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Il Santuario..
Gli Oblati di Maria Vergine, presenti a San Vittorino Romano già dal 1962, hanno qui costruito il Seminario per le vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale, che per alcuni anni venne usato anche come scuola, ed edificarono anche una piccola cappella dedicata alla Madonna di Fatima, progettata dal geom. Michele Rossi, che venne inaugurata il 17 maggio 1964. A presiedere la solenne funzione fu inviato il Card. Arcadio Larrona.
Incoraggiati dalla devozione che si andava diffondendo con la presenza di numerosi pellegrini, gli Oblati hanno iniziato la costruzione dell'attuale Santuario. Il 17 settembre 1970 le ruspe hanno spianato il terreno e, dopo quasi 9 anni di lavoro venne inaugurato ufficialmente il 13 maggio del 1979 dal vescovo di Tivoli Mons. Guglielmo Giaquinta.
L'architetto Lorenzo Monardo immaginò la nuova costruzione come una grande tenda distesa sui fedeli e proiettata verso l'alto. Essa richiama anzitutto la tenda del convengo che accompagnò il cammino degli israeliti nel deserto. Dio aveva promesso di abitare in mezzo al suo popolo e di guidarlo e sostenerlo fino alla terra promessa. La tenda del congegno è proprio il segno di questa presenza di Dio. Anche la nostra vita di credenti è un pellegrinaggio verso la terra promessa (cfr. 1Pt 2,11), il cielo. Dio stesso ci accompagna in questo cammino, specialmente con la Parola e i sacramenti.
La tenda, però richiama anche l’incarnazione del Figlio. Nel prologo di Giovanni, infatti, si legge: «E il Verbo si fece carne e venne abitare (eskénosen: letteralmente: “piantò la tenda) in mezzo a noi (en emin)» (Gv 1,14). La Sapienza divina che ha creato il mondo ha trovato casa tra noi non solo nella Parola o nella legge (cfr. Sir 24,22ss) che fu data a Israele, ma addirittura nella carne: l’umanità di Gesù è la tenda di Dio con gli uomini. Il Verbo eterno ci raggiunge nella nostra umanità, condividendo in tutto la nostra fragilità, tranne il peccato. In Fil 2,5-11 San Paolo contempla la kenosi, l’umile abbassamento di Dio: «Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma svuotò sé stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Apparso in forma umana, umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce». Un abbassamento per amore, che è giunto fino ad accettare il rifiuto e la morte in croce.
Ma non solo: in Gv 15,4 leggiamo queste parole di Gesù che ci rivelano l’intenzione del Signore per ciascuno di noi: «Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me». Qui c’è più di un “abitare” in mezzo a noi; Egli vuole abitare nel nostro cuore. La parola “dimorare” richiama relazioni, affetti, amore. L’uomo dimora dove ha il cuore: abita dove ama, è di casa in colui che ama. Se amiamo il Signore egli dimorerà in noi, nel nostro cuore. Si stabilisce una mutua immanenza nell’amore, che richiama il dimorare di Gesù nel Padre (cfr. Gv 14,7-14).
 Il Santuario è dedicato alla Vergine Maria di Fatima
 È attraverso il suo «sì» all’annunciazione che il Verbo si è fatto carne in lei. Ed è a lei che il Figlio, dall’alto della croce, ci ha affidati, come leggiamo nel Vangelo di Giovanni: «”Donna, ecco tuo figlio”. Poi, rivolto al discepolo: “Ecco tua madre”» (Gv 19,26-27). Maria si prende cura del nostro cammino spirituale. Ci insegna e dire il nostro «sì» di fede alla volontà di Dio, a seguire con fedeltà e amore il Signore, a far sì che Egli possa dimorare sempre più pienamente nel nostro cuore.
Gli Oblati di Maria Vergine, che hanno voluto dedicare a lei il santuario, hanno da sempre un grande amore per la Vergine Maria. Il nostro fondatore, il padre Pio Bruno Lanteri, ci ha trasmesso questo amore per la Madonna. Già dai primissimi anni della sua vita, il Lanteri imparò a vedere nella Vergine Maria sua madre. A lei fu affidato dal padre dopo la morte della propria mamma: «D’ora in poi lei sarà la tua mamma». Aveva solo quattro anni. Più tardi il Lanteri, quando toccò la sessantina, sovente disse agli amici: «Per me non c’è stata altra mamma che la Santissima Vergine Maria e io non ho ricevuto altro che carezze e favori da una Madre così buona».
Gli Oblati di Maria Vergine, fondati dal Lanteri nel 1826, portano nel loro nome questo amore per Maria.
Cosa significa “Oblati”? Il nome Oblati, – dal latino obfero – richiama l’oblazione, cioè l’offerta di se stessi, con la professione religiosa, a Dio Padre, unita al sacrificio che Cristo ha offerto al Padre sulla Croce, attraverso le mani santissime di Maria.
