Un senso genuino di fedeltà alla Chiesa

san pietro basilica

 

1.  «La mia dottrina non è mia,  ma di colui che mi ha mandato» (Gv 7,16)

Con queste parole, Cristo, nello svolgere la sua missione di profeta, esprime la sua fedele adesione al Padre che lo ha mandato e che egli ama. Sono parole che rivelano al Lanteri un atteggiamento profondo del cuore di Cristo che egli vuole ricopiare nel proprio spirito e nella propria prassi. Di qui il suo amore e la sua piena adesione alla Chiesa, dalla quale egli si sente mandato nel suo ministero apostolico. Vuole seguire in tutto le decisioni della Chiesa.

«Il ministro della parola di Dio deve poter dire sempre ai suoi auditori con il Divino Maestro: “La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato” (Gv 7,16), cioè della Chiesa. Deve egli insomma essere banditore sincero di non altro che delle decisioni della Chiesa sui dogmi della Fede, o sui precetti di morale; altrimenti facendo, esce fuori delle missione, e falsamente pretende di parlare a nome della Chiesa, dicendo ciò che essa non ha mai detto».

Il Lanteri si accorse come in Piemonte venissero insegnati i principi di Richer, Van Espen, Febronio, Eineccio e Genovesi, mediante la libera circolazione di testi che facevano male alla Chiesa, alla fede e al buon costume. Rimase perplesso dell’atteggiamento di alcuni ecclesiastici e sul modo con cui cercavano di imporre le loro opinioni, causando mala fede o ignoranza. Si accorse anche che vi erano prelati che supponevano che le Costituzioni pontificie, soprattutto quelle contro il giansenismo, fossero abbastanza conosciute, «ciò che purtroppo non è».

Toccato al vivo vedendo come si propagavano ampiamente nel suo mondo gli errori «massime degli increduli, e dei novatori in dogmatica e morale», il Lanteri sentì «quanto grande sia l’obbligo di obbedire ad ogni decisione e precetto del Capo universale della Chiesa e professare e difendere la dottrina della Chiesa Romana», e «il danno che può cagionare un solo principio falso in materia di Religione».

I testimoni della sua vita, riconoscono nel Lanteri l’energia con la quale si è dedicato a sostenere la verità insegnata dalla Chiesa. Solo il suo amore per la Chiesa e l’apprezzamento per il suo ruolo insostituibile di maestra, spiega l’energia con la quale include nel suo progetto apostolico il proposito di «combattere fortemente ogni errore dalla Chiesa proscritto, e a difendere anche a costo della propria vita qualunque verità cattolica e decisione e ordinazione della Santa Sede».

 

2. Principi che si erano fatti strada

Il Lanteri oltre ad aver dedicato parte del suo tempo allo studio degli errori correnti in materia di fede e di costumi fu anche molto attento alle correnti di pensiero che venivano a minacciare i fondamenti della fede cristiana. Ecco quali erano i principi che in quel tempo si erano fatti strada.

2.1. Ragionare sulla religione

I principi di Rousseau, di Condillac, di Diderot, dei "filosofi" e dei politici, che avevano causato le rivoluzioni, si fecero strada, tanto da essere creduti da persone ben pensanti.

«S’insinua d’assuefare fin da principio i fan­ciulli a ragionare sulla Religione, piuttosto che a credere all’autorità, come general­mente parlando più si conviene a tutti i fe­deli e tanto più ai fanciulli, eccetto che si vogliano alleviare secondo le massime di Rousseau».

Più che ad appoggiarsi ad una auto­rità esterna, ad una morale di tipo ete­ronomo, si spingeva l’individuo ad a­vere come unico riferimento la propria ragione per una morale autonoma.

In questo clima culturale il Lan­teri manifestò una particolare preoccu­pazione per i giovani: «oltre la disobbedienza alla Chiesa e il di­sprezzo dell’Ecclesiastica Autorità, che trae sempre seco il disprezzo dell’Autorità civile, si fanno lecito ancora di leggere senza scrupolo qualunque altro libro proi­bito, e così resta loro aperta la strada d’infettarsi in ogni genere di vizi ed anche di macchinare e di tentare tutto contro la Religione e il Trono».

2.2. L’idolo dell’opinione

Lanteri notò come gradualmente si stesse mettendo da parte l’autorità re­ligiosa e civile, per sostituirla con l’opinione pubblica.

L’idolo dell’opinione fu il principio della Rivoluzione di Francia. Antonio Genovesi aveva colto que­sto, tanto che asserì: «il Signor dell’opinione è il Sovrano dello Stato, governandosi i popoli più per l’opinione che per la forza delle Ar­mi».

