Segreteria del Santuario
AVVENTO 2020
Domenica 29 Novembre inizia per la Chiesa l’Avvento, il cammino liturgico che conduce al Natale, la festività che celebra la nascita di Cristo. E’ un periodo che invita a meditare l’incarnazione di Dio, che in Gesù si rivela all’uomo ed entra nel mondo per mostrargli la via della Salvezza.
R. – La novità viene dallo Spirito, perché ogni anno lo Spirito dà vita nuova alle parole che ascoltiamo, e che ascoltiamo in un contesto sempre nuovo. Quindi, come la Parola di Dio è sempre quella – e ogni volta però è nuova, perché cade su una situazione nuova e perché lo Spirito Santo ne mette in luce delle implicazioni nuove .
D. – Come predisporsi per vivere pienamente il tempo d’Avvento?
R. – La predisposizione esteriore è quella di darsi un po’ più di spazio di silenzio, di preghiera, di contemplazione. I tempi forti ci sono anche per questo: per operare uno stacco dal ritmo solito della vita. Non si può certamente diminuire l’impegno, il lavoro, si può però diminuire il chiasso della televisione e di altre cose, per cui si può entrare in un clima di maggiore silenzio, di maggiore interiorità. Al fondo, però, poi, quello che decide è l’apertura maggiore o minore allo Spirito Santo, perché è lo Spirito Santo ad essere la presenza viva di Cristo. L’Avvento ha senso in quanto riviviamo l’attesa, la venuta di Cristo: ma chi rende nella Chiesa, nella storia, presente Cristo è Lui, è lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo venne su Maria e lo Spirito Santo in questo tempo di Avvento dovrebbe venire su tutti i cristiani. E lui viene. L’importante è che lo si desideri, lo si attenda, perché come dice San Bonaventura: "Lo Spirito Santo va là dove è atteso, desiderato e amato".
D. – Un’attesa che ha la durata di quattro settimane. Come si sviluppa il percorso liturgico?
R. – C’è, all’interno dell’Avvento, un cammino di avvicinamento che si intensifica. All’inizio, per esempio, nella liturgia si ascolta soprattutto Isaia – testi di Isaia – che annunciano l’Avvento della salvezza da lontano. Poi, la seconda e terza settimana, la figura centrale è Giovanni Battista, che è già il precursore, e quindi ci si avvicina un po' più. L’ultima domenica di Avvento è dominata dalla figura di Maria e direi che il miglior compagno di viaggio durante l’Avvento sia proprio Lei, perché ha vissuto questo tempo come ogni madre nell’imminenza del parto: con un’interiorità, un’intensità, una tenerezza particolari. Quindi, Maria ci può aiutare certamente ad andare incontro a Cristo, non così spensierati, disamorati, ma andare incontro a Cristo con il cuore, prima ancora che con il tempo. (ap) www.radiovaticana.org
La consacrazione diaconale è in vista dell’ordinazione sacerdotale. L’attitudine al servizio, però, deve rimanere immutata nel tempo, anzi deve crescere sempre di più. La dedizione deve farsi più intesa e la passione ancora più infuocata. Quanto più l’offerta della tua vita sarà generosa e totale, tanto più si moltiplicherà la gioia e la letizia del tuo ministero. C’è, infatti, più gioia nel donare che nel ricevere. Ed è questo l’augurio che ti rivolgiamo caro Christian: la gioia del Signore sia la forza segreta del tuo ministero diaconale. Annuncia con gioia a tutti che sei messaggero di gioia a servizio del Dio della gioia.
LE INDULGENZE PER I DEFUNTI POSSIBILI PER TUTTI IL MESE DI NOVEMBRE
Lo stabilisce un Decreto della Penitenzieria Apostolica per evitare assembramenti nell’attuale situazione di pandemia.
Il coronavirus non lascia immutata nemmeno la commemorazione dei fedeli defunti del prossimo 2 novembre. Ieri la Penitenzieria apostolica ha diffuso un decreto in cui si introducono concessioni per evitare assembramenti nei cimiteri. Il motivo di queste misure, scrivono il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, e il reggente monsignor Christophorus Nykiel, è il numero di richieste giunte alla Penitenzieria da parte dei vescovi affinché, a causa della pandemia, «venissero commutate le pie opere per conseguire le indulgenze plenarie applicabili alle anime del Purgatorio».
Due i punti principali del decreto. Il primo: «L’indulgenza plenaria per quanti visitino un cimitero e preghino per i defunti anche soltanto mentalmente, stabilita di norma solo nei singoli giorni dal 1° all’8 novembre, può essere trasferita ad altri giorni dello stesso mese fino al suo termine». E «tali giorni, liberamente scelti dai singoli fedeli, potranno anche essere tra loro disgiunti».
Secondo aspetto: «L’indulgenza plenaria del 2 novembre, stabilita in occasione della commemorazione di tutti i fedeli defunti per quanti piamente visitino una chiesa o un oratorio e lì recitino il Padre Nostro e il Credo, può essere trasferita non solo alla domenica precedente o seguente o al giorno della solennità di Tutti i Santi, ma anche a un altro giorno del mese di novembre, a li- bera scelta dei singoli fedeli».
