Segreteria del Santuario

Segreteria del Santuario

Luogo: Cova da Iria,

Data: 13 ottobre 1917

Persone presenti: tra 50000 e 70000

«- Cosa vuole da me?
- Voglio dirti che facciano qui una cappella in Mio onore; che sono la Madonna del Rosario; che continuino sempre a dire il rosario tutti i giorni. La guerra finirà [a breve] e i soldati torneranno presto alle loro case.
- Io avrei molte cose da chiederLe: se cura dei malati e se converte alcuni peccatori, ecc.
- Alcuni, sì; altri, no. Devono emendarsi; chiedano perdono dei loro peccati.
E prendendo un aspetto più triste:
- Non offendano più Dio Nostro Signore, che è già molto offeso. {Se il popolo si corregge finisce la guerra, altrimenti, se non si corregge, finisce il mondo.}
[- Desidera ancora qualche cosa da me?
- No non voglio più niente].
E aprendo le mani, le fece riflettere nel sole; e mentre si elevava, il riflesso della Sua stessa luce continuava a proiettarsi nel sole.
[...]
Sparita la Madonna nell’immensa distanza del firmamento vedemmo, accanto al sole, S. Giuseppe col Bambino e la Madonna, vestita di bianco, con un manto azzurro. San Giuseppe e il Bambino sembravano benedire il mondo, con alcuni gesti in forma di croce tracciati con la mano. Poco dopo, svanita quest’apparizione, vidi il Signore e la Madonna, che mi pareva la Madonna Addolorata. Il Signore sembrava benedire il mondo, nello stesso modo di S. Giuseppe. Sparì questa visione, e mi parve di veder di nuovo la Madonna, con aspetto simile alla Madonna del Carmine.»

Memorie di Suor Lucia, p. 177 (IV Memoria); la sezione entro le parentesi quadre fa parte dell’interrogatorio del parroco, del 16 ottobre 1917, in Documentação Crítica de Fátima. I, p. 24 e la sezione entro le parentesi graffe dell’interrogatorio del Dr. Formigão, in Documentação Crítica de Fátima. I, p. 142.

Ore 21.00 Narrativa dell'Apparzione
Fiaccolata mariana per le vie del Borgo di San Vittorino
Santa Messa

Le suore Oblate di Maria Vergine di Fatima con gioia annunciano la Professione perpetua di suor Valentina Azzone.

La celebrazione avraà luogo presso il Santuario N.S. di Fatima - San Vittorino il 13 Ottobre alle ore 10.30 
Presiede la Celebrazione S.E.mons. Pietro Fragnelli Vescovo di Trapani

La professione perpetua è segno dell'unione indissolubile di Cristo con la Chiesa sua sposa. Si l'importanza vitale di questo momento, chiedendo a Dio la grazia della perseveranza sino alla fine.

Il Valore della Professione Perpetua Religiosa

La professione perpetua è uno dei momenti più significativi e solenni nella vita di una religiosa. Essa rappresenta la consacrazione definitiva della propria vita a Dio, attraverso la Chiesa, in una scelta libera e consapevole che abbraccia tutta l'esistenza. Questo impegno, vissuto in comunione con Cristo e la Chiesa, incarna l’unione indissolubile con Cristo, lo Sposo della Chiesa, e porta con sé una serie di valori spirituali, ecclesiali e personali di grande importanza.

Unione con Cristo e la Chiesa

La professione perpetua è, innanzitutto, un segno tangibile e potente dell'unione indissolubile tra Cristo e la sua Chiesa. Attraverso i voti di povertà, castità e obbedienza, la religiosa si configura sempre più a Cristo, il quale ha vissuto pienamente queste virtù. La scelta di vivere per sempre in castità testimonia un amore esclusivo e totale per Dio, un cuore indiviso che si dona completamente a Lui. La povertà, intesa non solo come distacco dai beni materiali ma come totale affidamento alla Provvidenza divina, richiama la scelta di Cristo di vivere in povertà per annunciare il Regno di Dio. Infine, l’obbedienza diventa un atto di fiducia, imitazione e comunione con Cristo che ha obbedito fino alla morte di croce.

