Una fervente e intelligente coscienza apostolica

persone

 

1. Lo zelo del Lanteri

P. Lanteri fu un uomo acceso dal fuoco ardente: bruciava dal desiderio di aiutare tutti a incontrare Cristo. Fin da giovane bramava di “poter fare qualche cosa a Sua Maggior Gloria e a servizio delle anime da Lui redente”. Nel direttorio spirituale il Lanteri si proponeva di essere: «Sempre zelante, magnanimo, libero, fedele, semplice, candido, affabile, tranquillo, rassegnato alla volontà di Dio, ansioso di piacere a Lui solo e guadagnarGli anime.... Un grado di perfezione o di zelo di più, tante anime guadagnate e tanto zelo di più».

E, al termine del ritiro di otto giorni del 1790, tra i lumi e proponimenti scrive:

«Mi debbo armare di uno zelo ardente dell’altrui salute. Ma zelo prudente, benigno, caritatevole, e che mai provenga, o sia animato da amor proprio. Oh Signore mio, è ben giusto che richiediate ciò da me, che col cattivo esempio tanti avrò indotto al male. Sì dunque voglio impegnarmi tanto che potrò a ben edificare il prossimo, e quantunque sia uno strumento inutile, tuttavia sapendo che Vi servite anche di vilissimi vermi per operare la Vostra gloria».

Un desiderio così forte da poter dire: «Amare Dio, prima morire che inimicarseLo, essere disposto di mettersi sulla bocca dell’inferno per impedirvi che alcuno più non vi entri....».

«La maggior gloria di Dio si procura con far tutte le azioni e quelle sole che hic et nunc più piacciono a Dio, e farle tutte con la maggior perfezione, ossia applicazione interna ed esterna; procurare questo stesso nel prossimo il più che si può.... A me tutta la fatica, tutto il vantaggio al prossimo, tutta la gloria a Dio».

Il Lanteri voleva quasi “contagiare” gli altri: «Propongo di coltivare gente per Dio, e procurare d’ispirare zelo per la gloria di Dio, nelle occasioni che si presenteranno, e non lasciarne fuggire alcuna in [cui] possa chiaramente fare del bene».

Da adulto invitò a pregare affinché vi fossero ministri che avessero da Dio “gran santità e gran zelo, affinché attirino a Gesù molte anime con le loro parole e con i loro esempi”.

Animato da questo zelo gli occhi del Lanteri erano sempre aperti sulla cultura e sul mondo in cui viveva, sempre in continua ricerca di nuovi modi per promuovere la «gloria di Dio». Questo zelo non è «mai stanco», esso «non soffre limiti» e «non soffre [mezze] misure».

Del periodo tra l’ordinazione sacerdotale e la fine l’occupazione francese del Piemonte il biografo Gastaldi così riassume tutte le varie attività apostoliche che il Lanteri svolgeva:

«[…] avvegnaché lasciando per ora in disparte i disturbi e la fatica che gli dovevano essere il rispondere a tante lettere che gli erano indirizzate o per consiglio o per conforto, l’invigilare sul buon andamento delle tre società di cui parlammo più sopra [l’Aa, l’Amicizia Cristiana, l’Amicizia Sacerdotale], presiedere le adunanze e conferenze per giovani sacerdoti e de’ chierici, non perdere mai di vista né l’opera degli esercizi e delle missioni, né quell’altra di propagare dovunque e quanto più potesse i buoni libri, scrivere e dettare opuscoli ed articoli quando a difendere la verità, quando a combattere l’errore, l’essere assiduo al confessionale, e a non mai rifiutarsi a quanti sapesse abbisognare di lui; a tutto questo egli aggiunse il guidare nelle cose dello spirito alcuni monasteri di sacre Vergini, ed in modo speciale quelle del SS. Crocifisso e della Visitazione in Torino. In ogni settimana consacrava due giorni per quelle ottime religiose».

Ci si può soltanto meravigliare delle realizzazioni apostoliche su scala locale ed europea di quest’uomo. Fu chiamato, in verità, uomo «dalle cento braccia», sempre pronto a promuovere l’opera della Chiesa in molte direzioni, sempre presente nel centro della cultura politica ed intellettuale del suo tempo.

L’apprezzamento di queste sue realizzazioni diviene ancor più profondo quando si considerano le infinite e debilitanti infermità fisiche che gli ostruirono il cammino.