Maria ci guida con tenerezza e decisione a Gesù. È la missione che Cristo sulla croce ha affidato a Maria: «Donna ecco tuo figlio; figlio ecco tua madre» (Gv 19,26-27).
È questa l’esperienza che molti fedeli che vengono al santuario fanno. La Vergine non manca di intercedere per loro presso i Figlio e le grazie divine sono abbondanti.
 Infine il santuario è dedicato alla Vergine “di Fatima”. Tale riferimento è stato voluto. Gli Oblati, infatti, hanno subito compreso che il messaggio di Fatima è profetico ed è ancora fortemente attuale. Vediamo brevemente perché. Anzitutto ricordo che l’ombra luminosa di Fatima copre tutto il XX secolo, il secolo forse più crudele e sanguinario della storia. È in questa situazione tragica che la Vergine Maria comparve a Fatima come una «visione di pace» e una luce di speranza per la Chiesa e il mondo. Colui che maggiormente ha intuito e tradotto la dimensione storico-profetica di Fatima è stato senza dubbio il papa san Giovanni Paolo II, quando, in una memorabile pagina scritta in occasione dell’80° anniversario delle apparizioni, nel 1997, affermò:
«Alle soglie del Terzo Millennio, osservando i segni dei tempi in questo XX secolo, quello di Fatima appare come uno dei più grandi, anche perché annuncia nel suo messaggio molti dei segni successivi e invita a vivere i loro appelli; segni come le due guerre mondiali, ma anche grandi assemblee di Nazioni e di popoli sotto il segno del dialogo e della pace; l’oppressione e le agitazioni vissute da diversi Paesi e popoli, ma anche la voce e le opportunità date a popolazioni e a genti che, nel frattempo, si levarono nell’Arena internazionale; le crisi, le diserzioni e le tante sofferenze dei membri della Chiesa, ma anche un rinnovato e intenso senso di solidarietà e di reciproca dipendenza nel Corpo Mistico di Cristo, che si sta consolidando in tutti i battezzati, conformemente alla loro vocazione e missione; l’allontanamento da Dio e il suo abbandono da parte degli individui e delle società, ma anche un’irruzione dello Spirito di verità nei cuori e nelle comunità fino a giungere all’immolazione e al martirio per salvare l’immagine e la somiglianza di Dio nell’uomo (cf. Gen 1,27), per salvare l’uomo dall’uomo. Fra questi e altri segni dei tempi – come ho detto – risalta Fatima, che ci aiuta a vedere la mano di Dio, guida provvidenziale e Padre paziente e misericordioso anche di questo XX secolo».
Allo stesso modo, papa Benedetto XVI non ha esitato a presentare Fatima come «la più profetica delle apparizioni moderne». La relazione con il contesto storico mondiale, ecclesiale e politico «permette di parlare di Fatima come di un avvenimento nella Chiesa e nel mondo».
A Fatima si è recato papa Francesco per implorare la protezione materna di Maria sul mondo intero. E il 25 marzo 2022 davanti alla statua della Madonna di Fatima, portata per l’occasione dal nostro santuario nella Basilica di San Pietro, il Papa ha consacrato al suo Cuore Immacolato tutta l’umanità, in particolare la Russia e l’Ucraina.
 Descrizione del Santuario
La forma del santuario, pensato come una tenda, richiama ben due realtà: la tenda del convegno, luogo della presenza di Dio, che accompagnava il popolo di Israele nel cammino verso la terra promessa. Dio cammina con il suo popolo!
Inoltre richiama la tenda del prologo di Giovanni: «Il Verbo piantò la sua tenda in mezzo a noi» (Gv 1,14). La carne del Verbo incarnatosi, morto e risorto, è la tenda definitiva dell’Emmanuele, del Dio-con-noi, che ci raggiunge nel nostro presente mediante lo Spirito Santo.
Il matroneo, in forma circolare, leggermente distaccato nei due lati verso l’entrata, nell’intenzione del progettista vuole significare due braccia che accolgono il pellegrino in arrivo. Le braccia materne della Chiesa.
L’entrata del santuario, ampia e accogliente, priva di barriere architettoniche, ci spinge dolcemente verso il centro; lo spazio interno è stato modellato ispirandosi alle esigenze liturgiche, ponendo il presbiterio in modo da sollecitare una partecipazione attiva alle celebrazioni e all’ascolto della Parola.
Sul presbiterio emerge l’altare di marmo bianco che richiama la centralità di Cristo nella nostra vita. In primo piano, sulla destra, il grande crocifisso, di autore ignoto, il cui volto
Sullo sfondo del presbiterio si rimane colpiti dalla bellezza lucente dell’Angelo dell’Eucaristia, tutto dorato, che porge il Tabernacolo all’adorazione dei tre pastorelli di Fatima, Lucia, Francesco e Giacinta, scolpiti in atto contemplativo.
Questo gruppo scultoreo è opera dello scultore milanese Montaguti.
