Segreteria del Santuario
Impariamo a pregare: dalle preghiere alla preghiera
• Spesso abbiamo l’esperienza di una preghiera personale resa sterile e incolore dall’abitudine, dalla fretta, dalla superficialità, da una certa noia spirituale.
Ecco, questo articolo vuole essere un piccolo aiuto per chi desidera essere introdotto in una esperienza di preghiera più profonda che possa maggiormente incidere nella propria quotidianità di figlio o di figlia di Dio
• Tante sono le definizioni della preghiera, eccone alcune: “Relazione personale con il Dio vivente” (CCC 2558); “Un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si intrattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati” (S. Teresa d’Avila); “È uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il cielo, un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia. Insomma è qualcosa di grande, di soprannaturale, che mi dilata l’anima e mi unisce a Gesù” (S. Teresa di Gesù Bambino); “Che lo sappiamo o no, la preghiera è l’incontro tra la sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di Lui” (S. Agostino); “Lui mi guarda e io lo guardo” (Un vecchietto al curato.d’Ars). Belle vero? Ma forse ce n’è una ancora più bella perché ispirata direttamente da Lui: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). • Pregare è dialogare, è comunicare, intrattenersi con Dio ed è possibile solo per un motivo: perché Lui per primo desidera dialogare, comunicare, intrattenersi con te. Prima ancora che tu voglia, desideri, ti sforzi di pregare, Lui ti sta aspettando, anzi è Lui stesso che suscita in te il desiderio di incontrarlo nella preghiera.• Pregare è aprire a Gesù che bussa, Gesù bussa alla porta del tuo cuore, ma…, attento!, Gesù non bussa da fuori, non cercarlo fuori, non lo troveresti! Lui bussa dall’interno del tuo cuore dove già c’è, è lì, Lui è lì e bussa e chiede spazio per crescere nella tua intimità: vuol cenare con te! Non avere paura di aprirgli la porta, affrettati a farlo e non te ne pentirai mai, anzi lo ringrazierai in eterno!• Si può pregare camminando, lavorando, guidando, giocando, studiando… ma non imparerai mai a pregare in profondità finché non ti fermi in un luogo deserto e fai silenzio. Non si tratta di un deserto esteriore, ma interiore. Certamente un luogo solitario aiuta a pregare, la penombra di una chiesa anche, la viva luce accesa vicino a un tabernacolo ancora di più perché c’è una presenza sacramentale di Lui, ma il luogo dove tu incontri il tuo Dio non è un luogo esterno a te, pur bello, soave, devoto. No, il luogo dove tu preghi è dentro di te: è il centro del tuo cuore, l’intimo più intimo in te. Allora il tuo sforzo iniziale sarà quello di scendere dentro, scendere in basso nelle tue profondità fino al cuore del tuo cuore dove c’è Lui, il tuo Dio, il Dio vivo che vive in te e tu vivi in Lui.• Il Dio vivo è presente nel santuario della tua persona ed è il Padre che ti ha creato, il Figlio che ti ha redento morendo in croce per te, lo Spirito Santo che Loro ti donano per farti entrare nella Loro intimità d’Amore trinitario.• Attenzione! La preghiera si svolge nella fede, è la tua fede viva che afferma questa presenza di Dio in te, non il tuo sentimento, quello se c’è bene, se non c’è meglio. La fede è il faccia a faccia con Dio nell’oscurità.• Si tratta di sentire la presenza di Dio nella fede, non nel sentimento. Puoi pregare in questo modo anche senza esperimentare nessuna dolcezza sentimentale o emotiva, e pregare nell’aridità che renderà la tua aridità dolcissima!• Quando desideri pregare prova a fare così: Chiudi gli occhi e fai silenzio: fai tacere tutto in te, pensieri, immagini, preoccupazioni, affari, desideri… tutto taccia… Taci e scendi…, scendi giù nel cuore del tuo cuore: prendi l’ascensore dello Spirito Santo e scendi…, scendi nelle profondità di te stesso. Lì, nel cuore del tuo cuore, riconosci con gratitudine il Padre che ti ha creato e donagli un palpito d’amore del tuo cuore, e fermati a gustare quel palpito…