Remissione della pena L’indulgenza è la totale o parziale remissione della pena temporale che resta da scontare – sulla terra o in Purgatorio – per i peccati già confessati e perdonati sacramentalmen te. Per usare un’immagine, se consideriamo il peccato come un chiodo piantato in un muro, esso viene tolto con la Confessione. Resta però l’effetto del male commesso e che va riparato, il foro appunto, che l’indulgenza per così dire chiude
Per quanto riguarda invece gli anziani, i malati e coloro che «per gravi motivi non possono uscire di casa» – ad esempio a causa di restrizioni imposte dall’autorità pubblica come lockdown e coprifuoco – costoro «potranno conseguire l’indulgenza plenaria purché, unendosi spiritualmente a tutti gli altri fedeli, distaccati completamente dal peccato e con l’intenzione di ottemperare appena possibile alle tre consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), davanti a un’immagine di Gesù o della Beata Vergine Maria, recitino pie orazioni per i defunti, ad esempio le Lodi e i Vespri dell’Ufficio dei defunti, il Rosario, la Coroncina della Divina Misericordia, altre preghiere per i defunti più care ai fedeli, o si intrattengano nella lettura meditata di uno dei brani evangelici proposti dalla liturgia dei defunti, o compiano un’opera di misericordia offrendo a Dio i dolori e i disagi della propria vita».
Per le condizioni spirituali necessarie a conseguire pienamente l’indulgenza, si rimanda alle indicazioni emanate dalla stessa Penitenzieria in un’articolata nota dello scorso 19 marzo reperibile su www.vatican.va («Circa il Sacramento della Penitenza nell’attuale situazione di pandemia») in cui si leggeva tra le altre cose: «Laddove i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, si ricorda che la contrizione perfetta, proveniente dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono (quella che al momento il penitente è in grado di esprimere) e accompagnata dal votum confessionis, vale a dire dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali».
Infine la Penitenzieria apostolica, il più antico dicastero della Curia Romana, prega vivamente tutti i sacerdoti che non hanno impedimenti fisici a mettersi a disposizione con generosità per le Confessioni e per amministrare la Comunione agli infermi. E visto che le anime del Purgatorio vengono aiutate dai suffragi dei fedeli «e specialmente con il sacrificio dell’altare a Dio gradito », tutti i sacerdoti sono invitati a celebrare tre volte la Messa il giorno della commemorazione dei defunti.
I PAPI E FATIMA - PIO XII
PIO XII [1939 - 1958]
Il pontificato di Pio XII, protrattosi per quasi venti anni (2 marzo 1939-9 ottobre 1958), fu caratterizzato da eventi e temi importanti in rapporto a Fatima. Innanzi tutto, è possibile evidenziare una coincidenza che il Papa stesso avrebbe più tardi definito provvidenziale, rivelando così che Dio aveva preparato l'accoglienza del messaggio di Fatima, avviata dal suo predecessore. In effetti, Eugenio Pacelli era stato ordinato vescovo proprio il 13 maggio 1917, giorno della prima apparizione della Madonna di Fatima. Dichiarazioni successive avrebbero rivelato che il futuro papa non smise mai di considerare questa coincidenza come segno di benevolenza, al contempo divina e mariana, offertagli dalla Provvidenza. Nel 1940, in occasione delle celebrazioni per l'ottavo centenario della nazione portoghese, Sua Santità scrisse una enciclica (Speculo exeunte octavo) ai vescovi portoghesi. In aprile, i vescovi avevano diretto una pastorale collettiva ai diocesani, nella quale affermavano: «Ancora adesso, in un impeto di ineffabile amore (la patrona del Portogallo) ha fatto l'onore di visitare la terra portoghese, apparendo a Fatima, dove tutto parla di lei e da dove vi stiamo rivolgendo questa esortazione». Pio XIL, nel suo solenne documento, non esitò a scrivere: «La Madonna del Rosario di Fatima, la Signora del Rosario che vinse a Lepanto, vi assisterà col suo potente patrocinio». Precedentemente si era riferito al rosario «tanto raccomandato dalla Madonna di Fatima». Un elemento importante di questo primo periodo consiste in una lettera, la prima, che suor Lucia aveva inviato dalla Spagna a Sua Santità, datata 2 dicembre 1940. La veggente, che all'epoca aveva 39 anni, già religiosa di Santa Dorotea, dopo aver riferito che il suo confessore aveva tentato in vari modi di entrare in contatto con il Santo Padre Pio XIL, sin dal 1929, rivelava al Papa alcune parti del segreto del 1917 e riferiva urgente la condizione di pace in risposta alla richiesta della Madonna: la devozione dei primi cinque sabati e la consacrazione della Russia all'Immacolato Cuore di Maria. La Seconda guerra mondiale era iniziata da un anno e mezzo. Poiché non si trattava della prima volta che Dio manifestava la sua volontà sugli avvenimenti della Chiesa e del mondo al più alto rappresentante di Cristo tramite di veggenti, possiamo comprendere che tale richiesta esigeva dal Papa non solo un profondo esame, ma anche una grande discrezione di azioni e parole. Tanto più che, dalla seconda memoria di Lucia, scritta nel 1937, si era andata confermando l'esistenza di un altro nucleo di apparizioni, diffusamente evocate in occasione delle apparizioni a Cova da Iria e che non riguardavano la Madonna, ma un angelo. Così la devozione dei primi cinque sabati e la consacrazione della Russia, questo era un tema nuovo, se da una parte andava ad arricchire il complesso di Fatima, lasciava però incompleta la sentenza episcopale del 1930 e rendeva più delicato l'intervento delle autorità religiose. Si teneva presente che, nonostante la piena fiducia riposta in suor Lucia, il vescovo di Leiria aveva provveduto, timidamente e senza spiegazione, a pubblicare la devozione dei primi cinque sabati solo nel settembre del 1929 e solo nel 1942 avrebbe concesso l'indulgenza alle due preghiere che Lucia aveva attribuito all'angelo di Loça do Cabeco. Quest'insieme di nuove apparizioni e messaggi, ancora oggi non studiati, e le decisioni formali da parte dell'autorità diocesana avrebbero costituito, a partire dalla straordinaria diffusione mondiale della devozione alla Madonna di Fatima, oggetto di una lunga controversia fra teologi di diverse nazionalità. Non stupisce, quindi, che praticamente tutte le manifestazioni di Pio XIL siano caratterizzate da un certo calore e da una discreta ritenzione, calore relativo ai segni più visibili e innegabili, come il successo del pellegrinaggio, il fervore dei pellegrini e persino il favore divino che vi si rivelava; ritenzione rispetto alle realtà naturali e sovrannaturali su cui si fondavano miracoli, messaggio e apparizioni.