Gli Amboni sono frutto dello scultore Airaldi Giovanni Battista di Genova e scolpiti in bronzo policromo con una ricca simbologia di elementi e denominati uno (quello della proclamazione della Parola) “di San Giovanni Evangelista”, l’altro (quello della sede presidenziale) “dei Sinottici”.
Il Leccio di bronzo, dello stesso artista, posto sul lato sinistro del presbiterio, richiama l’alberello, alto poco più di un metro, su cui si posò la Vergine Maria il 13 maggio 1917. Sull’albero è posta la bella statua della Vergine Maria, come raffigurata a Fatima; tra le mani ha il Rosario, la preghiera che ha chiesto ai tre pastorelli e che oggi chiede anche a noi. Sul tronco dell’albero lo scultore ha messo alcuni simboli che richiamano le apparizioni di Fatima. Vi spicca il sole, con raggi dorati, simbolo della Divina Presenza e che rievoca l’ultima apparizione (13 ottobre 1917) della Vergine Maria a Fatima. Aprendo le mani, la Madonna le fece riflettere sul sole e mentre si elevava, il riflesso della sua luce continuava a proiettarsi sul sole. Ad un tratto la piccola Lucia esclamò: “Guardate il sole! “. E davanti ad una folla di circa 50.000 persone si compì quello che poi fu chiamato “Il miracolo del sole”.
Appare poi una mano in un’aureola di luce, come simbolo della Mano creatrice e provvidente di Dio che guida ciascuno di noi, simbolo della Potenza di Dio che ha operato i prodigiosi eventi di Fatima ed è sempre all’opera nel mondo. Il pellegrino può scorgervi anche la mano materna di Maria che lo accarezza e lo prende per mano.
Infine si stagliano le dolci figuri di tre colombe, simbolo della pace. Come dopo il diluvio una colomba recò un ramoscello d’ulivo, così l’umanità devastata dal peccato, trova in Maria Colei che gli reca un messaggio di pace e di speranza, attraverso gli eventi di Fatima. Le colombe richiamano anche i tre pastorelli, protagonisti di questa meravigliosa storia.
Gli interni sono decorati da colorate e grandi vetrate, progettate da Padre Ugolino, cappuccino, che ha voluto dare una soffusa luminosità policroma all’interno del Santuario.
La vetrata d’ingresso del santuario riporta i segni della passione del Signore: la croce al centro, la tunica gettata in sorte, la corona di spine, il mantello, i chiodi e la tenaglia per la crocifissione, la lancia e la spugna imbevuta di aceto che veniva data ai crocifissi.
Nella parte superiore della vetrata il mosaico di vari colori – che abbiamo anche nelle vetrate delle vele del santuario – richiama la risurrezione del Signore. La vita ha vinto la morte! Non c’è mistero pasquale senza la risurrezione. In questa luce, come avviene nella celebrazione eucaristica, possiamo anche noi unire le nostre sofferenze alla passione del Signore, certi di essere in unione con Lui dalla parte della vita.
La vetrata a sinistra con il classico simbolo “M” richiama la Vergine Maria; in quella di destra leggiamo il classico simbolo JHS – abbreviazione del nome greco di Gesù:᾿Ιησοῦς) -.
La vetrata retrostante l’altare riporta dei simboli eucaristici: i pani e pesci riportato da tutti gli evangelisti (cfr. Mt 14,13-21; Mc 6,30-44; Lc 9,12-17; Gv 6,1-14) e l’uva.
La Via Crucis è stata realizzata dallo scultore Gabriele Jagnocco da Palestrina, che ha voluto esprimere in tutta la sua forza il Mistero Pasquale, centro e culmine della nostra fede.  Sono scolpiti 16 pannelli in alto rilievo, modellati in metallo bianco, iniziando dal Mistero dell’Istituzione dell’Eucaristia e via proseguendo fino all’ultimo pannello che raffigura Gesù Risorto.
 La centralità dell’Eucaristia per la vita cristiana
Ritornando al messaggio di Fatima, vorrei fare alcuni riferimenti.
Il primo ci è dato anzitutto dall’angelo posto sull’altare che tiene in mano il tabernacolo, chiaro riferimento alle apparizioni dell’angelo della pace a Fatima. Ricordo la storia.
Sostanzialmente ignara di quanto stava capitando in Portogallo a questo livello, una bambina di nome Lucia, quando aveva otto anni, tra l’aprile e l’ottobre del 1915, insieme ad altre tre compagne – Maria Justino, Teresa Matias e sua sorella Maria Rosa – vide aleggiare su un alberello, nella località chiamata Cabeço, «una specie di nuvola, più bianca della neve, un po’ trasparente, con forma umana», successivamente riconosciuta come l’apparizione di un angelo. Che però non disse niente.
La stessa apparizione si ripeté qualche tempo dopo mentre Lucia pascolava il gregge con le tre compagne.