 

2. Tre principali direzioni apostoliche del Lanteri

P. Lanteri ha espresso lo zelo profondo che lo animava fondamentalmente in una triplice direzione apostolica:

2.1. L’evangelizzazione in profondità della persona

Il Lanteri si è fatto educatore delle coscienze principalmente attraverso il ministero della riconciliazione e la direzione spirituale. Era assiduo al confessionale passandovi, come era solito, lunghe ore[10]; ed era ricercatissimo anche come direttore spirituale. Di alcuni di questi penitenti - religiosi e laici  - ci è stato conservato il nome, ma i più, provenienti dalla aristocrazia, dalla borghesia e dall’umile popolo, sono rimasti e rimarranno sempre anonimi. Alcuni di questi venivano seguiti spiritualmente per lettera.

L’oblato Davide Emanuelli definì il Lanteri «sagacissimo conoscitore degli uomini». Gli aspetti salienti del tempo li lesse anzitutto nei suoi penitenti.

Nella confessione e nella direzione spirituale il Lanteri cercava fondamentalmente di raggiungere due obiettivi: ricuperare il senso della vera speranza cristiana, la speranza di poter effettivamente progredire nella vita spirituale ed arrivare alla salvezza eterna; e di formare nelle persone una vita spirituale robusta basata sulla spiritualità ignaziana e la frequenza dei sacramenti.

Il Lanteri era un apostolo della speranza. Insegnava che lo scoraggiamento e la tristezza sono i peggiori mali nella vita spirituale e che, al contrario, bisogna sempre guardare con speranza ferma e con confidenza verso l’aiuto e la misericordia che Dio ci dona. Conoscendo con realismo la debolezza della natura umana, considerava le mancanze nella vita morale e spirituale come occasioni di crescita nella conoscenza di sé e nella fiducia in Dio, e come delle opportunità per rinnovare il proprio impegno di vita cristiana, dicendo sempre: nunc coepi, ora incomincio. Questa disposizione di sempre ri-cominciare era per il Lanteri un esercizio della virtù morale della fortezza, che dà coraggio e perseveranza nel cammino spirituale.

Il Lanteri consigliava sempre una vita di preghiera semplice, e regolare. Il suo sistema di vita spirituale comprendeva l’orazione mentale, fatta secondo gli Esercizi spirituali; la lettura spirituale, per nutrire e rinforzare la preghiera; la frequenza dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, consigliando la comunione settimanale in un tempo quando molti consideravano già troppo quella annuale; l’esame quotidiano di coscienza per sradicare diversi difetti specifici e per acquistare delle virtù particolari; giornate e settimane di ritiro a tempi regolari. Eminentemente pratico nei suoi consigli spirituali, il Lanteri nota che tutto questo «non è poi così difficile come appare, massime aggiungendovi sempre il fiduciale ricorso a Dio... ».

Meno frequente invece e meno intenso fu per il Lanteri il ministero della predicazione: non che gliene mancasse il desiderio, ma perché la sua voce esile e la malferma salute non gli consentivano le fatiche di una predicazione vera e propria. In compenso però fu un vero apostolo degli Esercizi spirituali.

«E’ certo che il Lanteri abbia predicato, tra il 1786 e il 1800, parecchi ritiri in quelle apposite case che allora venivano chiamate ‘fabbriche’ e non erano altro che ambienti attrezzati ad accogliere per qualche giorni i gruppi degli ‘esercitandi’. Durante l’occupazione francese quelle case vennero tutte chiuse o quasi tutte. Allora il Lanteri decise di crearne una che fosse di sua proprietà e avesse così la tutela della legge».

In quest’ultima accettava sacerdoti, religiosi e laici che «o per dieci giorni o anche per un mese intero in null’altro si occupavano se non nel meditare o riformare in meglio la loro vita, o a perfezionarla se già riformata».

In seguito, con la riapertura del santuario di sant’Ignazio sopra Lanzo, sappiamo che il Lanteri e il Guala predicarono diversi esercizi al clero tra il 1808 e il 1818.

Da un documento contenente schematiche ma preziose note sul lavoro compiuto dal Lanteri in favore degli esercizi spirituali, veniamo a conoscenza che nello spazio di 27 anni, dal 1798 al 1826, egli abbia provveduto – direttamente o indirettamente - a qualche centinaio di esercizi spirituali.

Con la fondazione degli Oblati di Maria Santissima a Carignano il Lanteri, in quanto superiore, volle anche dirigere due corsi di Esercizi spirituali di otto giorni - rispettivamente nel 1817 e nel 1818 -, trasmettendo ai suoi figli spirituali la ricchezza della propria esperienza spirituale.