L'Episcopato portoghese aveva cominciato ben presto, già net 1931, e poi net 1938, a rispondere alla richiesta di consacrazione all'Immacolato Cuore di Maria avanzata durante l'apparizione a Lucia net giugno del 1929. I vescovi portoghesi attribuirono a questa consacrazione la grazia che fece sì che il Portogallo rimanesse tagliato fuori dalla guerra civile spagnola e dalla Seconda guerra mondiale (Pastorale collettiva, aprile 1940). Net 1938 costoro inviarono a Papa Pio XII una richiesta affinché provvedesse anche alla consacrazione. Si avvicinava il venticinquesimo anniversario delle apparizioni a Cova da Iria e tutta la nazione si rallegrava delta rinnovata fede che andava affermandosi. Il Portogallo aveva celebrato un concordato con la Santa Sede a favore delle nuove condizioni introdotte dallo Estado Novo; i vescovi si riunivano abitualmente a Fatima e da qui datavano i loro documenti pastorali e preparavano grandi celebrazioni per l'anno giubilare 1942. Furono organizzati grandi pellegrinaggi dei movimenti dell'Azione Cattolica. Il 13 maggio presiedette il cardinale-patriarca di Lisbona; Sua Eminenza rivelò allora le apparizioni dell'angelo e pronunciò il seguente giudizio su Fatima: «Il vocabolario portoghese non ha altra parola per significare quello che qui è accaduto venticinque anni fa, se non: miracolo». Il 13 ottobre sarebbe stato lo stesso cardinale-patriarca a benedire la preziosa corona che le donne portoghesi avevano offerto alla Madonna di Fatima per l'anno giubilare. La chiusura e l'apice delle commemorazioni, alla presenza dei più alti rappresentanti della Chiesa e della società civile, si sarebbero tenuti il 31 ottobre, al Monastero dei Gerosolimitani di Lisbona, luogo di grande solennità. Fu in questo grandioso scenario, e non a Fatima, né in occasione di un anniversario delle apparizioni, che Papa Pio XII riservò la sua prima manifestazione solenne di apprezzamento per gli eventi di Serra do Aire. Rivolgendosi alla grande assemblea e a tutti i portoghesi, in un messaggio radio il Papa evocò «la montagna santa di Fatima, oasi balsamica di fede e pietà», ringraziò commosso l'associazione «del giubileo della Madonna di Fatima e il venticinquesimo anniversario della Nostra Consacrazione Episcopale...», e continuò: «l'atmosfera di miracolo che soffia in Portogallo si sviluppa in prodigi fisici e in ancor maggiori e numerosi prodigi di grazie e conversioni e fiorisce in questa primavera profumata di vita cattolica» cosicché «dobbiamo confessare che la Madre di Dio vi ha colmati di benefici veramente straordinari». Ricordò in seguito «l'apoteosi della Vergine Nostra Signora nel suo pellegrinaggio dal Santuario di Fatima alla Capitale dell'Impero... forse la maggiore dimostrazione di fede della Storia otto volte secolare delta vostra Patria», «il pellegrinaggio nazionale del tredici maggio "giornata eroica di sacrificio", "le parate dei bambini delta Crociata eucaristica", la preziosa corona fatta di oro e pietre preziose e, ancor di più, del purissimo amore e generosi sacrifici», tutte «bellissime dimostrazioni di pietà» con cui il popolo portoghese «vuol soddisfare il suo immenso debito con la sua celeste Regina e Madre». Il Papa terminò questo notevole discorso rivolgendosi alla Madonna «come Padre comune della grande famiglia cristiana», con la prima formula pontificia di consacrazione all'Immacolato Cuore di Maria: «A Voi, at Vostro Cuore Immacolato, in questa tragica ora delta storia umana, confidiamo, ci affidiamo, consacriamo, non solo la Santa Chiesa [ ... ] ma anche tutto il mondo [ ... ] vittima delle sue stesse iniquità». Citando "gli infedeli" e «i popoli dall'errore o dalla discordia separati, soprattutto quelli che vi professano singolare devozione, dove non c'era casa che non ostentasse la vostra veneranda icona (oggi forse nascosta e riservata a giorni migliori)», Sua Santità rendere noto chiaramente, seppur in termini generici, di voler consacrare la Russia, Paese che Lucia gli ha riferito essere oggetto della richiesta della Madonna. La portata universale di tale consacrazione è dichiarata subito dopo da Sua Santità: «Infine, come al Cuore del Vostro Gesù sono stati consacrati la chiesa e tutto il genere umano, così da oggi siano perpetuamente consacrati a Voi e al Vostro Cuore Immacolato, oh Madre nostra e Regina del mondo».