Più esplicite invece sono le apparizioni dell’angelo nel 1916, nelle quali Lucia era in compagnia dei cugini Giacinta e Francesco. 1 ˃ Nella primavera del 1916, mentre stavano pascolando le pecore nella zona detta Chousa Velha:
[...] un giovane di 14-15 anni, più bianco della neve, che il sole faceva diventar trasparente come se fosse di cristallo, e d’una grande bellezza. Arrivando presso di noi, disse: -Non abbiate paura! Sono l’Angelo della Pace. Pregate con me. Poi, inginocchiatosi, l’angelo insegnò loro una breve preghiera di adorazione e di richiesta di perdono a favore dei peccatori. Mio Dio! Io credo, adoro, spero e Vi amo! Vi domando perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano, e non Vi amano.
Dopo aver ripetuto la preghiera tre volte, l’angelo aggiunse: «Pregate così. I cuori di Gesù di Maria sono attenti alla voce delle vostre suppliche».
2 ˃ Dopo «lungo tempo», durante l’estate, i tre “pastorelli” videro di nuovo la stessa creatura angelica, presso un pozzo chiamato Arneiro, situato nell’orto dei genitori di Lucia. In quel secondo incontro, l’Angelo della pace anzitutto si presentò loro con un altro titolo, dal sapore biblico-apocalittico e ben noto nella spiritualità popolare portoghese: «Angelo Custode [del Portogallo]» o «Angelo del Portogallo». La creatura angelica raccomandò ai bambini molte preghiere e sacrifici per la pace e per la riparazione dei peccati degli uomini. Così essi cominciarono a farne di continuo, quasi con lo stesso entusiasmo gioioso con cui prima giocavano insieme.
3˃ La terza visione si verificò a ottobre – se non già alla fine di settembre – del 1916. Si trattò di una visione molto più articolata delle precedenti: il medesimo angelo mostrò ai veggenti un calice di vino con un’ostia, da cui stillavano e cadevano nel calice alcune gocce di sangue. La creatura angelica, prostrandosi a terra davanti al calice e all’ostia che rimanevano sospesi in aria, insegnò loro la seguente preghiera eucaristica rivolta alla Trinità:
Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, Vi adoro profondamente e Vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze con cui Egli stesso è offeso. E per i meriti infiniti del Suo Santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei poveri peccatori.
Poi, rialzatosi, prese di nuovo nelle mani il calice e l’ostia, diede a Lucia l’ostia e a Francesco e Giacinta il sangue, dicendo allo stesso tempo: «Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro crimini e consolate il vostro Dio».
In sintesi, l’angelo ha anzitutto posto al centro dell’attenzione dei bambini – e quindi anche della vita di fede – l’Eucaristia: ha dato loro la Comunione e ha insegnato loro l’adorazione eucaristica. In questa prospettiva vorrei fare alcune riflessioni per la nostra vita spirituale.
- Quando riceviamo Gesù nell’Eucaristia dobbiamo sempre ricordarci che la comunione con Lui che ci è offerta non è tra persone sullo stesso piano: riceviamo colui che ci «divinizza». Per questo motivo l’atto di comunicarsi all’Eucaristia è sempre anche adorazione.
In una sua predica ai comunicandi Agostino afferma che «nessuno può comunicarsi, senza prima aver adorato». Teodoro di Mopsuestia, suo contemporaneo che operava in Siria, riferisce che ogni fedele che si comunicava, prima di ricevere il santo dono, pronunciava una parola di adorazione. Particolarmente commovente è quel che ci viene raccontato dai monaci di Cluny intorno all’anno Mille: quando si accostavano alla comunione, si toglievano le calzature. Sapevano che qui c’è il roveto ardente, che qui è presente il mistero davanti al quale Mosè era caduto in ginocchio sulla sabbia. Le forme cambiano, ma ciò che deve rimanere è lo spirito di adorazione, che sono significa vera uscita da noi stessi, comunicandosi, liberandosi da noi stessi e trovare proprio così la comunità umana.
Quali sono i frutti dell’Eucarestia per la nostra vita spirituale? Sono davvero notevoli.
Angela da Foligno afferma nel Libro delle rivelazioni che l’eucaristia giova all’anima in quattro modi: purifica, santifica, conforta [dona la forza dello Spirito Santo] e conserva.
Giovanni Gersone, nel Tractatus super Magnificat, commentando «ha ricolmato di beni gli affamati», elenca dodici frutti. L’eucaristia: restaura (l’immagine divina in noi), sazia (unico cibo che sazia pienamente), diletta, rafforza, accresce le virtù, acquieta i sensi esterni e dà vigore a quelli interni, assoggetta la «carne» (le passioni), disciplina la mente, consente di generare il Verbo, trasforma, costituisce il pegno della gloria futura, unisce (è vincolo di unità).