Riconosci in te, nel cuore del tuo cuore, il Figlio e unisciti a Lui nell’Amore, Lui che per te si è unito al legno, e fermati a gustare Gesù vivo in te…
Riconosci in te, nel centro del tuo cuore, lo Spirito Santo e immergiti totalmente in Lui, lascia che il Padre e il Figlio riversino in te tutto il Loro Amore, lasciati prendere, afferrare, invadere, espropriare da Lui e abbandonati totalmente all’Amore di Dio…, dì al Padre con Gesù e in Gesù:“Eccomi, fa di me ciò che vuoi”… senti nel tuo cuore la bellezza e il fascino del “SI’” di Maria e fallo tuo. Ripeti nel silenzio, lì nel cuore del tuo cuore, con Gesù e in Gesù il tuo “Amen”, il tuo “Sì”: “Eccomi, fa di me ciò che vuoi”, dillo anche se in te tutto vorrebbe gridare “NO”, e anche se senti il tuo cuore ancora tanto attaccato alle cose vecchie, ripeti forte: “Fammi nuovo/a nel tuo Amore!” e fai silenzio, gusta il silenzio, entra nel silenzio, avvolgi la tua persona nel silenzio per ascoltare quelle parole senza parole che i Tre vorranno dirti. E ti fermi così a gustare la presenza di Dio in te, di Dio che vuole crescere in te, di Dio che vuole farsi spazio in te, di Dio che vuole dilatare il tuo cuore…, dai a Lui ad ogni palpito del tuo cuore il permesso di agire, di fare, di trasformare, di infiammare, di consumare, di travolgere, di sconvolgere, di creare nuovi spazi, nuova vita, nuovi orizzonti…
• “Ma come faccio a pregare così quando in verità io pecco in continuazione?…Questa intimità con Dio possono averla solo Maria Vergine e i Santi, non certo io!”.
Nessuno è degno di pregare e di entrare in intimità con Dio, ma è Lui che desidera entrare in intimità con te, ti ha creato proprio per questo: perché tu diventi suo intimo amico e lo ami. Lui sa benissimo che non ne sei capace e allora ti fa capace Lui, ti fa degno Lui, pensa Lui a tutto perchè ti ama, ti ama così come sei e vuole donarsi a te nell’Amore. Neanche il peccato grave impedisce questa intimità perché il Suo Amore è più forte, nessuna miseria può vincere la Sua misericordia. Il papà buono della parabola più bella non aspettò che il figlio fosse pulito e rivestito per abbracciarlo, ma lo abbracciò così com’era quando lo vide, con tutto il brutto odore del lezzo dei maiali che gli aveva penetrato i vestiti e il corpo…, lo accolse così…, lo abbracciò così…, lasciati abbracciare anche tu…, anzi…, abbraccialo tu per primo, è la gioia più bella che tu possa dare a Dio: credere veramente che ti ami, credere nel suo Grande Amore, Infinitamente Grande e Potente! Vorresti presentarti davanti a Dio a mani piene, vorresti potergli dire: “Ecco questo e quest’altro… vedi l’ho fatto per te” e sentirti dire “Bravo”. Mentre Lui vorrebbe solo che tu gli presentassi le tue mani vuote per riempirle di Sé e dirti non “Bravo”, ma “Ti amo… ti amo di amore eterno!”. E se i difetti rimangono… se il peccato si ripete non una volta, ma troppe…, allora con ancora maggiore confidenza e fiducia ti avvicinerai al Padre delle Misericordie e all’Amico dei poveri peccatori chiedendo Loro che riversino in te ancora una volta il Loro Amore che sa far germogliare il deserto, far rivivere le ossa inaridite e far nuove tutte le cose…, senza mai stancarti, senza mai scoraggiarti, senza mai avvilirti, perché…, perché tu ormai sai bene che Loro ti amano di amore eterno!
