazia prego il mio S. Angelo Custode, S. Giuseppe, S. Teresa, S. Giovanni, S. Ignazio, S. Francesco Saverio, S. Pio, S. Bruno acciò mi ottengano da Maria Santissima che si degni ricevermi tra i suoi schiavi. A conferma di ciò mi sottoscrissi. Pio Bruno Lanteri».

Apparentemente questo atto sembra esprimere un semplice omaggio a Maria, frutto di una devozione fondata poco da un punto di vista teologico, ma solo sentimentale, poiché non vi appare nessun riferimento esplicito a Dio e a Gesù Cristo presente invece nell’atto di schiavitù proposto da S. Luigi Maria De Monfort.

Ma se noi leggiamo anche quanto il Lanteri scrisse poco dopo aver redatto la sua “scrittura di schiavitudine” nel suo Direttorio Spirituale, possiamo cogliere tutta la profondità teologica della sua “scrittura” e la sua intrinseca relazionalità all’onore e alla gloria di Dio:

«Voglio avere un amore tenero verso Maria Vergine e confidenza in lei di figlio a sua Madre, e in grado tale, che mi paia impossibile che mi permetta di essere vinto e perisca in quella battaglia: ricorrerò dunque a Lei come un pulcino si ricovera sotto le ali di sua madre alla voce del nibbio vorace, e dopo l’atto d’amor di Dio dirò: “Monstra te esse matrem etc. Sub tuum præsidium etc. Maria mater gratiæ etc. ”, e ciò farò con quella confidenza che un bambino usa con sua madre domandandole ciò che fa di mestieri con gran sicurezza, come se fosse tenuta a concederglielo, e a lei ricorrendo in tutti i suoi travagli, cosicché resta la madre come obbligata, e ricava quindi motivo di voler più bene al figlio, e se le madri di quaggiù cattive qualche volta, pur non sanno negare niente, che si dirà della Gran Madre di Dio? Mi approfitterò di tutti i meriti, grazie e privilegi di questa mia Signora come chi sa di aver ad essi quel diritto che hanno i figlioli alla madre... Unirò i miei atti di fede, speranza, carità ai meriti di mia Madre, e così inseriti in un traffico sì grande e ricco, crescerà a dismisura il povero mio capitale».

Dietro queste frasi di Pio Bruno vi è il riferimento al libro dell’abate Henry-Marie Boudon da cui anche il Monfort trasse ispirazione per la sua teologia mariana:

«Boudon parlò della santa schiavitù alla Madre di Dio, consistente non nel fare pratiche di devozione o recitare preghiere o fare mortificazioni, ma soprattutto e prima di tutto nel consacrare la propria libertà, il proprio cuore e le opere buone al totale servizio di Maria».

Questa certamente era l’intenzione del Lanteri nel mettersi totalmente nelle mani di Maria, sua Madre, in piena fiducia e confidenza. Questo gesto, visto il primato assoluto di Cristo come unico Mediatore tra il Padre e l’umanità, è giustificabile solo alla luce della misteriosa volontà di Dio che ha fatto sì che una piccola fanciulla di Nazareth fosse intrinsecamente inserita nel mistero dell’Incarnazione del suo Verbo, diventandone madre in quanto alla natura umana, proprio in Lei e da Lei assunta. È in forza di questo mistero che Ella partecipa spiritualmente alla generazione di tutti i membri del Corpo Mistico diventandone Madre attraverso la Chiesa, la quale estende a tutti i tempi e luoghi la maternità di Maria. Questo è, in effetti, quello che il Monfort chiama “il segreto di Maria”. Sapere cioè che Dio ha scelto Lei per realizzare nello Spirito Santo la santificazione di tutti i suoi “figli adottivi” (Rm 8,15) invitati ad affidarsi totalmente a Lei, come mezzo assolutamente il più sicuro, facile e certo per realizzare la propria santificazione, cioè la propria conformazione a Cristo.

 

3. Con confidenza di figlio

Verso questa «Madre sì buona» il Lanteri sente un «amore tenero» ed una confidenza di figlio.