Secondo Bonaventura i sette effetti principali che l’eucaristia opera nell’anima sono:
a) è il cibo che incorpora a Cristo: «chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» (Gv 6,56);
b) fortifica: il pane sostiene il cuore dell’uomo (cf. Sal 104,15);
c) diletta: dal cielo offristi un pane… capace di procurare ogni delizia (cf. Sap 16,20);
d) serve per accrescere la fede: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete» (Gv 6,35);
e) per sostenere la speranza: «ecco, io sono con voi tutti i giorni, siano alla fine del mondo» (Mt 28,20);
f) per dilatare la carità, perché è il memoriale dell’amore che si è donato a noi e ci invita a donarci a nostra volta con la stessa vita: «fate questo in memoria di me» (Lc 22,19);
g) per la remissione dei peccati veniali e la prevenzione da quelli mortali.
San Bonaventura offre inoltre altre preziose indicazioni, quando scrive: «In questo sacramento c’è la pienezza della consolazione»; esso «sostiene nell’azione ed eleva alla contemplazione».
Infine, il CCC, raccogliendo la ricca tradizione della Chiesa sui frutti dell’eucaristia, ne indica i seguenti: accresce la nostra unione a Cristo (n. 1391); ci separa dal peccato (1393); fortifica la carità che, nella vita di ogni giorno, tende a indebolirsi; la carità così vivificata «cancella i peccati veniali» n. 1394); fa la Chiesa e realizza la sua unità (nn. 1396-1398); impegna nei confronti dei poveri (n. 1397); ci dà il «pegno della gloria futura» (nn. 1402 ss.).
 - Inoltre va ricordata anche l’importanza dell’adorazione eucaristica, raccomandata dalla Chiesa. Il trattenersi in preghiera presso il Signore Gesù, vivo e vero nel Santo Sacramento, matura l’unione con lui: «la contemplazione prolunga la comunione e permette di incontrare durevolmente Cristo, vero Dio e vero uomo, di lasciarsi guardare da lui e di fare esperienza della sua presenza».
Papa Benedetto XVI nell’omelia del 8 giugno 2012 ha ricordato che l’adorazione eucaristica è necessaria per vivere a pieno l’Eucarestia nella Messa perché stare «in silenzio prolungato davanti al Signore presente nel suo Sacramento, è una delle esperienze più autentiche del nostro essere Chiesa, che si accompagna in modo complementare con quella di celebrare l’Eucaristia, ascoltando la Parola di Dio, cantando, accostandosi insieme alla mensa del Pane di vita». Benedetto XVI ha poi spiegato perché «comunione e contemplazione non si possono separare». Si comunica davvero con Gesù come si fa con un’altra persona: «Devo conoscerla, saper stare in silenzio vicino a lei, ascoltarla, guardarla con amore. Il vero amore e la vera amicizia vivono sempre di questa reciprocità di sguardi, di silenzi intensi, eloquenti, pieni di rispetto e di venerazione, così che l’incontro sia vissuto profondamente, in modo personale e non superficiale». Quindi se manca questa dimensione che ritroviamo nell’adorazione Eucaristica, «anche la stessa comunione sacramentale può diventare, da parte nostra, un gesto superficiale. Invece, nella vera comunione, preparata dal colloquio della preghiera e della vita, noi possiamo dire al Signore parole di confidenza».
Tale adorazione, inoltre, in un atteggiamento ricettivo nel quale lasciamo lavare i piedi dal Signore stesso, che è venuto per servire, ci matura anche la coscienza e diviene «scuola di amore attivo verso il prossimo»: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri» (Gv 13,14). L’amore si comprende proprio come partecipazione all’amore: «Non soltanto conosciamo l’amore, ma noi stessi cominciamo ad amare».
 Infine c’è anche il richiamo alla pace, alla penitenza e alla preghiera per la conversione dei peccatori. Invito che è comune con quello della Vergine Maria,
 I richiami della Vergine di Fatima
A Fatima la Vergine Maria apparve in una località chiamata Cova da Iria, nel comune di Ourém in Portogallo. Nelle visioni della Madonna, che vanno dal 13 maggio 1917 al 13 ottobre dello stesso anno, i richiami sono molteplici.
Innanzitutto l’importanza della preghiera, e in particolare la richiesta di recitare ogni giorno il rosario. Ascoltiamo le parole della Vergine:
Fin dalla prima apparizione del 13 maggio 1917 la Vergine chiese ai pastorelli: «Recitate il Rosario tutti i giorni per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra». Chiese anche di fare innumerevoli sacrifici per la conversione dei peccatori.Nella seconda apparizione del 13 giugno la Vergine chiese: «Voglio che veniate qui il 13 del mese prossimo, che diciate il rosario tutti i giorni, che impariate a leggere. Poi vi dirò che cosa voglio».Nella terza apparizione del 13 luglio la Vergine disse: «Voglio che veniate qui il 13 del mese prossimo, che continuiate a recitare tutti i giorni il rosario in onore della Madonna del Rosario per ottenere la pace del mondo e la fine della guerra…». Lucia presenta allora una serie di richieste di conversioni, guarigioni e altre grazie. La Madonna risponde raccomandando sempre la pratica del rosario, con cui otterranno le grazie entro l’anno.