Quale efficacia attribuiva il Lanteri agli esercizi? Li considerava «uno strumento potentissimo della divina grazia per la riforma universale del mondo; una macchina efficacissima per espugnare i cuori; un metodo di cura universale e sicuro per sanare le anime inferme; una scienza pratica e metodo canonico, ossia approvato dalla Chiesa per santificare gradatamente qualunque anima; una miniera della divina Sapienza e vera fonte delle verità eterne». Uno strumento, quindi, per la conversione del cuore, «per vincere cioè la sua durezza e insensibilità, per indurlo così ad approfittare delle grazie che il Signore gli somministra», e per illuminare la mente, giacché «contengono una serie di meditazioni nelle quali si propongono non solo più verità a meditare una dopo l’altra, ma sempre una in conseguenza dell’altra, le quali tutte assieme unitamente alle Istituzioni formano un corpo come compito di quanto si ha da credere ed operare, adattato alle persone che ascoltano».

Il Lanteri era convinto che gli esercizi procurano: «...non solo la conversione, ma anche la santificazione, e questa in modo perseverante, ed ispirano di più lo zelo per la salute altrui inducendoli ad impiegare ogni mezzo per questo. [...] L’efficacia poi, e il pregio di questi Esercizi soltanto si conosce da chi li pratica sovente, e con questo metodo stesso».

2.2. L’evangelizzazione della cultura

Il Lanteri fu un attento conoscitore del suo tempo e seppe fare una lettura “critica” delle correnti di pensiero dell’epoca.

Lettore assiduo dei giornali (“gazzette”) e di libri messi all’indice, frequentatore di librerie e di biblioteche, attento agli indirizzi dei professori delle università, pronto ad aiutare gli studenti con scritti brevi e chiari, vicino con l’ascolto e con la parola ai diversi strati della popolazione, cercò di comprendere come pensasse l’uomo del suo tempo e quali fossero le sue necessità spirituali.

Alla scuola del Diesbach il Lanteri aveva compreso come il libro era lo strumento privilegiato del tempo per trasmettere le idee. Il Lanteri, molto sensibile al “danno gravissimo che l’esperienza dimostra risultare nelle anime” dal contatto con “libri cattivi”, aveva colto in questo un campo particolarmente urgente nella Chiesa del suo tempo: «E’ sempre stato necessario per il passato usare ogni mezzo per impedire la lettura dei libri cattivi, e promuovere i libri buoni, in questi tempi principalmente vi è una necessità somma, ed un dovere gravissimo, ed indispensabile».

I libri erano per il Lanteri uno strumento «facile ed efficace» «per combattere ogni errore, per allontanare le anime dal vizio, e per promuovere nelle anime buone le virtù teologali e la pietà, giusta le loro diverse disposizioni interne».

Attraverso le «Amicizie» il Lanteri provvide a diffondere numerosi «buoni libri» sia tra il popolo, ma anche tra il clero. Specie durante il periodo dell’occupazione francese in Piemonte, provvide a diffondere opuscoli a difesa dell’autorità del Santo Padre e del suo primato, e altri per far conoscere la sana dottrina della Chiesa, confutando vari errori diffusi dagli illuministi del tempo. Instancabile era la sua attività di lettura e di informazione su quanto si stampava a livello europeo, pronto a segnalare e refutare l’errore.

Egli stesso scrisse diversi opuscoli polemici, quali, ad es: Vera idea del matrimonio, Osservazione sopra catechismo, Esame dottrina Sineo, Del conciliabolo di Parigi, Osservazioni sopra Bossuet, Sovra il supposto concordato pubblicato con decreto imperiale il 13 febbraio 1813, Idea della Società Biblica, Analisi trattato De Gratia, Osservazioni errori Eineccio e Genovesi, Sul giuramento di fedeltà che si vuole esigere da tutto il clero anche regolare, ecc.

Il Lanteri voleva che anche gli “Amici” (sacerdoti e laici) fossero uomini di cultura. Era importante formarsi sui libri buoni, stampandone anche di propri, ma anche mantenersi informati attraverso la lettura delle gazzette. Ai membri dell’Amicizia Sacerdotale il Lanteri così motiva la lettura di esse all’inizio delle adunanze:

«Questo serve: 1° a prendere la carta morale del mondo;

2° ad assuefare l’ecclesiastico a non restringere le sue idee e il suo interessamento al solo suo paese, ma a guardare tutto il mondo per sua patria, tutti gli uomini del mondo per suoi fratelli, e interessarsi come veri figli e ministri della nostra madre Santa Chiesa Cattolica Romana per tutti i beni e mali morali del mondo che tanto da vicino interessano il Sacro Cuore di Gesù;

3° per poter così più facilmente introdursi con i secolari a parlare loro di Dio all’esempio di S. Francesco di Sales e di S. Francesco Saverio, e di tanti altri Santi.