«O Signora, se per tuo mezzo il tuo Figlio è diventato nostro fratello, non sei tu forse diventata nostra Madre? E se vi ho offesi tutti e due, tutti e due siete clementi e pieni di pietà. Dunque fuggirò l’ira del Dio giusto ricorrendo alla pia Madre, l’ira dell’offesa Madre ricorrendo al benigno Figlio.  E dirò: O Dio che ti sei fatto Figlio di Donna a causa della nostra miseria, o Donna che ti sei fatta Madre di Dio per la sua misericordia, o avete compassione di me peccatore, o mostratemi altri più misericordiosi a cui rivolgermi».

«Vergine Santa, Madre di Dio, e madre mia, io vi domando due cose che mi sono ugualmente necessarie: datemi vostro Figlio, è il mio tesoro, senza di lui sono povero; date me a vostro Figlio, è la mia saggezza, la mia luce, senza di lui sono nelle tenebre. Tutto a Gesù per Maria. Tutto a Maria per Gesù. Come la vita naturale di Gesù nel seno di sua Madre dipendeva totalmente da Lei, così nella vita della grazia, di cui non c’è nulla di più fragile – perché anche un fantasma, un pensiero può rovinarla – ricorriamo a Maria nostra Madre, lei non mancherà mai di sovvenire ai nostri bisogni, se noi non usciamo fuori dal suo seno».

Da anziano il Lanteri, quando avrà toccato la sessantina, sovente diceva agli amici: «Per me non c’è stata altra mamma che la Santissima Vergine Maria e io non ho ricevuto altro che carezze e favori da una Madre così buona». Spesso la chiamava sua Madre, sua Maestra, sua Nutrice, suo Paradiso.

Nel testamento, scritto verso il 1816 a motivo della scarsa salute, il Lanteri si raccomanda a questa cara Madre:

«Raccomando l’anima mia alla Ss. Triade, al S. Cuore di Gesù, alla Beatissima Vergine Maria che mi fu sempre tenera Madre, a S. Luigi, S. Francesco Saverio, al mio Angelo Custode, al B. Alfonso de Liguori, a tutti i Santi ed Angeli del cielo che spero presto di vedere come fratelli in paradiso, alle preghiere della Santa Cattolica, Apostolica e Romana Chiesa nel cui seno m’intendo e voglio vivere, e morire, ed a quelle dell’infrascritto mio Esecutore testamentario, e di tutti i miei parenti, ed amici».

 

4. Maria e gli Oblati di Maria Vergine

Gli Oblati – scrive il Lanteri - sono «pienamente a Maria Vergine dedicati» e: «si propongono di attendere seriamente alla salute e santificazione di se stessi per via dell’imitazione la più attenta di Gesù Cristo che si propongono per modello in ogni azione, unitamente agli esempi di Maria Santissima loro cara Madre».

Il Lanteri vuole che per gli Oblati Maria sia modello, scala, scuola, aiuto per conformarsi a Gesù:

«In ciascuna azione hanno dunque sempre Gesù innanzi agli occhi; Gesù è sempre il loro compagno ed il loro modello, e si studiano d’imitarlo nel modo più perfetto, sia quanto all’interno che all’esterno, unitamente agli esempi di Maria Santissima, per rendere in questo modo, con l’intercessione di Maria più somigliante a Dio, l’immagine impressa nella nostra anima».

Centrale alla devozione a Maria è l’attenzione alle sue virtù evangeliche per imitarla nel suo modo di vivere e così accogliere da lei Cristo e a lui conformarsi. Il Lanteri invitava i suoi Oblati a chiedere a Gesù e Maria...

«... una grande somiglianza ed unione con Gesù, ove consiste tutta la santificazione nostra, poiché così continuamente [gli Oblati] si esercitano a conservare la memoria non dissipata, ma dolcemente fissa in Gesù, ad assuefare l’intelletto a vedere e giudicare sempre ogni cosa secondo Gesù, a tenere la volontà sempre tranquilla ed unita a quella di Gesù. Insomma, così sono sempre in compagnia di Gesù, conversano sempre con Gesù, sempre uniti con Gesù nelle intenzioni e nelle azioni, e così diventano una copia viva di Gesù. Così Gesù forma l’unico tesoro del loro cuore; così Gesù abita nei loro cuori, ed essi abitano nel Cuore di Gesù».