Attraverso questi voti, la religiosa non si isola dal mondo, ma al contrario, si fa più vicina a Dio per servire la Chiesa e il mondo stesso. La sua vita consacrata è una testimonianza vivente della presenza di Dio, un segno visibile della realtà del Regno di Dio già presente e operante nel mondo.

La Grazia della Perseveranza

Ogni anno, le suore rinnovano i loro voti, chiedendo a Dio la grazia della perseveranza fino alla fine. La perseveranza è una grazia indispensabile per coloro che hanno scelto di dedicare tutta la loro vita a Dio. È un dono che non può essere raggiunto solo con le proprie forze umane, ma richiede un costante abbandono fiducioso alla grazia divina. In un mondo in continuo cambiamento, dove l’impegno a lungo termine è spesso visto con scetticismo, la fedeltà alla professione perpetua rappresenta un segno profetico della stabilità e della verità del legame con Dio.

Il rinnovo annuale dei voti diventa un’occasione preziosa per rivivere con freschezza e profondità il significato della consacrazione, ricordando che la vocazione religiosa è un cammino che richiede una continua conversione del cuore. Questo atto è anche un invito a riflettere sulla propria vita di fede, chiedendo a Dio la forza di rimanere fedeli fino alla fine.

Il Significato Ecclesiale

La professione perpetua non riguarda solo la persona che la pronuncia, ma coinvolge tutta la comunità ecclesiale. La Chiesa, attraverso la consacrazione religiosa, riconosce la chiamata di Dio nella vita di quella persona e l'accoglie come segno di speranza e di testimonianza per tutti i fedeli. Le religiose, infatti, con la loro vita dedicata, diventano un segno luminoso della santità alla quale tutti i cristiani sono chiamati, ciascuno secondo la propria vocazione.

La comunità religiosa e quella ecclesiale sono chiamate a sostenere e accompagnare coloro che hanno compiuto questa scelta, affinché possano vivere la loro vocazione con gioia e fedeltà. Le suore consacrate sono una benedizione per la Chiesa e un modello di vita cristiana vissuta radicalmente.

Una Vita Donata a Dio per il Bene del Mondo

La professione perpetua non è una rinuncia fine a sé stessa, ma un dono totale a Dio per il bene del mondo. La vita delle religiose, vissuta in preghiera, servizio e sacrificio, è un contributo inestimabile alla missione della Chiesa. Attraverso il loro servizio negli ospedali, nelle scuole, nelle missioni o nella cura dei più deboli e sofferenti, esse testimoniano la carità di Cristo in modo concreto e quotidiano.

In un mondo dove spesso il valore della vita è misurato in base a criteri di utilità o successo, la professione perpetua richiama con forza la verità profonda che la vita trova il suo senso più alto nell’amore e nella donazione agli altri.

Conclusione

La professione perpetua religiosa è un atto di grande valore spirituale ed ecclesiale. Essa rappresenta la fedeltà di Dio e la risposta dell'uomo a questa fedeltà, un cammino di santità che diventa segno di speranza per tutta la Chiesa e il mondo. Le suore, con il loro impegno quotidiano, ricordano a tutti che l’amore di Dio è fedele e che, attraverso la sua grazia, è possibile perseverare nel bene fino alla fine.