2.3. La formazione degli evangelizzatori

Il Lanteri si dedicò alla formazione dei membri delle organizzazioni delle «Amicizie»: laici e sacerdoti.

L’impegno del Lanteri nell’Amicizia cristiana di Torino comportava un enorme lavoro perché spettava soprattutto a lui applicarsi allo studio continuo e profondo dei libri, applicandosi anche a scrivere o a tradurre delle opere. Come testimonia il Simonino, «leggeva con sì profondo criterio, che a prima giunta, ed a pochi tratti conosceva non tanto lo scritto, quanto lo spirito dello scrittore; nemmeno leggeva solo di passaggio, ma con serbar impresso talmente il giudizio di ciascuna dottrina, che di moltissimi autori teologici, ascetici, polemici, o morali che fossero, ben sapeva accennare in quale argomento, e per qual capo in tale o tal’altro avesse detto il meglio, e quale in una materia, quale in un’altra dovesse preferirsi».

Con accuratezza preparava gli argomenti da discutere nelle adunanze. Ogni assemblea iniziava con una lettura spirituale; seguiva la riflessione su un libro – ricordiamo che ogni “amico” si era impegnato a leggere i libri buoni indicati nel “catalogo”, sia per la propria formazione sia per meglio diffonderli, suggerendoli ad altri in modo oculato – e/o si discuteva sui mezzi per far progredire l’Amicizia.

Inoltre contemporaneamente alla formazione culturale non doveva mancare quella spirituale, in particolare – oltre alla lettura dei libri di pietà – attraverso quei mezzi che ben già conosciamo: la confessione, la direzione spirituale, e gli esercizi spirituali. Riguardo quest’ultimi il Gastaldi ci ricorda che

«gli amici cristiani e gli amici sacerdoti che vi concorrevano [agli esercizi] s’infiammavano sempre più nel loro zelo, e per quest’opera concepivano sempre maggiore stima, vedendo il vantaggio che per se stessi ne ricavavano».

Nei confronti del giovane clero e dei chierici che si preparavano a ricevere il sacerdozio: «Il Lanteri ebbe la costante preoccupazione di attirare a sé studenti di teologia e giovani sacerdoti, per formarli ad una soda pietà e ad una cultura sana e profonda, onde renderli capaci di un apostolato veramente fruttuoso. Le sue cure per le due società già commemorate, l’Aa dei chierici e l’Amicizia sacerdotale, sono espressioni di questo zelo illuminato e ardente del Venerabile. A ciò si deve aggiungere la predicazione di molti corsi di esercizi spirituali per ecclesiastici; la fondazione del Convitto ecclesiastico di Torino […]; e in particolare la direzione spirituale che lo rese padre di un largo stuolo di sacerdoti insigni per virtù e opere di apostolato».

Dai membri dell’Amicizia sacerdotale il Lanteri esigeva una duplice preparazione, spirituale e culturale.

Prima di tutto la preparazione spirituale, la santità personale, la vita di grazia e di unione con Dio attraverso la purità di coscienza, lo spirito di orazione, l’amore alla solitudine, l’attendere per se stessi agli Esercizi spirituali,

«l’uso frequente dei santi sacramenti, l’esercizio della meditazione seria, abbondante e quotidiana delle verità sante della nostra religione e della vita di Gesù Cristo, con la lettura spirituale e con l’esame quotidiano di coscienza, senza omettere lo studio serio della teologia dogmatica e morale».

La preparazione culturale si svolgeva su tre dimensioni tra loro complementari. Fare dei membri ottimi predicatori del Vangelo e specialmente degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio, diffondere i buoni libri a fianco dei laici dell’Amicizia Cristiana, adottare il metodo “benigno”, secondo la dottrina morale di S. Alfonso de Liguori, nell’amministrazione del Sacramento della penitenza. Lo studio approfondito della teologia morale doveva formare ecclesiastici che «conoscano il fondo delle cose e delle persone, e le molle e i mezzi dello spirito pubblico che ivi regna, e delle sue sorgenti».

Ogni settimana si teneva l’adunanza che Lanteri preparava accuratamente. Il discutere sui beni o mali esistenti in ciascun paese, per risolvere un caso di morale, per analizzare un libro o una predica fatta secondo il metodo di S. Ignazio, fu in vista dell’apostolato.