SAN GIUSEPPE
ORE 8,00 - 10,00 - 17,30 SANTA MESSA
CITTÀ DEL VATICANO , 19 marzo, 2015 (ACI Stampa). Di Andrea Gagliarducci
Aveva detto Benedetto XVI: “Perché Dio ha scelto Giuseppe? Perché Giuseppe era un uomo giusto, pio. Ma anche perché Giuseppe era un uomo pratico. D’altronde, ci voleva un uomo pratico per organizzare la fuga in Egitto, ma anche per organizzare il viaggio a Betlemme per il censimento, e per provvedere a tutte le necessità pratiche di Gesù”.
E’ un tassello che si aggiunge ai tanti riferimenti alla figura di San Giuseppe di chi è stato pieno il pontificato di Benedetto XVI. Il 19 marzo del 2006 era una domenica, e il Papa ricordò la figura del suo santo sottolineando che “la grandezza di San Giuseppe, al pari di quella di Maria, risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento della casa di Nazaret. Del resto, Dio stesso, nella Persona del suo Figlio incarnato, ha scelto questa via e questo stile - l'umiltà e il nascondimento - nella sua esistenza terrena”.
Nei primi Vespri della festa di San Giuseppe del 2009, Benedetto XVI tratteggia quasi con stupore teologico la figura di San Giuseppe. “San Giuseppe – disse Benedetto - manifesta ciò in maniera sorprendente, lui che è padre senza aver esercitato una paternità carnale. Non è il padre biologico di Gesù, del quale Dio solo è il Padre, e tuttavia egli esercita una paternità piena e intera. Essere padre è innanzitutto essere servitore della vita e della crescita. San Giuseppe ha dato prova, in questo senso, di una grande dedizione. Per Cristo ha conosciuto la persecuzione, l’esilio e la povertà che ne deriva. Ha dovuto stabilirsi in luogo diverso dal suo villaggio. La sua sola ricompensa fu quella di essere con Cristo.”
Chi era San Giuseppe? Il 19 marzo del 2011, Benedetto XVI spiegò che “san Giuseppe era giusto, era immerso nella Parola di Dio, scritta, trasmessa nella saggezza del suo popolo, e proprio in questo modo era preparato e chiamato a conoscere il Verbo Incarnato - il Verbo venuto tra noi come uomo -, e predestinato a custodire, a proteggere questo Verbo Incarnato; questa rimane la sua missione per sempre: custodire la Santa Chiesa e il Nostro Signore". E nell’omelia del 19 marzo 2009, Benedetto disse: “Giuseppe è, nella storia, l’uomo che ha dato a Dio la più grande prova di fiducia, anche davanti ad un annuncio così stupefacente”
Ma la figura di San Giuseppe diventa centrale proprio nel periodo di Natale, quando Giuseppe diventa un personaggio importante nelle scritture. Il 30 dicembre 2012, giorno della Sacra Famiglia, Benedetto XVI chiede che "il silenzio di Giuseppe, uomo giusto (cfr Mt 1,19), e l’esempio di Maria, che custodiva ogni cosa nel suo cuore (cfr Lc 2,51), ci facciano entrare nel mistero pieno di fede e di umanità della Santa Famiglia. Auguro a tutte le famiglie cristiane di vivere alla presenza di Dio con lo stesso amore e con la stessa gioia della famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe”.
Giuseppe, per Benedetto XVI, è anche una figura da cui imparare. Nell’Angelus del 18 dicembre 2005, alla vigilia del suo primo Natale da Papa, Benedetto XVI invitò i fedeli a “lasciarsi contagiare dal silenzio di San Giuseppe.” “Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l’ascolto della voce di Dio. In questo tempo di preparazione al Natale coltiviamo il raccoglimento interiore, per accogliere e custodire Gesù nella nostra vita”.
San Giuseppe, uomo pratico, uomo dell’obbedienza silenziosa, uomo della storia e uomo giusto: sulla sua figura Benedetto XVI ha costruito anche la sua personalità, fedele all’idea che i santi di cui si porta il nome devono essere modello per la vita.