Tra le grazie chieste in questa occasione da Lucia alla Madonna fu la guarigione del figlio paralitico di Maria Carreira. La Madonna rispose che non lo avrebbe guarito e che non lo avrebbe tratto dalla sua povertà, ma che recitasse tutti i giorni il rosario in famiglia e gli avrebbe dato i mezzi per vivere.
Nella quarta apparizione del 15 agosto ribadisce: «Voglio che continuiate ad andare alla Cova da Iria il 13 e che continuiate a recitare il rosario tutti i giorni».Nella quinta apparizione del 13 settembre oltre a chiedere che si continui a recitare il rosario ribadisce anche l’efficacia di tale preghiera: «Continuate a recitare il rosario per ottenere la fine della guerra».Nella sesta e ultima apparizione del 13 ottobre 1917 alla domanda che Lucia pone alla Madonna: «Che cosa vuole da me Vostra Signoria?», la Vergine risponde: «Voglio dirti di fare in questo luogo una cappella in mio onore, che sono la Regina del Rosario, di continuare sempre a recitare il rosario tutti i giorni».
 È chiaro che per la Vergine la preghiera del rosario che insistentemente ci raccomanda è legata una misteriosa efficacia. Che di per sé vale per ogni preghiera in genere, in quanto in essa ci rivolgiamo nella fede a Cristo risorto, unico Mediatore, che intercede per noi presso il Padre. Ma ancor più vale per il rosario, preghiera cristologica, nel quale ci rivolgiamo unitamente a Cristo e, in quanto pienamente associata a Lui nell’opera della salvezza, a Maria, che Gesù ci ha dato come madre dall’alto della croce (cfr. Gv 19). Come per dire che Egli vuole che veniamo a Lui tramite la mediazione di Maria. Di Maria che, tra l’altro, è anche la perfetta discepola che ci guida maternamente ad essere autentici discepoli di suo Figlio.
Nelle visioni, inoltre, Maria ci educa ad allargare lo sguardo sul mondo. Ricordiamo la richiesta di far consacrare la Russia al suo cuore Immacolato:
«Se ascolterete le mie richieste, la Russia si convertirà e avrete la pace; diversamente, diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate».
C’è poi la richiesta di fare sacrifici e preghiere per la conversione dei peccatori, e in seguito, anche per sostenere il Papa.
Proviamo a immaginare la portata di queste richieste della Madonna sui pastorelli di Fatima. Essi, che erano nati in un piccolo villaggio ed erano stati incaricati dai genitori e pascolare le pecore per contribuire così al sostentamento della propria famiglia, quanto conoscevano del mondo esterno? Erano analfabeti. Sapevano che a guidare la Chiesa c’è il Papa? Ne conoscevano il nome? Sapevano cos’era la Russia? Potevano immaginare che cosa avrebbe comportato nel mondo la diffusione degli errori, la persecuzione e le guerre?
Questo sguardo sul mondo ci interpella. Anche noi, infatti, dobbiamo non solo essere “informati” di ciò che accade intorno a noi, ma anche lasciarci interpellare da essi, per discernere ciò che è male e le conseguenze che ne derivano.La Vergine nel messaggio del 13 luglio 1917 è chiara: «La guerra sta per finire, ma se non smetteranno di offendere Dio, nel regno di Pio XI ne comincerà un’altra peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segnale che Dio vi dà del fatto che si appresta a punire il mondo per i suoi delitti, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedire tutto questo, sono venuta a chiedere la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati. Se ascolterete le mie richieste, la Russia si convertirà e avrete pace; diversamente, diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate».
 La Russia di cui parla la Madonna non è solo la Russia intesa come lo stato politico che porta tale nome, ma è simbolo dell’ateismo e del materialismo. In altre parole nelle parole della Madonna la Russia ha un valore simbolico analogo a quello di Babilonia nell’Apocalisse. Di sicuro, ai tempi della stesura del libro sacro, babilonia designava allusivamente Roma, ma non solo: era simbolo di un sistema di vita all’insegna dell’ateismo pratico, diffuso in tante città dell’impero romano. In questo senso la Vergine del rosario ha avvertito che ogniqualvolta gli uomini non si fossero convertiti da sistemi di vita atei - come quello diffuso nello stesso Portogallo dell’epoca -, avrebbero finito per scatenare altre guerre e persecuzioni. Se poi ci rivolgiamo al magistero del Papa, Francesco più volte, sulla stessa linea del monito della Vergine, ha richiamato – come ad esempio nella Laudato si’ sulla cura della casa comune (2015), tema ripreso otto anni dopo, nella Laudate Deum del 4 ottobre 2023, i gravi danni dell’uomo che agisce, senza scrupolo di coscienza, solo per il massimo profitto. «La logica del massimo profitto a minimo costo, mascherata da razionalità, progresso e promesse illusorie, rende impossibile qualsiasi sincera preoccupazione per la casa comune e qualsiasi attenzione per la promozione degli scartati della società» (n. 31).