Per la predicazione degli Esercizi ogni membro dell’Amicizia sacerdotale doveva preparare in iscritto un corso completo di meditazioni e di istruzioni (le cosiddette “mute”) sia per le missioni al popolo sia per gli Esercizi chiusi, “secondo il metodo proposto da S. Ignazio”. Una biblioteca comune forniva i testi e i sussidi necessari. Le “mute” venivano poi lette nelle adunanze e ciascuno era invitato ad esporre le sue osservazioni e suggerimenti.

Poi a turno si presentava l’analisi di un libro al fine di entrare in possesso delle conoscenze utili “a spargere con la maggior efficacia la Parola di Dio a voce e in iscritto”.

«Indicibile è... il vantaggio che si può ricavare dalla cognizione di questi libri, poiché con l’uso di essi, quante anime si disingannarono dei loro errori, quante trionfarono delle loro passioni ed entrarono nella via della salute, quante altre furono preservate dai pericoli della seduzione, e quante fecero progressi immensi nella virtù. Chi non ne ha l’esperienza può dedurne il vantaggio dal danno che recarono sempre, ma massime nei nostri tempi, i libri cattivi.

Con l’allontanamento del Lanteri da Torino, le “Amicizie” cessarono ogni attività. Ma, subito, terminato l’esilio, il Lanteri radunò i giovani sacerdoti delle Conferenze di Teologia morale nella “Pia Unione di San Paolo”, della quale faranno parte insigni sacerdoti della diocesi di Torino, tra i quale il teologo Guala e il Reynaudi. Il Guala sarà il realizzatore del Convitto Ecclesiastico di Torino, ideato e voluto dal Lanteri per dare stabilità alle Conferenze di Teologia morale, da allora rese obbligatorie a Torino per tutti i sacerdoti. Dal Convitto Ecclesiastico prenderà avvio a Torino quel filone di santità sacerdotale e di iniziative ecclesiali nei vari ambiti, educativo, caritativo, pastorale, che hanno illustrato la chiesa torinese della seconda metà del XIX secolo(cfr. Valentini, La formazione del clero..., Lanterianum, vol VIII, n.1, Aprile 2000, p. 47ss).

 

3. Oblati zelanti

Gli Oblati di Maria Vergine, come scrive il Lanteri, sono:  “una pia unione di ecclesiastici pienamente consacrati a Maria Vergine e uniti tra di loro con il vincolo della carità, al fine di attendere con la grazia divina, sotto la materna protezione di Maria Santissima, seriamente e avanti ogni cosa alla salute e santificazione di se stessi con imitare Gesù Cristo più da vicino, e in secondo luogo alla salute e santificazione del prossimo, principalmente con il mezzo degli Esercizi di sant’Ignazio”. 

Secondo il Lanteri, l’oblato doveva essere un uomo di profonda e sentita vita interiore per rendersi abile e zelante apostolo imitando Cristo che è «il Missionario adorabile che il Padre eterno ha inviato agli uomini». Per l’oblato è quindi “il puro amore di Dio e il puro zelo della salute delle anime” a motivare il suo ministero. Esso è tale:

“che conduce ed induce i membri della Congregazione a non risparmiarsi in modo alcuno, soprattutto in tempo di santi Esercizi, ed a superare ancora tutte le difficoltà che s’incontrano, le quali talvolta non sono piccole”.

Nel Direttorio il Lanteri insistette sulla necessità di cercare modalità che portino al raggiungimento della salvezza delle anime. A tale scopo, l’oblato dovrà liberarsi da tutto ciò che può rappresentare un impedimento, come l’attaccamento alle ricchezze terrene: “Gli Oblati di Maria Santissima sono solleciti di attendere a distaccare il più che possono il loro cuore dai beni di questa terra […] e consacrarsi senza riserva al servizio di Dio e del prossimo...”.

Se nelle proprie case religiose il Lanteri voleva che gli oblati, negli intervalli tra un ministero e l’altro, attendessero all’orazione e allo studio, nell’esercizio del loro ministero voleva che fossero “come tanti apostoli che desiderano di essere nel numero di coloro che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo (At 15,16)”.

Il ven. Lanteri accoglieva negli Oblati solo quelle persone che desiderassero: “la maggior gloria di Dio e la maggior salute delle anime”. Non per nulla in un altro scritto chiede espressamente di verificare nel candidato le disposizioni per essere accettato in Congregazione, la prima delle quali è: “volontà seria di farsi santo”, a cui segue poi “lo spirito di obbedienza, di convivenza, di ritiratezza... talento sufficiente o per dare gli Esercizi o per attendere alle confessioni.

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