Myriam 2019
Carissimi Lettori di Myriam, l'inizio di un nuovo anno ci induce a riflettere sul tempo che Dio ci dona, per realizzare ancora nel nostro oggi il Suo piano di amore e di salvezza. E questo piano di amore, così come ci viene più volte presentato da S. Paolo nelle sue Lettere Apostoliche,è che noi possiamo essere santi come Lui è Santo...(Padre Carlo Rossi)
ARRIVO MADONNA PELLEGRINA AL SANTUARIO 12/19 MAGGIO 2019
GIORNATA DI RITIRO PER I GIOVANI
I PASSI DEL CUORE
Ti invitiamo ad iniziare con noi i ritiri per i giovani al Santuario! Sarà un' occasione per fermarsi ed approfondire le ragioni delle nostre scelte...
Ci sarà tempo per ascoltare, per confrontarci, per pregare.
Inizio ore 10,30 al Santuario Cappella dei pastorelli.
Messa ore 12,00
Pranzo insieme. (la casa offre il primo piatto per il resto ognuno porta qualcosa)
Segue condivisione e laboratori sul tema.
Preghiera conclusiva.
Ti aspettiamo! sr Antonia, sr Giacinta, Padre Michele, Fabrizio e Melissa.
--> Puoi anche leggere parte del contenuto dei nostri incontri nella sezione "articoli"
Insieme con i Pastorelli
Il 16 febbraio, al Santuario Nostra Signora di Fatima San Vittorino, si è svolto un momento di ricordo preghiera e meditazione sulla figura dei santi Francesco e Giacinta Marto, in occasione della loro memoria liturgica che si celebrerà il 20 Febbraio. I due Pastorelli di Fatima, sono considerati i più giovani santi non martiri della Chiesa Cattolica. La loro vicenda umana è legata alle apparizioni della Vergine Maria a Fatima nel 1917 e alle precedenti apparizioni dell’angelo del 1916. In tali apparizioni l’Angelo della Pace, insegnò ai bambini una preghiera e gli diede la comunione mentre la Vergine Maria, che essi videro per ben sei volte, nei giorni 13 dei mesi da maggio ad ottobre del 1917, più volte invitò i bambini a recitare quotidianamente il Rosario, offrire sacrifici e pregare per i poveri peccatori. Il senso di questa giornata è stato quindi, quello di offrire ai bambini e adulti, dei modelli sani da imitare oltre a richiamare alla verità che tutti, piccoli compresi, siamo chiamati alla Santità.
FESTA SANTI FRANCESCO E GIACINTA MARTO
- SANTA MESSA ORE 8,00 - 10,00
- ORE 10,30 - ACCOGLIENZA DEI RAGAZZI PER UNA GIORNATA CON I PASTORELLI
- GIOCHI PREGHIERE ALL'INSEGNA DEI PASTORELLI
- ORE 12,00 PRANZO AL SACCO - GIOCO LIBERO
- ORE 15,00 RASSEGNA CANORA A CURA DEL CORO DELLA SCUOLA "MARIA IMMACOLATA"
- ORE 17,30 SANTA MESSA SOLENNE
- PREGHIERA AI PASTORELLI E BACIO DELLE RELIQUIE
È a Giacinta e Francesco Marto, i due fratelli di appena nove e dieci anni, che insieme alla cugina Lucia dos Santos, apparve la Madre di Dio in quel lontano 13 maggio 1917 e riapparve loro ogni 13 del mese fino all'ottobre di quell'anno. Quel 13 maggio era per i bambini un giorno come tanti altri. Avevano portato le pecore in un campo chiamato Cova da Iria, di proprietà della famiglia di Lucia e, come al solito, tra qualche screzio, stavano giocando.