 

..Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue.1Cor 12,12-14.27-31a

La vocazione non è soltanto una missione o un compito da adempiere nella vita; è innanzitutto una questione di identità. Prima di diventare un impegno verso Dio o una particolare missione, la vocazione è la scoperta e l'accettazione della propria autentica identità. È un percorso interiore che guida ogni persona verso la realizzazione di chi è veramente chiamata a essere. La vocazione religiosa, in particolare, rappresenta un percorso di vita dedicato alla fede, alla preghiera e al servizio degli altri. È una chiamata divina che invita gli individui a consacrare la propria vita a Dio e alla comunità. E' un dono prezioso che arricchisce la Chiesa e la società. Coloro che rispondono a questa chiamata dedicano la loro vita a servire Dio e gli altri, vivendo secondo i valori del Vangelo e testimoniando l’amore di Cristo nel mondo, percorrendo un cammino di fede, sacrificio e gioia, che porta a una profonda realizzazione spirituale e umana. Essa non è semplicemente una scelta di vita, ma una risposta a una chiamata interiore percepita come proveniente da Dio. Questa chiamata può manifestarsi in vari modi, attraverso momenti di preghiera, riflessione personale o esperienze di vita che portano a una profonda consapevolezza della propria missione spirituale. In realtà tutti i battezzati sono chiamati ad una vita di fede; se poi è vero che nella vita religiosa c'è uno spazio più ampio per la preghiera, nondimeno anche un battezzato non può fare un cammino spirituale senza la preghiera. Ciò che differenzia il religioso da un laico sono i consigli evangelici, la vita fraterna in comunità. I voti rappresentano un impegno totale e radicale a vivere secondo gli insegnamenti di Cristo, rinunciando ai beni materiali, vivendo in purezza di cuore e mente, e obbedendo alla volontà di Dio e della comunità religiosa.
In questo senso, la vocazione non è qualcosa che si acquisisce esternamente, ma è una rivelazione di ciò che già esiste dentro di noi. È una chiamata a vivere in modo autentico, a essere fedeli alla propria natura più profonda e alle inclinazioni che Dio ha posto nel cuore di ciascuno. In altre parole, la vocazione è la risposta alla domanda: "Chi sono io davvero?" e implica una scoperta del proprio scopo intrinseco e del modo in cui si è stati creati per esprimere la propria unicità.
Da qui emerge il ruolo fondamentale del discernimento. Il discernimento vocazionale è un processo cruciale per chi sente la chiamata alla vita religiosa. Questo percorso include momenti di preghiera, consulenza spirituale e, spesso, un periodo di formazione in un seminario o in una comunità religiosa. Durante questo tempo, l’individuo esplora la propria fede, i propri valori e la propria capacità di vivere secondo i voti religiosi. In definitiva la vocazione è una chiamata interiore che spinge la persona a vivere in armonia con il proprio vero io. Quando si risponde a questa chiamata, si entra in una dimensione di autenticità e realizzazione. Per molte persone, questa risposta implica un impegno verso una particolare missione nella vita, che può includere la consacrazione religiosa nelle sue varie forme, il lavoro nel mondo o una vita dedicata alla famiglia o alla comunità. In ogni caso, la vocazione vera è quella che risuona con il cuore e l’anima della persona, portandola a vivere in modo pieno e soddisfacente. Quando una persona trova e accetta la propria vocazione, sperimenta un senso di pienezza e realizzazione che trascende le mere conquiste materiali o sociali. Ogni vocazione realizzata infonde significato e direzione alla vita quotidiana, guidando le scelte e le azioni verso un obiettivo più grande. Inoltre, vivere secondo la propria vocazione porta a una maggiore armonia interiore e a una relazione più profonda con gli altri e con Dio. In sintesi, la vocazione è un cammino di scoperta e realizzazione della propria identità autentica. È una chiamata a essere chi si è veramente destinati a essere, piuttosto che a perseguire obiettivi esterni o conformarsi alle aspettative altrui.
Rispondere a questa chiamata significa vivere in modo vero e pieno, allineando la propria vita con il senso più profondo e la missione che Dio ha posto nel cuore di ciascuno. La vocazione è allora un dono di Dio che diventa “mistero” inteso nel senso cristiano. Infatti, la vocazione è un mistero di fede e di amore di Dio. Ogni vocazione è un atto unico e irripetibile dell’amore di Dio, che incontra la persona per rivelarsi personalmente, rispettando sempre la libertà dell’uomo (Missionari Monfortani).
La vita, in quanto prima grande chiamata, è un dono prezioso che il Signore ci offre per realizzare noi stessi. Ogni chiamata esige una risposta, perché è attraverso questa risposta che si può raggiungere il vero potenziale dell’individuo e contribuire in modo significativo alla società. Rispondere a una chiamata non è semplicemente una decisione, ma un processo di scoperta e realizzazione di sé. È un impegno che richiede coraggio, riflessione e dedizione, e porta a una vita più autentica e soddisfacente. Pertanto, la risposta a una chiamata è fondamentale non solo per il benessere personale, ma anche per il bene comune.

