Pregando poi non sprecate parole come i pagani (Mt 6-7)

"Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole." Questo versetto ci invita a riflettere sul significato e l'essenza della preghiera, e su come essa debba essere vissuta e praticata nel nostro cammino di fede.”

Per comprendere pienamente il significato di Matteo 6:7, è essenziale collocarlo nel suo contesto. Questo versetto fa parte del discorso della Montagna (Matteo 5-7), un insieme di insegnamenti fondamentali di Gesù. In questo discorso, Gesù fornisce indicazioni su vari aspetti della vita morale e spirituale. Nel capitolo 6, Gesù affronta la questione della preghiera, dell'elemosina e del digiuno, esortando i suoi seguaci a vivere questi atti in modo sincero e autentico.

Il Significato delle "Parole Sprecate"

Gesù critica l'uso di "parole sprecate" nella preghiera, un riferimento alle pratiche dei pagani del tempo, che spesso utilizzavano lunghe e ripetitive formule nella convinzione che la quantità di parole potesse influenzare le divinità a esaudire le loro richieste. Questo modo di pregare si basa sull'idea che la persuasione o la coercizione possano forzare l'ascolto divino. La critica di Gesù non è diretta alla lunghezza o alla ripetizione delle preghiere in sé, ma piuttosto alla loro motivazione e alla mancanza di sincerità. Gesù incoraggia una preghiera che sia un vero dialogo con Dio, sincero e genuino, piuttosto che una mera formalità o un tentativo di manipolare Dio con la quantità delle parole. Il Maestro ci ricorda che è proprio la sincerità del cuore che fa arrivare la nostra preghiera a Dio. Non servono le parole pronunciate come automi, senza amore. A volte basta poco, un pensiero, un gesto, uno sguardo per raggiungere il cuore di Dio. D’altronde Lui sa già ciò di cui abbiamo bisogno ancora prima che glielo chiediamo. 

L’Essenza della Preghiera Cristiana, secondo Gesù, deve essere un'espressione autentica del cuore. Non è la quantità di parole che importa, ma la qualità della relazione con Dio. Questo è ulteriormente chiarito dal Padre Nostro, che segue immediatamente questo versetto (Matteo 6:9-13). Il Padre Nostro è una preghiera concisa ma ricca di significato, che riconosce la santità di Dio, il Suo regno, la Sua volontà, e include richieste per i bisogni quotidiani e il perdono dei peccati.

La preghiera è dunque un atto di fede e di fiducia in Dio, un modo per avvicinarsi a Lui con umiltà e sincerità, riconoscendo la Sua sovranità e la Sua misericordia.

Cosa possiamo imparare e come possiamo applicare questo insegnamento oggi? Nella nostra vita frenetica e spesso superficiale, possiamo cadere nella trappola di utilizzare la preghiera come un rito formale o una lista di richieste. Matteo 6:7 ci invita a riconsiderare il nostro approccio alla preghiera. Dobbiamo cercare di: Essere Autentici: Parlare con Dio in modo sincero, condividendo i nostri veri sentimenti e pensieri. 
-Evitare la Superficialità: Non usare la preghiera come una routine senza significato o un mero ripetere formule.
_Ascoltare: La preghiera non è solo parlare, ma anche ascoltare la voce di Dio, permettendoGli di guidarci e ispirarci.
_Affidarsi alla Grazia: Riconoscere che non è attraverso i nostri sforzi o la nostra eloquenza che Dio risponde alle preghiere, ma attraverso la Sua grazia e il Suo amore per noi.

In conclusione, Matteo ci offre una visione profondamente spirituale e personale della preghiera. Gesù ci esorta a evitare le formalità vuote e a entrare in una relazione più profonda e sincera con Dio attraverso la preghiera. Ed è nel silenzio che riusciamo a sentire “..quel mormorio di vento leggero” (1Re19,9-11).

Il silenzio è prezioso perché ci permette di trovare la pace interiore, di riflettere sulle nostre emozioni e sui nostri pensieri, favorendo un legame con il nostro Io più profondo. Sia davvero per tutti di aiuto prendere a cuore questo insegnamento, cercando di pregare in modo che tutto il nostro essere rifletta veramente la nostra fede e il nostro amore per Dio. Inoltre, il silenzio favorisce la concentrazione e la creatività, offrendoci la possibilità di ascoltare attentamente gli altri e di apprezzare la bellezza del mondo che ci circonda.".

Ma il silenzio è molto di più. È mitezza quando non rispondiamo alle offese e lasciamo a Dio la difesa del nostro onore. È misericordia quando perdoniamo senza indagare nel passato e intercediamo nell’intimo. È pazienza quando soffriamo senza lamentarci e attendiamo che il seme germogli lentamente. È umiltà quando lasciamo emergere i fratelli e celi nel riserbo i doni di Dio. È fede quando tacciamo perché è Lui che agisce e rinunciamo ai suoni del mondo per stare alla Sua presenza. È adorazione quando abbracciamo la Croce senza chiedere "Perché?" (La Parola.it)

In questo mondo frenetico, il silenzio ci offre un rifugio, un’oasi di calma in cui possiamo ritrovare noi stessi e ascoltare la voce interiore. È un tesoro prezioso da custodire, un dono che ci permette di crescere e di scoprire la bellezza nascosta nel silenzio stesso. Quindi, concediamoci momenti di quiete, immergendoci nel silenzio e scoprendo la sua preziosità.

..Viveva un monaco di nome Frate Silenzio. Era noto per la sua profonda contemplazione e la sua capacità di ascoltare il mondo senza mai pronunciare una parola. Le persone venivano da ogni parte per cercare la sua saggezza e il suo consiglio.

Un giorno, un giovane studioso giunse al monastero. Aveva letto molti libri e conosceva molte parole, ma sentiva che gli mancava qualcosa. Si avvicinò a Frate Silenzio e gli chiese: “Maestro, come posso trovare la verità?”

Frate Silenzio lo guardò negli occhi e non disse nulla. Poi si alzò e lo condusse fuori dal monastero. Camminarono insieme attraverso i boschi, i campi e le montagne. Il giovane studioso era confuso, ma seguì il monaco senza fare domande.

Arrivarono a un lago circondato da alte montagne. Frate Silenzio si sedette sulla riva e invitò il giovane studioso a fare altrettanto. Poi prese una pietra liscia e la gettò nell’acqua. Le onde si espansero, creando cerchi concentrici che si allontanavano dal punto di impatto.

“Guarda l’acqua”, disse Frate Silenzio. “Cosa vedi?”

Il giovane studioso osservò attentamente. “Vedo i cerchi che si espandono”, rispose.

Frate Silenzio annuì. “Ora ascolta”, disse. “Ascolta il silenzio tra i cerchi.”

Il giovane studioso chiuse gli occhi e ascoltò. Era un silenzio diverso da quello che aveva mai sperimentato prima. Era calmo, profondo e pieno di significato. In quel momento, capì che la verità non si trovava solo nelle parole, ma anche nel silenzio.

Da quel giorno, il giovane studioso imparò a meditare e a cercare la verità nel silenzio. Frate Silenzio divenne il suo maestro, e insieme trascorsero molti anni in contemplazione e ascolto. Il giovane studioso scrisse libri sulla bellezza del silenzio e insegnò ai suoi discepoli che, a volte, le risposte più profonde si trovano nel silenzio stesso.

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