Nelle sue semplici memorie Lucia racconta così quello che accadde:«Vedemmo all'improvviso qualcosa come un lampo. “È meglio che ce ne andiamo a casa” dissi ai miei cugini “perché sta lampeggiando, potrebbe venire un temporale”. E cominciammo a scendere il pendio, spingendo le pecore verso la strada. Arrivati all'incirca a metà pendio, quasi vicino a un grande leccio che c’era lì, vedemmo un altro lampo e, fatti alcuni passi più avanti, vedemmo sopra un’elce una signora, era vestita di bianco e diffondeva una luce più chiara del sole... Sorpresi, ci fermammo. Eravamo così vicini che ci trovavamo dentro alla luce che la circondava o che lei diffondeva. Forse a un metro e mezzo, più o meno, di distanza. Allora quella signora ci disse: “Non abbiate paura. Io non voglio farvi del male”. “Di dove siete?”, le domandai.“Sono del cielo”. “E che cosa volete?”. “Sono venuta a chiedervi che veniate qui sei mesi di fila, il giorno 13 a questa stessa ora. Poi vi dirò chi sono e che cosa voglio. Tornerò qui ancora una settima volta”. “E anch’io andrò in cielo?”. “Sì. Ci andrai”. “E Giacinta?”. “Sì. Ci andrà anche lei”. “E Francesco?”. “Pure”. Poi ci disse di recitare il rosario tutti i giorni e che avremmo avuto molto da soffrire ma che la grazia di Dio sarebbe stata il nostro conforto».
La fama di santità dei due pastorinhos aveva già fatto il giro del mondo subito dopo la loro morte. Francesco era morto a causa della febbre spagnola il 4 aprile 1919 e Giacinta dieci mesi più tardi, il 20 febbraio 1920.Giacinta, dopo molte sofferenze offerte per la conversione dei peccatori, morì sola in un ospedale di Lisbona e venne sepolta a Vila Nova de Ourém, il comune a cui appartiene il villaggio di Fatima. Di Francesco, che chiamavano “il consolatore”, per il suo desiderio di consolare con la preghiera la Madonna, si perse memoria del punto esatto della sepoltura; solo più tardi i resti vennero riconosciuti dal padre per il particolare rosario che il bambino stringeva tra le mani. Nel settembre 1935 il corpo incorrotto della piccola Giacinta fu rimosso da Vila Nova de Ourém e portato aFatima. Venne scattata una fotografia e il vescovo di Leiria-Fatima, José Alves Correira da Silva, ne mandò una copia a Lucia, divenuta nel frattempo suora dorotea.
Fu questa occasione che indusse il vescovo a ordinare a Lucia di scrivere tutto quello che sapeva sulla vita di Giacinta. Nacque così la Prima memoria, che era pronta a Natale del 1935. Successivamente lo stesso vescovo le ordinò di scrivere anche i suoi ricordi su Francesco e sui fatti avvenuti a Fatima. Le fughe dalla gente e dai preti che volevano interrogarli, e che per loro erano «una vera e propria tortura», l'ingenuità e la voglia di continuare a giocare, i bambini analfabeti di Fatima, che nel 1917 videro quella che chiamavano «la signora», vissero questo incontro sempre da bambini. Il linguaggio di queste memorie è perciò semplicissimo e disarmante, a volte sgrammaticato, così come semplicissimi e assolutamente normali i due ragazzini. Ma se non fosse stato per i ricordi scritti lasciati da Lucia sulla loro breve vita, forse nessuno avrebbe pensato di aprire una causa di canonizzazione, anche perché a quei tempi non era ancora stato decretato il riconoscimento di «esercizio delle virtù in grado eroico» anche per i piccoli. L’inchiesta canonica venne infatti avviata dalla diocesi di Leiria solamente nel 1952.
E solo molti anni più tardi, nel 1989, la loro causa venne portata a conclusione con il decreto sulla pratica delle virtù in considerazione dell’età dei due bambini. L’ostacolo era una questione di fondo dibattuta a lungo nel corso del Novecento riguardo alla possibilità o meno di prendere in considerazione dei fanciulli come candidati alla canonizzazione. Questione che venne definitivamente risolta nel 1981 con un documento ad hoc della Congregazione delle cause dei santi.