Lo stesso Genovesi, evidenziando l’utilità che derivava al sovrano dal prendere in mano le scuole levandole agli ecclesiastici, affermò: «Le grandi opinioni nascono nella scuola e si diffondono nel popolo. In questa scuo­la si forma il prete, il frate e da questi è sparsa e conservata ogni opinione ... con cinque ovvero sei collegi turchi in capo a tre età non si avrebbe che una città turca».

Si comprende, considerando quest’aspetto, tutta l’azione di Lan­teri a favore degli universitari, della stampa e della diffusione dei libri, contro le strumentalizzazioni dell’opinione pubblica, che spesso al­lontanavano dalla verità e dall’autorità.

Lanteri fu fermamente convinto che «per il credere come per l’operare» ci si deve formare «su principi certi e non sopra opinioni, che non sono mai state la dottrina della Chiesa, la quale appoggia sempre sul solo certo». Lanteri volle che fosse sua guida la verità: «non voglio che questa per guida e non mai l’opinione».

2.3. La libertà di coscienza

Ciò che caratterizza il XIX sec. fu infine la ricerca dell’indipendenza e del riconoscimento della libertà di coscienza. Nell’Enciclopedia si dipinse un uomo che nasce con una libertà senza limiti e che si dà da sé un ordine in una cornice relativa. Non sarebbe quindi Dio ad avere iscritto un ordine nell’uomo (la legge naturale). Di conseguenza l’uomo porta dentro di sé la relatività e non l’eternità.

 

3.  L’attività del Lanteri nel contesto storica degli anni 1798-1814

È in questo periodo storico che certamente più risalta la fedeltà e l’amore del Lanteri per la Chiesa. Il dominio francese, infatti, attaccò apertamente la Chiesa di Roma e chiunque difendesse il legame ecclesiastico con Roma. Il concordato del 1802 tra la Santa Sede e Napoleone migliorò lievemente la situazione della Chiesa in Europa, anche se la sua libertà era apparente e sempre sotto la minaccia dello scisma nazionalista. Nel 1806 si arriverà pure a istituire per il 15 agosto una festa in onore di un san Napoleone mai esistito e si promulgano catechismi imperiali.

In questo clima tempestoso attraverso le “Amicizie” il Lanteri provvide a diffondere opuscoli e libri che difendevano l’autorità del Santo Padre e il suo primato e altri che diffondevano la sana dottrina morale di S. Alfonso confutando vari errori diffusi dagli illuministi del tempo. Instancabile era la sua attività di lettura e di informazione su quanto si stampava a livello europeo, come sentinella della verità, pronto a segnalare e refutare l’errore, cosa nella quale era un maestro impareggiabile:

«Ed in ciò non si poteva desiderare più abile maestro; poiché esso aveva logorata col leggere la vista, e la sanità, e leggeva con sì profondo criterio, che a prima giunta, ed a pochi tratti conosceva non tanto lo scritto, quanto lo spirito dello scrittore; nemmeno leggeva solo di passaggio, ma con serbar impresso talmente il giudizio di ciascuna dottrina, che di moltissimi autori teologici, ascetici, polemici, o morali che fossero, ben sapeva accennare in qual argomento, e per qual capo il tale o tal’altro avesse detto meglio, e quale in una materia, quale in un’altra dovesse preferirsi».

Il Lanteri stesso scrisse diversi opuscoli polemici che furono diffusi dalle “Amicizie”. Oltre tutto provvide a diffondere quanto più poteva vari documenti magisteriali e altri scritti teologici che confermavano la santa dottrina del primato del Santo Padre nella Chiesa universale:

«Dirò circa la fede, che premeva sempre nell’inculcare l’unione colla Chiesa Romana, al quale intendimento divulgò quanto poté la raccolta delle migliori pastorali de’ Vescovi di Francia contro la scismatica Costituzione civile del Clero, e quelle, in cui si spiegavano i caratteri dell’ubbidienza di cuore e universale dovuta alla Santa Romana Sede; gli scritti dell’Abate Barruel contro lo scisma, i Brevi del Sommo Pontefice Pio VI e la Bolla Autorem Fidei, di cui ne procurò e distribuì molte copie. Quando poi in quell’epoca infelice s’insegnavano le quattro proposizioni contenute nella supposta difesa della dichiarazione del Clero gallicano, vi si oppose con un’edizione dell’opera del Ballerini De vi et ratione Primatus Rom. Pontificis, di cui me ne regalò una copia: divulgò la Conclusione teologica d’Onorato Tournely portante che l’unione colla Sede di Pietro, vale a dire col Romano Pontefice sia «de necessitate salutis», e che il Papa sia infallibile nelle sue decisioni dottrinali».