L’Oblato sa di trovare in Lei una madre nel suo progetto spirituale. Sente che tutta la sua identità nella Chiesa nasce da Maria, si svolge in Maria, prende forma concreta con il patrocinio di Maria, ed esprime questa convinzione chiamando Maria «la sua fondatrice». Maria è anche la sua maestra, che protegge la Congregazione da ogni errore di dottrina[5] ed esercita verso di essa «un’assistenza veramente speciale e mirabile».

Sullo stemma degli Oblati leggiamo: «Mariam cogita, Mariam invoca». È una frase di San Bernardo che ci invita a contemplare la figura di Maria come ce la presenta il Vangelo, modello di disponibilità totale alla Parola e allo Spirito; e a invocare Maria, con una preghiera fiduciosa che sa rimettere alla sua materna intercessione tutto il nostro essere e agire.

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1. Le fonti del senso vivo della Misericordia nel Lanteri

Il Dio che ha afferrato il P. Lanteri è un Dio di bontà e di misericordia: il Padre che ha mandato suo Figlio, come buon Pastore, a salvare tutti gli uomini. P. Lanteri pone il Cristo dolce e misericordioso al centro di tutto. Lo sperimenta come compagno di vita, come suo maestro, suo modello, suo aiuto, sua ricompensa.

È il compagno privilegiato nella vita: «indirizzerò le cose a lui, chiederò lume da lui e forza, osserverò come farebbe nel caso mio, lo pregherò del suo Spirito nelle mie azioni»; «sono [gli Oblati] sempre in compagnia di Gesù, conversano sempre con Gesù»; «si esercitano a conservare la memoria... dolcemente fissa in Gesù, ad assuefare l’intelletto a vedere e giudicare sempre ogni cosa secondo Gesù, a tenere la volontà sempre tranquilla ed unita a quella di Gesù».Gesù, come uomo, è il maestro ed il modello che insegna «ad un tempo con la sua dottrina e con l’esempio il vero modo di servire Dio». In tal modo, l’imitazione di Cristo diventa il punto focale di tutto il cammino spirituale del Lanteri; è qui che orienta tutte le sue energie interiori, è qui che si indirizzano tutti i desideri più profondi del suo cuore. È «l’imitazione più attenta di Cristo» che egli si propone «per modello in ogni azione» che costituisce il centro della sua spiritualità. Egli vuole diventare «una copia viva di Gesù», «perché anche la vita di Gesù sia manifestata nella nostra carne mortale» (2Cor 4,11). È una passione spirituale che impara dalla seconda e dalla terza settimana degli Esercizi ignaziani.Lo stesso Gesù è il suo aiuto, la sua ricompensa, il suo tesoro. Agli Oblati dirà che vivendo così,

Gesù forma l’unico tesoro del loro cuore; così Gesù abita nei loro cuori, ed essi abitano nel Cuore di Gesù.  [C’è] qualcosa di più grande e più consolante di questo?

Il Cristo che lo affascina è il Cristo della Meditazione del Re e delle contemplazioni sulla vita privata, pubblica, e sulla passione: il Cristo umilepoveromansueto, e il Cristo che, mentre va per le città e villaggi predicando, insegnando, e curando le infermità della gente, alla vista del suo disorientamento, si muove a compassione, mentre sorge nel suo spirito un grido: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi!» (Mt 9,37).

Sono questi i tratti del Cristo che il Lanteri ha trasfuso nelle sue maniere dolci e delicate e nella sua prassi penitenziale tutta improntata all’accoglienza e alla misericordia di Gesù buon Pastore in un tempo in cui i fedeli penitenti dovevano subire la freddezza glaciale dei confessori giansenisti e rigoristi.