«Il Signore continua oggi a chiamare a seguirlo. Non dobbiamo aspettare di essere perfetti per rispondere al nostro generoso “eccomi”, né spaventarci dei nostri limiti e dei nostri peccati, ma accogliere con cuore aperto la voce del Signore. Ascoltarla, discernere la nostra missione personale nella Chiesa e nel mondo, e infine viverla nell’oggi che Dio ci dona» (Messaggio di Papa Francesco per la 55ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni).

E.V.O.

Cosa sono?
E' l'esperienza e il cammino degli esercizi spirituali Ignaziani inseriti nella Vita ordinaria.
Utilizza le piccole e grandi cose dell'esistenza giornaliera per educare "il cuore" e la fede, per aprirsi all'azione dello Spirito, per imparare l'amicizia con il Signore e approfondirla. La preghiera si fa vita e la vita nutre la preghiera. 

Dove portano?
All'esperienza vissuta di una relazione personale, intima col Signore, che si approfondisce sul filo dei giorni.

Ad una fede attenta che scopre la presenza discreta e meravigliosa di Dio nel quotidiano.

Ad una conversione del cuore che saprà vedere la realtà in modo nuovo;coè con l'occhio e il cuore di Dio.

ad un servizio più cosciente nella Chiesa e nel mondo.

PER CHI SONO?

Per tutte le persone che desiderano approfondire la propria vita spirituale e vogliono impegnarsi in questo cammino interiore esigente, con disponibilità e generosità.

Condizioni per partecipare

Sentire il desiderio dell'amicizia con il Signore.

Essere desiderosi di nutrire una riflessione interiore.

Avere la decisione e la costanza di trovare un tempo quotidiano di sosta per la meditazione e la preghiera, ove la realtà quotidiana diventa luogo di incontro con il Signore.

METODO

Un incontro mensile di gruppo mensile di gruppo per  i temi di preghiera e riflessione.

Riflessione e preghiera personale e quotidiana a casa propria.

Colloquio personale mensile di verifica e accompagnamento con una guida E:V:O

DURATA

Si prevede un cammino di due anni (E.V.O. 1 - E.V.O. 2) - In presenza e On Line -

Primo incontro di presentazione - SABATO 12 OTTOBRE ORE 16,00 PRESSO IL SANTUARIO N.S. DI FATIMA  VIA  DI PONTE TERRA 8 - 00132 ROMA - Sono aperte le iscrizioni -

PER ULTERIORI INFORMAZIONI

06 2266016 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www. casalanteri.it - 

Santissimo Nome di Maria 

Beatrice, un'infermiera del Bambino Gesù di Roma, partirà per un'esperienza missionaria in Sri Lanka. Si fermerà tre settimane e offrirà la sua competenza perché è già stata anche in Cambogia dove ha tenuto dei corsi per addestrare gli infermieri. Beatrice riceverà il "mandato missionario" il 12 settembre alle ore 18.00 a San Vittorino, festa del Nome di Maria e festa titolare dei padri Oblati. Celebrerà la messa del mandato padre Luis, Rettore degli omv. Le verranno consegnati come simbolo la croce, il vangelo e il rosario. Al termine della celebrazione. Accompagniamo con la preghiera Beatrice nel cammino di preparazione e poi nell'esperienza. Missione,  Maria e giovani sono legati e sono vincenti!