Possiamo in sintesi affermare che con questo messaggio radio fu riconosciuta e lodata la genuinità della devozione dei portoghesi alla Madonna di Fatima e al contempo, in modo assai più velato, l'eventuale rapporto con l'Immacolato Cuore di Maria e la consacrazione del mondo e della Russia, oggetto del messaggio. La consacrazione e la corona donata dalle donne portoghesi sono i due temi che polarizzeranno gli speciali rapporti tra Fatima e Roma.
Il 1954 fu un anno fondamentale grazie a due documenti di significato decisivo quanto alle manifestazioni delle certezze del Papa riguardo a Fatima e al desiderio e alla decisione di corrispondere alle sue richieste. Innanzi tutto l'enciclica Ad Coeli Reginam, con la quale Sua Santità istituì per la prima volta la festa liturgica di Nostra Signora Regina, ricorda l'incoronazione della "prodigialis" immagine della Madonna di Fatima e rivela nel messaggio via radio «il messaggio della sovranità di Maria», ordinando che venga reiterata nel giorno di festa, in tutta la Chiesa, l'incoronazione cui aveva provveduto lui stesso nel 1942 all'Immacolato Cuore di Maria. Un mese dopo, con la lettera apostolica Luce superna, egli eleva la chiesa principale del santuario, nel frattempo solennemente consacrata a dignità di basilica minore. Il Papa afferma che: «Avendo la luce suprema illuminato il nostro tenebroso secolo, si costruì un grande tempio dedicato alla Vergine Maria a Fatima, Portogallo, dove la Madre di Dio, chiamata del Rosario, apparve in passato» (alla lettera "si fece vedere"). Subito dopo Egli menziona per la prima volta le tombe di Francisco e Jacinta «che furono graziati con la visione della Madre di Dio». É la prima volta che impiega una formula usuale nei casi in cui la Santa Sede intende manifestare la propria certezza riguardo un'apparizione sovrannaturale. Nonostante il vasto terreno ancora aperto allo studio, questo breve testo è come un sigillo discreto con cui la suprema autorità pontificia autentica di fatto le apparizioni. Non si tratta dell'ultima parola, ma di una parola esplicita e non equivoca. Nel frattempo, nel 1955, la Santa Sede rispose al vescovo di Leiria sull'inopportunità dell'istituzione di una festa intitolata "Apparizione della Beata Vergine Maria del Santissimo Rosario" richiesta dalla CEP, da celebrarsi IL 13 maggio.
Negli anni che rimasero da vivere a Pio XII a Fatima presenziarono ai pellegrinaggi commemorativi, a maggio del 1956, il cardinale Angelo Roncalli, arcivescovo di Venezia, pin tardi Papa Giovanni XXIII; a ottobre dello stesso anno il cardinale Eugenio Tisserant, segretario della Chiesa Orientale che benedì la sede dell'Esercito Azzurro per delega papale; il cardinale Piazza, segretario della Sacra Congregazione concistoriale, che si reca Fatima due volte nel 1957; il cardinale Cicognani, prefetto della Congregazione dei Riti, che presiedette il 13 ottobre dello stesso anno. Un mese prima della sua morte, il 13 settembre 1958, Papa Pio XII cui alcuni attribuirono il titolo di Papa Fatima, nominò D. Joâo Pereira Vendcio vescovo di Leiria.
Il processo dei rapporti tra Roma Fatima si concluse positivamente? Possiamo dire di no. Bisogna osservare che non competeva propriamente alla Santa Sede pronunciarsi circa la credibiltà dei bambini e quindi sulla verità delle apparizioni. Di norma, avendo il vescovo diocesano emesso la sua sentenza, San Pietro poteva attenersi oppure no a tale posizioni. E possiamo affermare che grosso modo la sua posizione fu sempre estremamente positiva riguardo agli aspetti del culto del messaggio, ma discreta riguardo a apparizioni.
Il Papa ha accettato integralmente quanto richiesto? Due delle richieste presentate da Lucia come alcune delle richieste della Madonna non avrebbero tenuto risposta, se non parziale: la consacrazione all'Immacolato Cuore di Maria, la devozione dei primi cinque sabati. Alla prima mancò la menzione speciale per Russia, l'unione di tutti i vescovi del mondo col Santo Padre; alla seconda perché, nonostante le insistenze della veggente la Santa Sede mantenne il silenzio. Se paragoniamo le omelie e alcuni documenti dei suddetti cardinali con i documenti di Pio XII, non possiamo non notare differenze considerevoli, sotto tutti i punti di vista, ma soprattutto riguardo a quelli più decisivi, cioè la credibilità e la santità dei bambini, il messaggio e le apparizioni.