Per raggiungere i suoi obiettivi l’uomo spesso si serve della tecnica, con la quale crede di poter possedere un potere senza limiti, come se fosse il dominatore del mondo (cfr. n. 22).
Papa Francesco esclama: «Fa venire i brividi rendersi conto che le capacità ampliate dalla tecnologia danno «a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero» (n. 23).
Di fronte a tutto ciò – a questa Babilonia e Russia contemporanea – il cristiano non può non sentirsi interpellato a fare la sua parte per contrastare questo stile di vita con la preghiera e con la propria testimonianza.
- Inoltre allargare lo sguardo sul mondo vuol dire anche avere a cuore gli uomini e le donne che soffrono le ingiustizie, le guerre, le sofferenze. Pregare e agire per la pace, per la giustizia.
Papa Francesco ci ricorda continuamente i drammi di tanti popoli, nei quali le persone continuano a morire di fame, soffrono per la guerra, sono costrette a lasciare il proprio paese per motivi di ingiustizie, povertà, sofferenze; si ricordi anche la tratta delle persone, coloro ai quali sono negati i diritti umani più elementari, lo scarto dei diversamente abili, la violenza verso le donne, la violenza digitale, ecc. Non possiamo essere indifferenti di fronte a ciò. Non possiamo solo stare a guardare.
 - Ed infine lo sguardo sui peccatori. L’intervento della Madonna ha enormemente dilatato il cuore dei pastorelli, tanto è vero che subito cominciarono a fare penitenze e preghiere (recita frequente del rosario, partecipazione alla Santa Messa anche feriale, insistente ripetizione delle invocazioni apprese dall’angelo e dalla Madonna) per i peccatori, per la fine della guerra e per il Santo Padre.
La visione dell’inferno, inoltre, nella quale la Madonna ha indicato che c’è la possibilità degli uomini di fallire per l’eternità la propria vita, ha ulteriormente rafforzato le motivazioni dei pastorelli. Pregare per i peccatori affinché non falliscano la loro vita significa anche vedere in essi non dei nemici, ma dei fratelli che sbagliano, facendo del male a se stessi e agli altri. Perché Dio non ha nemici, ma solo figli che vuole salvare elevandoli alla vita divina in Cristo. Non per nulla Gesù ci dice: «Amate i vostri nemici… pregate per coloro che vi perseguitano. Facendo così, diventerete veri figli di Dio, di vostro Padre, che è in cielo. Perché egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere per quelli che fanno il bene e per quelli che fanno il male» (Lc 6,44-45).
 In sintesi il richiamo di Maria ad uno sguardo sul mio mondo deve portarmi - come chiarisce papa Francesco nella Fratelli tutti – alla consapevolezza che io per primo sono chiamato, come ha fatto il samaritano che si è preso cura dell’uomo ferito (cfr. Lc 10,25-37), a farmi carico del fratello (cfr. n. 77). Come ha fatto il samaritano, che figura di Gesù. Nella preghiera, in relazione con Lui, come fece il discepolo amato, che reclinando la testa sul suo petto (cfr. Gv 13,25) ha “ascoltato” il suo cuore, così anch’io posso “ascoltare” il suo cuore, lasciarmi rivestire dai suoi desideri e sentimenti (cfr. Col 3,12-17).
Azione e preghiera. Se nei rapporti personali, nella carità e, per chi è chiamato all’impegno politico che è una forma alta di carità, posso raggiungere un numero limitato di persone, nella preghiera potenzialmente posso raggiungere tutti, allargando il cuore con il desiderio di intercedere per tutti, specialmente per i più lontani da Dio, di invocare la giustizia e la pace.