Oltre ad attingere questi tratti dalla contemplazione di Cristo negli Esercizi spirituali, tratti nei quali il Lanteri si è ben conformato al suo Maestro e Modello, una seconda fonte che spiega la dolcezza, la delicatezza e bontà del Lanteri è da identificare nella spiritualità salesiana.

S. Francesco di Sales seppe far emergere dalla spiritualità ignaziana tutta la sua potenzialità in riferimento alla fraterna comunione d’animi in Gesù Cristo. Le forti esigenze dell’austerità ignaziana sembrano rese più dolci e soavi dalla tenerezza dell’amicizia spirituale, dalla mitezza e serenità del vescovo di Genève. L’influsso che san Francesco di Sales ebbe sul Lanteri giunse a lui tramite le cosiddette Amicizie che erano intrise della sua spiritualità, la quale si sviluppava e fioriva nel clima dell’amicizia spirituale volta a rendere più soavi le asprezze dell’ascesi e la tensione continua del rinnegamento di sé.

Nel suo Direttorio Spirituale il diacono Lanteri si propone di leggere continuativamente san Francesco di Sales per formarsi lo spirito. Il Lanteri fu più che fedele a questo proposito in tutta la sua vita:

 «Per acquistare la virtù della dolcezza si era messo sotto il patrocinio di S. Francesco di Sales, frequente ne scorreva i trattati, e da questi, come disse sant’Agostino della S. Scrittura, aveva raccolto le massime più soavi ed amabili per averle in pronto sia in benefizio proprio che altrui. E veramente la carità e la tenerezza che mostrava alle anime e ne’ discorsi e nel confessionale e nelle loro malattie o di corpo o di spirito, erano una conseguenza di quel fare dolcissimo che aveva appreso da questo esemplare sì amabile e perfetto maestro di amore e di carità. […]

Per affetto ancor a lui per molti anni guidò nello spirito del santo fondatore parecchie buone religiose della Visitazione…».

Ad una di esse scriverà un giorno:

«…rimiri in tutto la volontà di Dio, ed operi un po’ più alla buona, ossia grosso modo, come diceva S. Francesco di Sales; né tralasci di leggere ogni giorno qualche squarcio delle opere del suo S. Padre, poiché sono propriamente fatte per procurare la pace al cuore».

 

2. Accoglierci e amarci  come il Dio della misericordia ci ama

Caratterizzata da una grande dolcezza e serenità, la spiritualità di san Francesco di Sales imponeva innanzi tutto che queste virtù fossero applicate verso se stessi nello sforzo di guardarsi, accogliersi e amarsi così come lo si è da Dio. Senza amareggiarsi, scoraggiarsi, abbattersi per gli inevitabili fallimenti, mancanze, debolezze e peccati, sempre pronti a rialzarsi e a riprendere il cammino con più slancio di prima della caduta, fondati e radicati in un’immensa fiducia nella sconfinata misericordia di Dio:

«Rialza dunque dolcemente il tuo cuore quando cade, umiliati grandemente davanti a Dio alla conoscenza della tua miseria; ma non meravigliarti della tua caduta: è naturale che l’infermità sia malata, che la debolezza sia debole, e la miseria sia misera. Disprezza con tutte le forze l’offesa che Dio ha ricevuto da te e, con coraggio e fiducia nella sua misericordia, rimettiti nel cammino della virtù, che avevi abbandonato».

Il Lanteri assimilerà alla perfezione tutto questo e nel suo Direttorio Spirituale così si esprimerà:

«Se verrò a mancare, anche fosse mille volte, non mi perderò d’animo, non mi inquieterò, ma sempre pacificamente subito dirò nunc cœpi. Mio Dio, l’ho fatta da quel che sono. Che altro potevate aspettarVi da me? Né qui mi sarei fermato, se voi non mi aveste trattenuto. Fatela Voi ora da quello che siete. Non voglio pensare così male di Voi, che mi dia a credere che Vi lasciate vincere da che è cattivo, quando so che Vi sta tanto a cuore la mia conversione, la mia salute. Sempre paziente con me e diffidente di me, e tutto confidente in Dio buono».