Sin dall'inizio del pontificato, e fino alla fine, aumentarono considerevolmente le manifestazioni favorevoli di Pio XII riguardo a tutti gli aspetti riguardanti Fatima. Nei gesti come nelle parole, sono questi gli aspetti che sempre più attrassero uno sguardo favorevole della suprema autorità:
1 - Il pellegrinaggio con i rispettivi atti di culto liturgico e di devozione popolare;
2 - I1 luogo, montagna, santuario;
3 - Le grazie divine di Dio ivi concesse e che da lì si propagano in Portogallo e al di la dei confini;
4 - L'immagine principale che è l'oggetto degli attributi più esaltanti;
5 - I numerosi miracoli fisici e morali;
6 - Il messaggio riferito varie volte anche se solo con termini assai vaghi riguardo all'origine;
7 - I veggenti, tra cui vengono ricordati Francisco e Jacinta;
8 - Le apparizioni, con l'elevazione della chiesa principale a dignità di basilica.
Diciamo che, se osservati alla lente d'ingrandimento, i documenti di questo pontificato manifestano al contempo una simpatia senza restrizioni per quanto accade a Fatima e una progressiva chiarificazione riguardo alle origini di tali avvenimenti nelle apparizioni della Madonna. In un'unica occasione Pio XII adoperò un'espressione restrittiva che non mancò di attirare l'attenzione degli studiosi, in un momento in cui cresceva l'interesse della teologia per i fenomeni sovrannaturali delle apparizioni e delle visioni. Ciò accadde proprio a causa di Fatima, a partire dagli anni Quaranta, quando gli eventi cominciarono a dimostrarsi capaci di mobilitare energie celesti intorno al messaggio, al punto da ottenere ciò che fino ad allora era accaduto raramente: implicare la propria autorità suprema. Con i vari interventi di cui abbiamo già parlato, e non solo in atti riguardanti tutta la Chiesa, ma persino nella consacrazione di un intero Paese ortodosso come la Russia, dominata da un regime totalitario, sistematicamente ateo, che si estendeva in tutti i continenti e che, nonostante i molti martiri, godeva di una certa simpatia in non pochi settori della Chiesa Cattolica. Ne scaturì una lunga controversia tra teologi di fama e responsabilità, tra i quali Karl Rahner, che dedicô all'argomento un breve ma compatto volume della collezione Quaestiones disputatae, dal titolo Visionen und Prophezeiungen (Herder, Friburgo) e tre edizioni 1952, 1958 e 1960. Nell'ultima edizione, alle pagine 13 e 14, vengono citati alcuni dei teologi allora entrati in polemica. Gli studi proseguirono più serenamente, in occasione del centenario a Lourdes, nel 1958, e possiamo affermare che una nuova era di rigore e stata inaugurata dalla Chiesa quanto ai criteri per giudicare eventi di tenore sovrannaturale, che sempre sono stati e continuano a essere oggetto di difficilissimo discernimento, dovuto alle cause profonde e occulte dello psichismo umano. L'espressione o formula restrittiva, cui prima abbiamo fatto riferimento, fu impiegata da Pio XII nella suddetta lettera in cui assegnava al cardinale Tedeschini la missione di dare inizio a Fatima alle celebrazioni di chiusura dell'Anno Santo universale: «Nel prossimo mese d'ottobre [...] quando l'Anno Santo che abbiamo esteso al mondo intero starà per terminare, si celebreranno solenni festività in onore della Beata Vergine Maria, al Santuario di Fatima. Il giorno 13 ottobre, nel quale, a quanto consta, la Beata Vergine Maria vi apparve per l'ultima volta, una gran folla di fedeli vi accorrerà, come sempre, per venerare l'immagine della Madonna di Fatima». Abbiamo tradotto con a quanto consta, l'espressione uti fertur che la Santa Sede usa impiegare per tradizioni antiche, più o meno fondate, di apparizioni che hanno dato origine a santuari, ma sulla cui autenticità non intende pronunciarsi. Alcuni autori, tra i quali José Aldama, hanno interpretato tale espressione, diciamo classica, con un atteggiamento di riserva. Non essendo questo il luogo per uno studio esauriente, ci limiteremo a osservare che, di norma, l'espressione non si riferisce al verbo "apparve" (conspiciendam se dedit), ma soltanto al complemento di tempo "per l'ultima volta" che la lettera esprime con l'avverbio "postremo". In effetti, la Madonna aveva promesso, nelle prime che sarebbe tornata una settima volta. Lucia avrebbe rivelato più tardi che questa settima apparizione avvenne quando abbandonò Cova da Iria per recarsi a studiare a Oporto, nel giugno del 1921. Non crediamo, quindi, che questa espressione meriti di restare nella storia come manifestazione di dubbio, ma solo come una lieve ombra che evidenzia maggiormente la luminosità del quadro.
[LUCIANO GUERRA, Pio XII e Fatima, in MOREIRA C. A. - CRISTINO L., Enciclopedia di Fatima, Cantagalli, Siena 2010, pp. 340-348]
Sante Messe perpetue
La Pia Fondazione delle Messe perpetue quotidiane è una manifestazione concreta della comunione dei Santi vissuta nella carità.
Con questa iniziativa la Congregazione degli Oblati di Maria Vergine, secondo le indicazioni del Codice di Diritto Canonico (art.1303), si impegna a celebrare ogni giorno una Messa a vantaggio di coloro che partecipano a questa fondazione con una iscrizione individuale.
Questa Messa perpetua può essere celebrata per i vivi come per i defunti. La Messa è Cristo diventato nostra preghiera, nostra offerta, nostra vittima, nostro cibo. Per mezzo di essa la nostra vita, con le sue difficoltà e desideri, gioie e sofferenze si innalzerà quotidianamente verso il Padre. Per Lui e con Lui e in Lui daremo a Dio tutto l'onore e tutta la gloria che gli dobbiamo.