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Giornata Lanteriana  15 Settembre 

13 Settembre 1917
«- Continuate a recitare il rosario alla Madonna del Rosario, tutti i giorni, [che Lei attenuerà la guerra] per ottenere la fine della guerra, [che la guerra sta per terminare]. In ottobre verrà anche il Signore, la Madonna Addolorata, la Madonna del Carmine, S. Giuseppe col Bambino Gesù, per benedire il Mondo. Dio è contento dei vostri sacrifici, ma non vuole che dormiate con la corda. Portatela soltanto di giorno.
- Mi hanno pregato di chiederLe molte cose: la guarigione di alcuni malati, d’un sordomuto.
- Sì, qualcuno lo guarirò. Altri, no, [perché Nostro Signore non crede in loro]. In ottobre farò il miracolo, affinché tutti credano. 
[- Il popolo desiderava molto aver qui una cappellina.
- [Con] metà del denaro raccolto fino ad oggi facciano due portantine per donarle alla Signora del Rosario; l’altra metà sia per la cappellina.
Le offrii due lettere e un contenitore di vetro con acqua di colonia.
- Mi hanno dato questo, se Lei lo vuole.
- Questo non serve là in Cielo.]» - Dalle memorie di sr Lucia

Ore 21,00 - Narrativa dell' Apparizione
Processione mariana con i flambeaux
Santa Messa

"Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole." Questo versetto ci invita a riflettere sul significato e l'essenza della preghiera, e su come essa debba essere vissuta e praticata nel nostro cammino di fede.”

Per comprendere pienamente il significato di Matteo 6:7, è essenziale collocarlo nel suo contesto. Questo versetto fa parte del discorso della Montagna (Matteo 5-7), un insieme di insegnamenti fondamentali di Gesù. In questo discorso, Gesù fornisce indicazioni su vari aspetti della vita morale e spirituale. Nel capitolo 6, Gesù affronta la questione della preghiera, dell'elemosina e del digiuno, esortando i suoi seguaci a vivere questi atti in modo sincero e autentico.

Il Significato delle "Parole Sprecate"

Gesù critica l'uso di "parole sprecate" nella preghiera, un riferimento alle pratiche dei pagani del tempo, che spesso utilizzavano lunghe e ripetitive formule nella convinzione che la quantità di parole potesse influenzare le divinità a esaudire le loro richieste. Questo modo di pregare si basa sull'idea che la persuasione o la coercizione possano forzare l'ascolto divino. La critica di Gesù non è diretta alla lunghezza o alla ripetizione delle preghiere in sé, ma piuttosto alla loro motivazione e alla mancanza di sincerità. Gesù incoraggia una preghiera che sia un vero dialogo con Dio, sincero e genuino, piuttosto che una mera formalità o un tentativo di manipolare Dio con la quantità delle parole. Il Maestro ci ricorda che è proprio la sincerità del cuore che fa arrivare la nostra preghiera a Dio. Non servono le parole pronunciate come automi, senza amore. A volte basta poco, un pensiero, un gesto, uno sguardo per raggiungere il cuore di Dio. D’altronde Lui sa già ciò di cui abbiamo bisogno ancora prima che glielo chiediamo. 

L’Essenza della Preghiera Cristiana, secondo Gesù, deve essere un'espressione autentica del cuore. Non è la quantità di parole che importa, ma la qualità della relazione con Dio. Questo è ulteriormente chiarito dal Padre Nostro, che segue immediatamente questo versetto (Matteo 6:9-13). Il Padre Nostro è una preghiera concisa ma ricca di significato, che riconosce la santità di Dio, il Suo regno, la Sua volontà, e include richieste per i bisogni quotidiani e il perdono dei peccati.

La preghiera è dunque un atto di fede e di fiducia in Dio, un modo per avvicinarsi a Lui con umiltà e sincerità, riconoscendo la Sua sovranità e la Sua misericordia.