E ancora, in un altro documento dell’epoca il suo pensiero raggiunge una grande profondità nella comprensione della misericordia divina e della confidenza che deve essere presente nel cuore di chi ha la disavventura di cadere nel peccato:

«Dopo la caduta si abbia maggior confidenza di quella che si avrebbe nella comunione; più la caduta è grave, e più confidenza; più uno è debole e maggiore appoggio ha di bisogno».

Sarà proprio l’esperienza di questa invincibile benevolenza di Dio che farà sì che la persona addolcisca il suo modo di relazionarsi con gli altri. Tutta la pazienza e tenerezza di Dio di cui si è stati, e si è, oggetto, straripa inevitabilmente sugli altri che vengono guardati con occhi diversi, purificati dallo sguardo misericordioso del Signore. Non si può capire la misericordia salesiana senza l’esperienza personale della paziente tenerezza divina.

 

3. Ministro della Riconciliazione e Direttore spirituale

Il Lanteri si sforzò di far conoscere il volto Misericordioso di Dio nella confessione sacramentale dove le persone venivano da lui rincuorate e incoraggiate alla via della santità nella cordiale, paziente e benevola accoglienza che ricevevano: «O Gesù, Gesù, si vuol rendere il vostro nome odioso, non consolante; non sanno che “olio effuso è il tuo Nome” (Ct 1,2)».

E’ questo spirito di dolcezza che cercò di trasmettere ai suoi Oblati:

«[Gli Oblati di Maria Vergine] attendono indefessamente al Confessionale pronti ad accogliere ognora tutti, massime i più bisognosi, con aria ilare e contenta. [...] Riguardo al modo si faranno uno studio particolare d’imitare il Divin Maestro nell’accogliere, e trattare sempre con tutti, massime i più bisognosi, con somma dolcezza e bontà, e i più scrupolosi con carità somma e pazienza inalterabile. Non giudicheranno mai alcun cuore invulnerabile, ma con l’orazione continua e fervente, e con la carità industriosa faranno il possibile per non lasciare perire alcuno».

In tutta la sua vita il Lanteri si industriò a questo: far conoscere il vero Dio che è Amore (cfr. 1Gv 4), presentare il vero volto di Dio conosciuto nel volto di Gesù “mite e umile di cuore” (Mt 11,29) perché gli uomini si accostassero a lui con fiducia e confidenza.

«Agli uomini, siccome non sono che miserabili, non si deve proporre quasi altro che misericordia... Il cuore dell’uomo è fatto per amare, ed ama ciò che più lo muove e gli fa impressione; scopriamogli la bontà di Dio come si deve, e ne sarà rapito e volgerà ad amarla. Santa Maria Maddalena amava il mondo e faceva grandi cose per il mondo; amò Gesù Cristo, e fece grandi cose per lui.

In Gesù Cristo non vi è solo la pazienza, ma la longanimità. Il caratteristico di Gesù Cristo è la misericordia e la compassione, quel degli uomini dev’essere la speranza. Promoviamoli ambedue».

Niente e nessuno deve turbare e rattristare la persona nella sua profondità, dove gode della presenza di Dio:

né la tentazione, di fronte alla quale non si deve perdere la serenità, perché non è peccato sentire se manca il consentire, anzi essa è doppiamente utile in quanto non acconsentendo abbiamo dei meriti davanti a Dio e invocando il Signore e facendo atti di amore verso di Lui ci santifichiamo ancor di più;

né i peccati, perché basta pentirsi sinceramente per ritrovare la sua presenza di grazia:

«S’impari ad andare avanti con i mancamenti, quindi presupponga anche di certo che ha da commetterne molti, poiché senza di essi servire Dio è concesso solamente in Cielo, e S. Francesco di Sales dice che la perfezione non consiste in non mai cadere, ma in rialzarsi subito, riconoscendo la nostra miseria, chiederne perdono a Dio, ma tranquillamente e senza meravigliarci, dicendo a Dio che la facciamo da quel che siamo, la faccia lui da quegli che è. Ciò che si deve imparare è cadere, sì, ma levarsi subito in piedi, domandando perdono, né mai stancarsi di rialzarsi, anche se cadessimo mille volte, perché se un fanciullo non volesse più rialzarsi e camminare, perché cade sovente o per timore di cadere ogni passo, mai più imparerà a camminare.