Per informazioni rivolgersi a: Oblati di Maria Vergine - Santuario N.S. di Fatima Via di Ponte Terra 8 - 00132 san Vittorino - Roma - 06 2266016
13 Ottobre 1917 - La sesta delle sei apparizioni della Madonna di Fatima alla Cova da Iria.
Durante tutta la notte tra il 12 e il 13 ottobre e tutta la mattina del 13 ottobre cade una pioggia continua, insistente e a volte torrenziale, ma ciò non ferma i pellegrini che raggiungono un numero stimato fra le cinquantamila e le settantamila persone.
Verso le undici e mezza arrivano Lucia, Francesco e Giacinta, sotto la pioggia; ciò nonostante Lucia domanda alla folla, che acconsente, di chiudere gli ombrelli per recitare il rosario.
A mezzogiorno la Madonna compare sul piccolo leccio, preceduta come le altre volte dal lampo da oriente.
La pioggia cessa del tutto e, di colpo, il cielo si rasserena.- Che cosa vuole da me Vostra Grazia? Chiede Lucia.
- Voglio dirti che si faccia qui una cappella in mio onore. Io sono Nostra Signora del Rosario. Che si continui sempre a recitare il rosario tutti i giorni. La guerra sta per finire e i soldati ritorneranno presto alle loro famiglie.
- Avrei molte cose da chiedervi: di guarire alcuni malati e convertire alcuni peccatori, ecc.
- Gli uni sì, gli altri no. Bisogna che si correggano, che domandino perdono dei loro peccati.
Poi, prendendo una espressione più triste:
- Che non si offenda di più Dio, Nostro Signore, perché è già troppo offeso!
Aprendo le mani fece con esse specchio al sole. E, mentre si innalzava, il riflesso della sua luce continuava a proiettarsi sul sole.
Ecco il motivo per il quale ho gridato che guardassero il sole. Il mio scopo non era di richiamare l’attenzione della folla da quel lato: non mi rendevo neppure conto della sua presenza; lo feci soltanto perché trascinata da un moto interiore che mi spingeva.
Una volta sparita la Madonna nell’immensità del firmamento abbiamo visto vicino al sole San Giuseppe col Bambino Gesù e la Madonna vestita di bianco con un mantello azzurro. San Giuseppe ed il Bambino Gesù sembravano benedire il mondo con i gesti che facevano con la mano in forma di croce.
Poco dopo, scomparsa questa apparizione, ho visto il Signore e la Madonna sotto un aspetto che dava l’idea di essere Nostra Signora Dei Dolori Il Signore sembrava benedire il mondo nello stesso modo come aveva fatto San Giuseppe.
Scomparsa questa apparizione mi parve di vedere ancora la Madonna con un aspetto che sembrava Nostra Signora Del Carmelo. Anche questa volta, durante il colloquio, per tre volte, alla base del piccolo leccio, si forma, visibile alla folla, una nube che si ingrandisce e si solleva fina a cinque o sei metri di altezza per poi dissolversi come se fosse il fumo di un grande turibolo dell'incenso .Quando Nostra Signora si eleva in cielo per allontanarsi e Lucia grida: Se ne va! Se ne va! e poi: Guardate il sole! comincia per la folla il miracolo del sole mentre invece, e contemporaneamente, per Lucia, Francesco e Giacinta avvengono le tre apparizioni descritte prima.
Il sole appare allo zenit, nel cielo senza nuvole, come un disco dal bordo ben netto che è possibile fissare senza danno per gli occhi; esso ha un colore bianco ben chiaro, con sfumature perlacee, da non confondere con quello di un sole velato.
All’improvviso, a tre riprese separate da brevi intervalli, il sole si mette a tremare, a scuotersi con movimenti bruschi, a girare su se stesso, come un fuoco di artificio, a velocità vertiginosa, lanciando intorno fasci di luce abbagliante di tutti i colori dell’arcobaleno, raggi che coloravano la folla.
All’ultima delle tre riprese, dalla folla si alza un clamore, come un grido di angoscia e di terrore: il sole, conservando il suo moto vorticoso di rotazione sembra staccarsi dal firmamento e, rosso sangue, sembra piombare verso la terra, scendendo verso destra con movimenti bruschi, minacciando di schiacciare tutti con la sua massa infuocata mentre un calore intenso si fa sentire. Precipitato fin quasi alla linea dell'orizzonte il sole rimonta verso lo zenit, spostandosi verso sinistra, e, infine, si arresta. Il percorso complessivo sembra una specie di ellisse sinuoso. La folla, passato il terrore, si scopre, con sua sorpresa, asciutta da fradicia che era. Il miracolo è durato circa dieci minuti e, a differenza da quanto successo per i segni straordinari del 13 settembre, è stato visto da tutti, come preannunciato dalla Madonna, e non solo nella Cova da Iria ma anche a distanza di qualche decina di chilometri (villaggi di Alburitel e di Sao Pedro De Muel).
Il grande miracolo del sole, visto da decine e decine di migliaia di persone, preannunciato mesi prima, ci appare come il sigillo visibile, tangibile, incontestabile, che Dio ha voluto apporre alle apparizioni di Fatima, alle profezie, alle promesse, agli avvertimenti terribili che la Madre Sua Immacolata è venuta a rivelare alla Cova da Iria. Il grande miracolo del sole ha avuto l’aspetto di un terribile castigo di Dio che si abbatte sulla umanità peccatrice per sollecitarla a convertirsi: teniamone conto.