Il Lanteri oltre a difendere con la penna, con la carta e con la parola il Santo Padre e il suo magistero, si diede anche da fare per sovvenire direttamente alle necessità del Papai nella sua relegazione savonese. Napoleone, come è noto, aveva fatto sì che il Papa venisse a trovarsi nel più completo isolamento morale: né persone né cose potevano giungere a lui se non attraverso il più rigoroso controllo della polizia. Ora fu proprio il Lanteri che si preoccupò di formare a Torino una specie di comitato segretissimo per venire incontro al Sommo Pontefice, sia con somme pecuniarie, sia col fargli pervenire, nella maniera più segreta, documenti e notizie che potessero essergli utili in una situazione tanto dolorosa e angustiata.

Venendo a sapere  che Pio VII desiderava avere gli atti del Concilio Ecumenico di Lione, allo scopo di dimostrare a Napoleone le infondatezze delle sue pretese, il Lanteri  trascrisse subito quegli atti e li affidò al coraggioso Cavaliere d’Agliano; il quale essendo riuscito ad ottenere finalmente una udienza del Papa, mentre si prostrava al bacio del sacro piede, lasciò scivolare il fascicolo fra le pieghe della bianca veste del Santo Padre, il quale poté effettivamente servirsene.

Durante questo periodo, in seguito alla chiusura delle “fabbriche” ordinata dall’autorità occupante, il Lanteri decide di adibire a questo uso della sua proprietà La Grangia per dare gli esercizi spirituale e formare – anche tramite corrispondenza epistolare - le coscienze.

 

4. Sentire con la Chiesa

Per il Lanteri e per gli Oblati il “sentire con la Chiesa” significa «professare un’intera, sincera, ed inviolabile obbedienza all’autorità» della Santa Sede, ed un «attaccamento intero» al suo insegnamento. Una fedeltà che dev’essere capace di quello spirito di tolleranza che essa ha e che forma «uno dei suoi pregi»: «la facoltà di tollerare dei figli rivoltosi nell’atto stesso che solamente disapprova qualche dottrina: facoltà preziosa al materno suo cuore, finché Ella milita tra i Viatori e necessaria a chi “non è venuto per perdere anime, ma a salvare” (cfr. Gv 12,47)».

Questo Lanteri lo dimostrò in occasione dell’approvazione a Roma degli Oblati. Nonostante la sua avversione al gallicanesimo, non fu d’accordo con mons. Marchetti ad andare all’eccesso:

«Il sentire con Roma in generale vuol dire tenere per meglio, per certo, per probabile, per tollerabile quello che tale si giudichi dalla Santa Sede. Ora gli Oblati s’impegnano a sentire con Roma; dunque s’impegnano a tenere per tollerabile ciò che dalla Santa Sede si tollera».

La Chiesa avvisa per tempo ciò che è dottrina definita, ciò che è condanna o che disapprova. Lanteri insiste a sentire «in omnibus con Essa». Questo vuol dire che: «disapprovando a suo esempio quelli che sono restii, li tollereremo finché la Chiesa li tollera, né giudica ancora di cacciarli di casa. [...] dunque per sentire in omnibus con la Chiesa Cattolica bisogna riprovare le loro proposizioni come le riprova la Chiesa, e tollerare gli individui che le professano come e finché li tollera la Chiesa».

In altre parole egli fece sua la frase di Sant’Agostino: «In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas».

 

5. Il giuramento di fedeltà degli Oblati

Nelle attuali Costituzioni gli Oblati all’art. 8 si legge: «Sull’esempio del loro Padre Fondatore gli Oblati professano, come loro caratteristica, un’intera, sincera, ed inviolabile obbedienza all’autorità della S. Sede, ed un attaccamento intiero al suo Magistero.

Espressione di fedeltà al Magistero della Chiesa e di obbedienza al Vicario di Cristo è la professione di fede e il giuramento di vera obbedienza al Romano Pontefice che si rinnova, preferibilmente in comunità, ogni anno nella festa di San Pietro, protettore della Congregazione.

Essendo la Chiesa particolare il luogo in cui gli Oblati vivono ed esprimono il loro impegno apostolico, essi si inseriscono nella pastorale locale, che ha nel Vescovo il primo responsabile e seguono le sue direttive e quelle delle Conferenze Episcopali».

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