E perciò concepiamo un’idea grande della bontà di Dio, non misuriamola con la nostra scarsezza, figurandoci che si stanchi di tanta nostra instabilità, fiacchezza, dimenticanza, abbia da vendicarsi dei nostri peccati, toglierci gli aiuti, negarci le grazie, e per questo rispetto non ardire d’andargli a domandare perdono, quando si manca nei propositi. Non è tale il nostro buon Dio. Dio non ha bisogno di noi, se non per usarci misericordia. Attribuiamogli ciò che è suo, cioè l’essere buono, misericordioso, compassionevole, padre amorevole che ci solleva, non mai si stanca di perdonarci, che, anzi, gli diamo grande gusto ed onore quando gli andiamo a domandare perdono».

né la nostra ripetuta debolezza, perché ogni volta basta rialzarsi con umiltà, non badando al peccato, ma al pentimento:

«Dopo la tentazione poi non stia mai ad esaminare se abbia acconsentito o no, ma si diverta ad altro, se poi non le riesce, e le viene scrupolo d’aver acconsentito, allora o lei dubita solo se le abbia acconsentito, e in tale caso non ne faccia caso, disprezzi ogni dubbio, faccia questo sacrificio del suo spirito e della volontà, e ubbidisca a P.D. [Padre Diessbach], o lei è certa, e tranquillamente lo disapprovi innanzi a Dio, si riunisca a Dio, conoscendo la debolezza, detestandolo, chiedendo perdono sicura che l’ottiene. O solo si accorge di avervi usata qualche negligenza, esservi accorsi alcuni difetti, e si ricorda che servire Dio senza difetti è solo concesso in Cielo, s’umili, e le serva di maggior confidenza in Dio. Sicché e nella tentazione e dopo, conviene che mantenga sempre tranquillità di spirito, libertà di cuore, e così servirà meglio e allegramente il Signore».

Per i peccatori che erano tentati contro la speranza aveva una capacità grande di infondere fiducia e coraggio. Per essi diffuse e fece ristampare diversi libri che permettevano la dilatazione del cuore, la pace spirituale, e animavano alla confidenza in Dio. Tra questi ricordiamo il trattato di Bergier “Sulla divina Misericordia”, e in modo speciale il libro “Tesori di confidenza in Dio”, che risultò un autentico capolavoro per tante anime combattute dagli scrupoli, e dai dubbi sulla benevola disposizione di Dio nei confronti dell’uomo peccatore e bisognoso.

 

4. L’amore fraterno

Il Lanteri desidera che l’amore fraterno tra gli Oblati, fondato sulla fede, assuma i tratti di una grande umanità:

«La stima che si porteranno, procureranno che sia sincera e costante e fondata sulla fede, non vedendo nei membri della Congregazione che l’immagine di Dio, i fratelli di Gesù Cristo.

L’amore con il quale si ameranno sarà un amore cordiale, quale conviene a veri fratelli di una stessa famiglia; affabile, per cui facilmente e con piacere si comunicano i sentimenti di pietà e le notizie di studio; preveniente, godendo di potersi rendere all’occasione scambievolmente qualche servizio; sofferente, sopportando facilmente i difetti tra di loro, senza neppure dare segno di risentimento e molestia. E se uno sarà stato offeso, dimenticheranno facilmente ogni cosa sapendo che la carità è un bene infinitamente superiore a qualunque altro bene.

Non contenti di amare i loro fratelli come se stessi, ansiosi ancora di aspirare alla perfezione evangelica, la loro regola sarà quella del Divino Maestro: “che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15,22), cioè di amare il prossimo più di se stessi.