13 SETTEMBRE - QUINTA APPARIZIONE A FATIMA
13 Settembre 1917. La « Cova » era letteralmente invasa dai pellegrini: venticinque o trentamila, forse anche di più. Ma, a parte il numero, ciò che sbalordisce è il fervore che anima quella folla immensa di uomini e di donne appartenenti ad ogni condizione sociale, che da ore se ne sta ordinata e in preghiera, in attesa dell’arrivo dei tre fanciulli.
Circa due terzi dei presenti vedono nel cielo un globo luminoso che si avvicina da levante verso ponente, in modo lento e maestoso, dirigendosi verso il leccio delle apparizioni sopra il quale scompare. La luce del sole si attenua e l’aria diventa come dorata.
– Che cosa vuole da me Vostra Grazia? Chiede Lucia.
– Voglio che continuiate a recitare il rosario al fine di ottenere la fine della guerra. In ottobre Nostro Signore verrà così come anche Nostra Signora Addolorata e del Carmelo e San Giuseppe con il Bambin Gesù per benedire il mondo. Dio è soddisfatto dei vostri sacrifici ma non vuole che dormiate con la corda. Portatela solo di giorno.
– C’è qui questa piccolina che è sordomuta, Vostra Grazia non vorrebbe guarirla?
Nostra Signora rispose che fra un anno sarà migliorata.
– Ho ancora tante altre richieste, le une per una conversione, le altre per una guarigione.
– Ne guarirò alcuni, ma gli altri no perché Nostro Signore non si fida di loro.
– Alla gente piacerebbe molto avere qui una cappella.
– Con metà del denaro ricevuto fino ad oggi si facciano delle barelle da processione e le si porti alla festa di Nostra Signora del Rosario; l’altra metà sia destinata per aiutare la costruzione della cappella.Lucia racconta ancora di aver offerto alla Madonna due lettere e una piccola boccetta di acqua profumata che le erano state date da un uomo della parrocchia di Olival. Offrendole a Nostra Signora Le disse:
– Mi hanno dato questo. Vostra Grazia lo vuole?
– Ciò non è adatto al Cielo rispose Nostra Signora.
– In ottobre farò il miracolo affinché tutti credano. Poi cominciò ad innalzarsi, scomparendo come le altre volte.
- ORE 21,00 RECITA DEL ROSARIO SEGUE SANTA MESSA
Gocce di santita' Oblata - Venerabile padre Felice Prinetti
In un suo articolo, il noto scrittore Paolo Risso, l’ha paragonato a quegli ardimentosi, che risalgono contro corrente la vita di questo mondo, impegnati per un ideale, per un grande amore, non importandosi delle mode del tempo.
Il sacerdote Felice Prinetti nacque il 14 maggio 1842 a Voghera (Pavia), diocesi di Tortona, terzo dei sei figli dei nobili Francesco Prinetti e Serafina Pedevilla, che gli diedero un’ottima educazione cristiana.
Dopo i primi studi nella natia Voghera, nel 1857 si iscrisse all’Università di Torino, laureandosi come ingegnere nel 1864, nel contempo a 18 anni nel 1860, entrò nella Regia Accademia Militare di Torino, dove nel 1862 raggiunse il grado di sottotenente di artiglieria e nel 1866 quello di capitano.
Si arruolò come volontario nell’esercito del re di Sardegna, prendendo parte alla III Guerra d’Indipendenza contro l’Austria.
Nel 1870 fu assegnato al Polverificio di Fossano, in provincia di Cuneo, del quale l’anno successivo divenne direttore, poi addetto alla Stato Maggiore Generale e al Ministero della Difesa del nuovo Regno d’Italia.
Cattolico tutto d’un pezzo, visse con coerenza quel difficile periodo di grande contrasto fra il papa Pio IX e il nascente Regno Italiano, con l’abolizione dello Stato Pontificio e lo scatenarsi della Massoneria anticlericale e fu in quegli anni, che rimproverato da un collega ufficiale per il suo accompagnare a Torino, un sacerdote che portava la Comunione ad un moribondo, il capitano Felice Prinetti reagì con fierezza, venendo sfidato a duello dal collega, a cui da buon cattolico, Prinetti non poté aderire, contro le consuetudini di allora.
Intanto in lui si andava rafforzando l’intenzione di lasciare l’ambiente militare, allora anticlericale e massonico, e ‘arruolarsi’ invece fra i soldati di Cristo.
Nell’ottobre 1873 giunse al Polverificio di Fossano, il padre Paolo Abbona, degli Oblati di Maria Vergine, Congregazione fondata dal ven. Pio Bruno Lanteri (1759-1830) che accompagnava una missione della Birmania a conoscere le organizzazioni militari europee, per poi impiantarle in terra birmana. Il missionario padre Abbona, propose allora al capitano Felice Prinetti, di recarsi in Birmania ad organizzare insieme ad altri ufficiali, l’esercito di quel Paese e segnatamente il Polverificio di Magdallé. Felice Prinetti accettò, ma con uno spirito missionario più che militare, infatti il 23 novembre 1873 lasciò l’esercito e il 15 dicembre domandò di entrare nella Congregazione degli Oblati di Maria Vergine, la stessa di padre Abbona, entrando nel Noviziato di Nizza Marittima.