 Altro contenuto fondamentale di Fatima è la Misericordia di Dio. Essa è la chiave interpretativa dello stile “teologico” di Fatima. Il volto di Dio che emerge da Fatima, infatti, non è quello del Dio giudice che avrebbe riempito di malvagi l’inferno come raccontano i tre bambini, quanto il volto del Dio patiens, cioè paziente e compassionevole. Anche se è vero che la Madonna parla di «offesa» recata a Dio dai peccatori e ha mostrato la possibilità della condanna eterna nella visione dell’inferno, bisogna ricordare che queste visioni sono degli ammonimenti per la conversione. Dio spera nella conversione dei peccatori, spera in un mondo più giusto. E per questo, anche attraverso la Madonna, richiama alla conversione. In altre parole le visioni di Fatima sono paragonabili ai richiami severi che i genitori rivolgono a fin di bene ai figli quando sbagliano. Passando dalla considerazione delle visioni di Fatima in quanto tali alla loro comparazione con quelle bibliche, va anzitutto precisato che anche le numerose visioni e profezie di minaccia della sacra Scrittura presentano solo in apparenza la concezione di un Dio giusto retribuitore o – peggio – vendicatore. In realtà, sono animate da un intento pedagogico: dissuadere gli uomini da comportamenti peccaminosi che scatenerebbero su loro stessi – e non solo su altri – conseguenze distruttive. L’espediente pedagogico di rimprovero e di minaccia del castigo è finalizzato unicamente al ravvedimento dal male e dalle sue conseguenze. In effetti, «il peccato, quand’è consumato, produce la morte» (Gc 1,25), o, in ogni caso, causa sempre sofferenze di diverso tipo – fisiche, psichiche, morali, individuali o collettive –, che s’abbattono non solo su altre persone, ma anche su chi lo ha commesso, e chi non si converte ma persegue nella via del male la prospettiva del fallimento finale, cioè della «seconda morte» (cfr. Ap 2,11; 20,6.14; 21,8) o della «dannazione eterna» è reale. Dio spera sempre che con la preghiera dei giusti gli uomini si possano ravvedere e convertire; spera che il corso della storia possa cambiare rispetto alle conseguenze inevitabili per i singoli e per l’umanità di chi persevera nel male. Dio è ben felice che le “minacce di castigo” non si realizzino! Anche la terribile figura dell’angelo dalla spada di fuoco nella visione del 13 luglio, nella quale Giacinta e Lucia avevano sentito ripetere: «Penitenza, penitenza, penitenza», va interpretata in tale modo, ossia conferma che l’intento principale della visione fosse di esortare vigorosamente a convertirsi e a credere al vangelo, consacrandosi al cuore immacolato di Maria.
In questo santuario i numerosi confessionali sono il luogo nel quale il peccatore può fare esperienza della Misericordia divina. Lì sperimenta di sentirsi amato senza meriti da un Dio che lo ha amato per primo e che gli dona la grazia di ricominciare la propria vita nel segno della verità e dell’amore.
 Ed infine i sacrifici. Non ovviamente per placare l’ira di un Dio «offeso», ma sacrifici fatti per amore, accettando anche con fede le privazioni e le sofferenze fisiche e spirituali della vita allo scopo di intercedere per la salvezza degli altri. Così, ad esempio, Giacinta, colpita dalla “spagnola” già dalla fine del 1918, raccomandò a Francesco, che stava per morire per la stessa malattia, di assicurare al Signore e alla Madonna che anche lei avrebbe sofferto qualsiasi cosa per la conversione dei peccatori. Per amore del Signore e per partecipare ai suoi patimenti per i peccatori, Giacinta fece di sé un «sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1).
Francesco aveva iniziato già da diversi mesi ad affrontare nello stesso modo i patimenti che l’avrebbero portato alla morte. Inoltre, a Lucia, che andò talvolta a farle visita all’ospedale di Vila Nova de Ourém, Giacinta spiegò che le piaceva soffrire per amore del Signore e della Madonna, per consolare il cuore immacolato di Maria e per convertire i peccatori.
In fondo, tutti e tre i veggenti, ben lontani dall’amare la sofferenza in quanto sofferenza, erano convinti che il Signore, accogliendo l’amore che animava questi loro atti di sacrificio davvero “eroici”, lo utilizzasse misteriosamente per salvare il mondo e specialmente per attrarre a sé chi non l’amava. Giovanni Paolo II, giunto in pellegrinaggio a Fatima, il 12 maggio 1982, tenne a sottolineare la dimensione genuinamente evangelica di questa profonda spiritualità oblativa e invitò l’episcopato portoghese e i fedeli radunatisi davanti alla Cappella delle Apparizioni a viverla nell’eucaristia e nell’esistenza: Viviamo in pieno sin da ora, nell’Eucaristia, questo nostro pellegrinaggio, offrendoci a Dio, tramite il Cuore Immacolato di Maria, in azione di grazie e in disponibilità; offriamo i nostri sacrifici in unione con Cristo redentore e, con l’animo in preghiera di espiazione e propiziazione, ripetiamo: Signore «Gesù, è per il vostro amore, in riparazione dei peccati e per la conversione dei peccatori» (terza apparizione – luglio 1917)
 Ecco perché al centro della vita del Santuario non ci può che essere la celebrazione Eucaristica.
 Le Suore Oblate di Maria Vergine di Fatima
A San Vittorino nel 1978 sono sorte le Suore Oblate di Maria Vergine di Fatima che collaborano con gli Oblati in tutte le attività legate alla vita del santuario. È significativo che proprio il giorno della consacrazione del Santuario, il 13 maggio 1979 c’è stata anche la prima professione religiosa delle Oblate. Due istituti, dunque, che collaborano per la stessa finalità pastorale: aiutare i fedeli ad accogliere in maniera libera e cosciente il Mistero della salvezza guardando a Colei che, associata in modo unico all’opera della redenzione del Figlio, ci guida nel cammino di fede con tenerezza di madre.
 
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