Intanto per non dar luogo ad alcun raffreddamento nella carità, useranno le seguenti avvertenze, cioè: si guarderanno diligentemente non solo da qualunque avversione, ma anche dalle amicizie particolari, le quali sovente raffreddano l’amicizia con gli altri, e facilmente degenerano, perché non sono d’ordinario fondate in Dio solo. Parleranno sempre bene di tutti, aborrendo ogni ombra di detrazione in sé e negli altri. Si guarderanno gelosamente da ogni sospetto tra di loro, che è come un vento di tramontana, che gela la carità nel cuore. Interpreteranno tutto in bene, scusando nel loro cuore e con gli altri l’intenzione, se non si può l’azione. Non contrasteranno mai con veruno, giusta l’avviso di San Paolo (“...evitare le vane discussioni, che non giovano a nulla, se non alla perdizione di chi le ascolta”: 2Tim 2,14), ma essendovi diversità di parere, proporranno sempre le loro ragioni con modestie e dolcezza, per conservare la buona armonia con tutti, e la pace del cuore con se stessi».

Uno dei campi in cui il Lanteri si impegnò maggiormente nel combattimento spirituale fu quello delle relazioni interpersonali improntate all’accoglienza amorosa dell’altro, vincendo ogni chiusura, disamore e giudizio di superiorità, volta contemporaneamente alla presentazione coerente e semplice di sé, con l’esclusione di ogni timidezza spirituale o rispetto umano.

«Inculcò sempre ai suoi religiosi, come una delle virtù caratteristiche degli Oblati, la carità, virtù che egli praticò costantemente con ogni diligenza. Era così pieno di carità spirituale e temporale verso i suoi figli che passava ogni giorno mezz’ora in preghiera dinanzi a Gesù Sacramentato per il maggior bene di ogni individuo».

Il documento  L’identità dell’Oblato di Maria Vergine nella Chiesa di oggi  del XXII Capitolo Generale della Congregazione riprende molto bene l’ideale del Lanteri:

«... l’Oblato ... vuole vivere ... affiancato da altri che condividono con lui la stessa identità oblata. Tipico del suo spirito è un desiderio di vivere con altri Oblati in clima familiare, con una vera comunione di vita, descritta dal Lanteri nella nota frase, «amore fraterno» (cfr. Dir. Lant., p.I, c.5). Con realismo e con gioia egli affronta la fatica della vita in comune, sentendola come parte integrale della sua identità nella Chiesa. Si sente chiamato a pregare insieme con i suoi fratelli, a lavorare d’intesa con loro, a distendersi nei momenti meno occupati insieme con loro, e a comunicare con loro a livello veramente fraterno».

 

5. Uno stile di “evangelizzazione” permeato dalla bontà

In tutta la vita il Lanteri si era sempre proteso all’imitazione della dolcezza e dell’affabilità di Gesù Buon Pastore:

«La carità del Venerabile appariva anche dal suo tratto che era sempre pieno di dolcezza e carità verso tutti, specialmente verso i poveri e i traviati. Non dimostrò mai avversione a coloro che gli procurarono molestie e persecuzioni e non permise mai che altri usassero verso di loro parole di biasimo o di lamento».

In un ritaglio di appunti leggiamo:

«Tratterò con moderata allegria, magnanimità e fortezza, con onesta libertà e libera onestà, con sincera semplicità, con affabilità, accomodandomi al gusto delle persone; sarò umile, dolce, modesto, edificante; mi considererò servo di tutti e riguarderò tutti come nel Cuore di Gesù e ciascuno come la persona di Gesù, come strumenti di Dio per il bene dell’universo; sarò persuaso delle miserie umane; compassionevole e misericordioso, e ciò tanto più quanto più sono ingolfati nelle miserie dei peccati; mi stimerò il peggiore di tutti; vedrò se potrò aiutarli o spiritualmente o corporalmente».

Il Lanteri vuole dagli Oblati uno “stile” di evangelizzazione che sappia coniugare la verità con l’amore:

«Procureranno... per via di ragionamenti opportuni e tranquilli di disingannare i sedotti e premunire gli altri, esercitando sempre lo zelo della verità in spirito di carità, giusta San Paolo (Ef 4,15): “vivendo secondo la verità nella carità”, ad esempio di San Francesco di Sales, cercando di guadagnarsi prima il cuore che lo spirito, con far amare la verità stessa, che si difende e insegna».

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