Cosa possiamo imparare e come possiamo applicare questo insegnamento oggi? Nella nostra vita frenetica e spesso superficiale, possiamo cadere nella trappola di utilizzare la preghiera come un rito formale o una lista di richieste. Matteo 6:7 ci invita a riconsiderare il nostro approccio alla preghiera. Dobbiamo cercare di: Essere Autentici: Parlare con Dio in modo sincero, condividendo i nostri veri sentimenti e pensieri. 
-Evitare la Superficialità: Non usare la preghiera come una routine senza significato o un mero ripetere formule.
_Ascoltare: La preghiera non è solo parlare, ma anche ascoltare la voce di Dio, permettendoGli di guidarci e ispirarci.
_Affidarsi alla Grazia: Riconoscere che non è attraverso i nostri sforzi o la nostra eloquenza che Dio risponde alle preghiere, ma attraverso la Sua grazia e il Suo amore per noi.

In conclusione, Matteo ci offre una visione profondamente spirituale e personale della preghiera. Gesù ci esorta a evitare le formalità vuote e a entrare in una relazione più profonda e sincera con Dio attraverso la preghiera. Ed è nel silenzio che riusciamo a sentire “..quel mormorio di vento leggero” (1Re19,9-11).

Il silenzio è prezioso perché ci permette di trovare la pace interiore, di riflettere sulle nostre emozioni e sui nostri pensieri, favorendo un legame con il nostro Io più profondo. Sia davvero per tutti di aiuto prendere a cuore questo insegnamento, cercando di pregare in modo che tutto il nostro essere rifletta veramente la nostra fede e il nostro amore per Dio. Inoltre, il silenzio favorisce la concentrazione e la creatività, offrendoci la possibilità di ascoltare attentamente gli altri e di apprezzare la bellezza del mondo che ci circonda.".

Ma il silenzio è molto di più. È mitezza quando non rispondiamo alle offese e lasciamo a Dio la difesa del nostro onore. È misericordia quando perdoniamo senza indagare nel passato e intercediamo nell’intimo. È pazienza quando soffriamo senza lamentarci e attendiamo che il seme germogli lentamente. È umiltà quando lasciamo emergere i fratelli e celi nel riserbo i doni di Dio. È fede quando tacciamo perché è Lui che agisce e rinunciamo ai suoni del mondo per stare alla Sua presenza. È adorazione quando abbracciamo la Croce senza chiedere "Perché?" (La Parola.it)

In questo mondo frenetico, il silenzio ci offre un rifugio, un’oasi di calma in cui possiamo ritrovare noi stessi e ascoltare la voce interiore. È un tesoro prezioso da custodire, un dono che ci permette di crescere e di scoprire la bellezza nascosta nel silenzio stesso. Quindi, concediamoci momenti di quiete, immergendoci nel silenzio e scoprendo la sua preziosità.

..Viveva un monaco di nome Frate Silenzio. Era noto per la sua profonda contemplazione e la sua capacità di ascoltare il mondo senza mai pronunciare una parola. Le persone venivano da ogni parte per cercare la sua saggezza e il suo consiglio.

Un giorno, un giovane studioso giunse al monastero. Aveva letto molti libri e conosceva molte parole, ma sentiva che gli mancava qualcosa. Si avvicinò a Frate Silenzio e gli chiese: “Maestro, come posso trovare la verità?”

Frate Silenzio lo guardò negli occhi e non disse nulla. Poi si alzò e lo condusse fuori dal monastero. Camminarono insieme attraverso i boschi, i campi e le montagne. Il giovane studioso era confuso, ma seguì il monaco senza fare domande.

Arrivarono a un lago circondato da alte montagne. Frate Silenzio si sedette sulla riva e invitò il giovane studioso a fare altrettanto. Poi prese una pietra liscia e la gettò nell’acqua. Le onde si espansero, creando cerchi concentrici che si allontanavano dal punto di impatto.

“Guarda l’acqua”, disse Frate Silenzio. “Cosa vedi?”

Il giovane studioso osservò attentamente. “Vedo i cerchi che si espandono”, rispose.