Il 1° gennaio 1874 ne indossò l’abito, il 16 gennaio 1875 fece la sua professione religiosa e il 23 dicembre 1876 venne ordinato sacerdote; era il terzo figlio dei Prinetti a diventarlo.
Ma il suo campo d’apostolato non fu la Birmania, che avrebbe voluto raggiungere al seguito di padre Abbona; invece i suoi superiori gli affidarono il compito d’insegnare matematica e fisica ai novizi di Nizza Marittima.
Il padre oblato Vincenzo Berchialla fu nel 1881 nominato arcivescovo di Cagliari e si scelse come segretario padre Felice Prinetti che lo seguì in Sardegna, dove fu un attivo collaboratore del vescovo, Rettore del Seminario, direttore dell’ufficio amministrativo, redattore del periodico cattolico “Il Risveglio”, confessore e direttore spirituale molto ricercato.
Venute meno le Suore Cottolenghine, che lavoravano nel Seminario, ebbe l’ispirazione di dare vita ad una congregazione religiosa femminile; donne riunite intorno ad una giovane vedova Eugenia Montisci, che volessero dedicarsi al servizio della Chiesa e del Signore.
Nacquero così il 20 settembre 1888 le “Figlie di S. Giuseppe”; per “consolare e aiutare ogni classe di persone e aprire il cuore e la porta possibilmente ad ogni pena e miseria che possa essere nel mondo”.
Dopo un anno, aprì una Casa a Genoni nella diocesi di Oristano e nel 1894 la Congregazione ebbe l’approvazione diocesana di Cagliari.
Dopo la morte di mons. Berchialla avvenuta il 13 ottobre 1892, il nuovo arcivescovo di Cagliari lo trattenne per qualche tempo nell’isola; poi subentrarono delle avversioni così aspre, come spesso capita ai santi, che consigliarono il suo rientro in Piemonte.
Il 19 dicembre 1894 giunse a Giaveno (Torino) come rettore degli aspiranti Oblati, ricoprì la carica fino al 1903; senza trascurare la guida delle sue suore che mantenne con le lettere e con le visite annuali; dal 1903 al 1906 resse la chiesa di S. Francesco d’Assisi in Torino.
Nel frattempo il vescovo di Oristano mons. Zunnui, il 24 ottobre 1895 confermò l’erezione canonica delle ‘Figlie di S. Giuseppe’ e così la Casa di Genoni divenne la loro Casa Madre.
Don Felice fu in questi delicati compiti un educatore dolce ed energico, uomo di fede e di scienza, confessore e guida di anime, sempre unito a Gesù, leggeva nell’intimo e compiva azioni che avevano del miracoloso.
Diceva: “Gesù è infinitamente buono. C’è tanto da fare per Lui, per salvargli le anime. Le forze mancano ma siamo beati perché crediamo e soffriamo per Lui”.
Nel settembre 1906 per le sue buone relazioni, fu invitato dal card. Pietro Maffi, ad aprire a Pisa, presso la chiesa di San Jacopo all’Orticaia o alle Piaggie, una Casa degli Oblati di Maria Vergine, di cui padre Felice ne divenne il direttore.
Per la sua intensa opera pastorale, il centro di Piaggie divenne un fulcro di vita spirituale; nonostante l’ambiente fosse pieno di anticlericali, anarchici, rossi, don Felice andando come al solito contro corrente, armato solo della carità di Cristo, iniziò la rigenerazione del borgo, tra attentati, incendi dolosi, colpi di pistola, sommosse.
Questa fase finale della sua operosa vita, lo vide impegnato in una faticosa e logorante spola, fra le sue suore rimaste sole in Sardegna e le opere pastorali d’avanguardia a Pisa.
Istituì, la Compagnia della S. Famiglia; il Circolo Aurora per la gioventù femminile, il Circolo Avvenire per gli uomini; la Biblioteca Circolante; la Cassa Malati; la Cassa depositi e prestiti; l’Unione agricola dei mezzadri; la Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli per i poveri, la Scuola di lavoro per le ragazze, l’Oratorio S. Tarcisio per i ragazzi, l’Associazione Maestri Cattolici, l’Associazione della Dottrina Cristiana, la Federazione Universitari cattolici, la Lega Cattolica del Lavoro per i ceramisti, ecc.
Fece sorgere con il ven. Giuseppe Toniolo (1845-1918) una scuola di Sociologia, la prima in Italia; quando il cardinale Maffi andò in visita a San Jacopo, stentò a credere ai propri occhi, tanto fu la trasformazione di quel Borgo, grazie al suo proficuo e prolifico apostolato.
Scrisse anche varie opere di cui alcune pubblicate; venne colpito da un improvviso infarto il 5 maggio 1916 a Pisa, cadendo come un soldato sul campo.
La causa per la sua beatificazione, autorizzata il 26 febbraio 1982 è attualmente in avanzata fase finale. Autore: Antonio Borrelli
Servite Domino in Laetitia
Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita!
Ore 11,00 in Santuario nella mani di padre Dave Nicgorski, Rettor Maggiore OMV. Luca e Crhristian annunciano con grande gioia la loro professione perpetua dei voti religiosi.
"Il Signore completerà per me l’opera sua … Non abbandonare l’opera delle tue mani" Sal 137