Frate Silenzio annuì. “Ora ascolta”, disse. “Ascolta il silenzio tra i cerchi.”

Il giovane studioso chiuse gli occhi e ascoltò. Era un silenzio diverso da quello che aveva mai sperimentato prima. Era calmo, profondo e pieno di significato. In quel momento, capì che la verità non si trovava solo nelle parole, ma anche nel silenzio.

Da quel giorno, il giovane studioso imparò a meditare e a cercare la verità nel silenzio. Frate Silenzio divenne il suo maestro, e insieme trascorsero molti anni in contemplazione e ascolto. Il giovane studioso scrisse libri sulla bellezza del silenzio e insegnò ai suoi discepoli che, a volte, le risposte più profonde si trovano nel silenzio stesso.

I tre pastorelli furono sequestrati e tenuti per tre giorni sotto la vigilanza dell’Amministratore di Ourém che a tutti i costi — ed invano — desiderava strappare loro il segreto confidato dalla Vergine, e perciò non poterono recarsi alla Cova da Iria il giorno 13 agosto quando doveva avvenire la quarta apparizione della Madonna.
​Secondo la testimonianza delle numerose persone che erano accorse sul luogo, poco dopo mezzogiorno si udì un tuono, più o meno come le altre volte, al quale seguì il lampo e, subito dopo, tutti cominciarono a notare una piccola nuvola, molto lieve, molto bianca e molto graziosa, che si fermò alcuni minuti sul leccio, salendo poi verso il Cielo e scomparendo nell’aria. I volti dei presenti brillavano con tutti i colori dell’arcobaleno; gli alberi sembravano senza rami né foglie, ma coperti soltanto di fiori; anche il suolo e le vesti delle persone erano del colore dell’arco celeste. Sembrava che la Madonna fosse venuta, ma non avesse incontrato i pastorelli.
Così racconta Suor Lucia la quarta apparizione:
​“Andando con le pecore, in compagnia di Francesco e suo fratello Giovanni, in un luogo chiamato Valinhos, e sentendo che qualcosa di soprannaturale si avvicinava e ci avvolgeva, sospettando che Nostra Signora venisse ad apparirci e temendo che Giacinta non la vedesse, chiedemmo a suo fratello Giovanni di andarla a chiamare.
​Intanto, vidi con Francesco il riflesso della luce, che noi chiamavamo lampo, e quando arrivò Giacinta dopo un istante, vedemmo la Madonna sopra un leccio.
​— Cosa vuole da me Vostra Signoria?
​— Voglio che continuiate ad andare alla Cova da Iria il giorno 13 e che continuiate a pregare il Rosario tutti i giorni. Nell’ultimo mese farò un miracolo perché tutti credano.
​— Che cosa vuole Vostra Signoria che si faccia del denaro che la gente lascia alla Cova da Iria?
​— Fate due portantine: una la porterai tu con Giacinta ed altre due bambine vestite di bianco; l’altra, la porterà Francesco con altri tre ragazzi. Il denaro delle portantine è per la festa di Nostra Signora del Rosario e quello che avanzerà sarà per una cappella che devono far fare.
​— Volevo chiedere di guarire alcuni ammalati.
​— Sì, ne guarirò qualcuno durante l’anno.
​Ed assumendo un aspetto più triste, (aggiunse): “Pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all’Inferno non avendo chi si sacrifichi e preghi per loro”.

​Dopo aver detto queste parole, la Madonna si diresse, come le volte precedenti, verso oriente.

Ore 21,00 Narrativa dell'Apparizione
Processione Mariana con i flambeaux segue Santa Messa presieduta da Padre Vincenzo Voccia omv

04 Luglio 2024

Settimana Lanteriana

Dal 4 al 7 luglio inizia la  Settimana lanteriana per quanti fanno riferimento al carisma ed opere apostoliche di P. Lanteri e degli Oblati od anche per una prima conoscenza. Gli incontri si svolgeranno presso la Cittadella ecumenica Taddeide.

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